Claudio Tucci, Il Sole 24 Ore 8/9/2010, 8 settembre 2010
LAUREATI? POCHI E SENZA LAVORO
Pochi laureati e quelli che conquistano l’ambito titolo di dottore fanno fatica a trovare un posto di lavoro. Soprattutto se sono donne.L’annuale pubblicazione dell’Ocse, «Education at a glance 2010», presentata ieri a Parigi conferma il difficile rapporto tra istruzione qualificata e mercato del lavoro in Italia.
Attualmente, secondo l’organizzazione parigina, che ha preso in considerazione dati 2008 di oltre 30 stati membri, la percentuale di laureati nel Belpaese si attesta a quota 32,8%, contro una media Ocse del 38 per cento. Il tasso di occupazione dei laureati è dell’86,6% tra gli uomini, oltre 3 punti in meno della media Ocse. Dati in discesa anche tra le laureate: 76,1%, contro il 79,9% dell’Ocse. Tra i principali partner europei, fanno meglio di noi Francia, Germania, Regno Unito. La Spagna, rispetto all’Italia, ha una percentuale più alta di donne laureate che lavorano, 88%, ma una più bassa per quanto riguarda i colleghi uomini, 80,1 per cento. Negli Stati Uniti la percentuale complessiva di laureati è del 37,3 per cento. Lavora l’89,3% di dottori, il 79% di dottoresse.
La ricerca dell’istituto che si occupa di cooperazione e sviluppo economico indica comunque in aumento il numero dei laureati nella Penisola: +5,3% medio annuo rispetto al 1998. Anche se la situazione è differente in base all’età. Nella fascia 25-34 anni, la percentuale di colletti bianchi raggiunge il 20% (la media Ocse è del 27%), mentre è solo il 10% tra gli ultra 55enni. L’85%dei giovani arriva al diploma di scuola media superiore, ma all’università si iscrive il 51% (contro la media Ocse del 56%) e la laurea viene conquistata da appena un ragazzo su tre. Nel complesso la media dell’istruzione universitaria nel Paese resta minimale rispetto a quella dei cosiddetti paesi più "ricchi": solo il 2,4% di tutta la popolazione contro il 33,5% degli Stati Uniti, il 14,7% del Giappone, il 5,8% della Germania.
Per la senatrice Pd ed ex vice ministro all’Istruzione Mariangela Bastico la carenza di laureati in Italia è «un fenomeno strutturale». I dati Ocse, aggiunge, mostrano in pieno anche tutti i limiti delle attuali lauree triennali, «che alla prova dei fatti sono risultate poco professionalizzanti ». Rispetto alla proposta del ministro Gelmini di chiudere i corsi brevi inutili, rilanciata nella conferenza stampa dello scorso 2 settembre, l’esponente del Pd propone invece di rivederne la struttura e i contenuti. «Serve - sottolinea - collegarle di più al mondo delle imprese e alla formazione professionale di qualità che viene dalle regioni».
Del resto, ha rilanciato il segretario generale dell’Ocse, Angel Gurria, «nell’attuale contesto di rigore di bilancio è diventa ormai una necessità calibrare i sistemi educativi alle reali esigenze del lavoro». Concetto condiviso da Bruxelles, che ricorda agli stati membri l’importanza di raggiungere anche altri due importanti obiettivi della strategia «Ue-2020». Vale a dire, scendere al 10% di abbandono scolastico (ora siamo tra il 15%-16%) e fare in modo che il 40% della popolazione abbia un diploma universitario.
Per fare tutto questo però è fondamentale investire in istruzione. E qui, secondo i dati della ricerca, l’Italia è messa abbastanza male. Roma spende appena il 4,5% del Pil nelle istituzioni scolastiche contro una media Ocse del 5,7 per cento. Solo la Repubblica Slovacca spende meno tra i Paesi industrializzati. Complessivamente, la spesa pubblica nella scuola (inclusi sussidi alle famiglie e prestiti agli studenti) è pari al 9% della spesa pubblica totale, il livello più basso tra i Paesi industrializzati (13,3% la media Ocse) e l’80% della spesa corrente è assorbito dalle retribuzioni del personale, docente e non, contro il 70% medio nell’Ocse.
La spesa media annua complessiva italiana per studente è di 7.950 dollari, non molto lontana dalla media (8.200), ma focalizzatasulla scuola primaria e secondaria a scapito dell’università, dove la spesa media per studente inclusa l’attività di ricercaè di appena 8.600 dollari contro i quasi 13mila Ocse. «Un invito a fare di più », ha commentato il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti.
In Italia poi le ore di istruzione previste sono ben 8.200 tra i 7 e i 14 anni. Solo in Israele i ragazzi stanno più a lungo sui banchi e la media Ocse si ferma a 6.777. Le dimensioni delle classi sono maggiori rispetto alla media Ocse (18 alunni contro 22) e il rapporto studenti-insegnante è tra i più bassi (10,6 alla scuola primaria contro media 16,4). I docenti inoltre sono pagati meno della media soprattutto ai livelli più alti di anzianità di servizio. Un maestro di scuola elementare inizia con 26mila dollari e al top della carriera arriva a 38mila ( media Ocse 48mila). Un professore di scuola media parte da 28mila per arrivare a un massimo di 42mila ( 51mila Ocse), mentre un docente di liceo a fine carriera arriva a 44mila, contro i 55mila della media Ocse.