Antonella Scott, Il Sole 24 Ore 8/9/2010, 8 settembre 2010
IDEA CONTRO NATURA: INVERTIRE IL CORSO DEI FIUMI SIBERIANI
«Vittoria contro la siccità!», proclama un poster in cui si vede Stalin chino su una mappa dell’Unione Sovietica. È la copertina di un libro del 2008 di Jurij Luzhkov, sindaco di Mosca: "Acqua e pace" si intitola. Centosettanta pagine per rilanciare un’idea «messa sventatamente in cantiere all’inizio della perestrojka di Gorbaciov», scrive Luzhkov: il piano più che faraonico di invertire il corso dei fiumi siberiani, per irrigare le steppe aride dell’Asia Centrale.
La considerazione iniziale è che andando a sfociare nell’Artico i grandi fiumi non si rendono utili né come via di trasporto né come aiuto all’agricoltura. Un progetto sufficientemente contro natura per piacere a Stalin, e poi a Khruscëv e a Brezhnev che ci investirono risorse ingenti, per finanziare la ricerca. Ma con la natura non si interferisce fino a questo punto, aveva scritto negli anni 80 la Literaturnaja Gazeta. Dopo anni di dibattiti infiniti ed esibizioni di progetti inquietanti, l’idea venne accantonata nel 1986.
Ci è tornato sopra ieri Nursultan Nazarbajev, il presidente del Kazakhstan che, come la Russia, ha pagato caramente la siccità di questa estate. Mosca si è sentita costretta a sospendere le esportazioni di grano, il Kazakhstan prevede una riduzione del raccolto rispetto al 2009 da 21 a 16 milioni di tonnellate.L’Asia Centrale ha sete di acqua, già motivo di piccole guerre tra le ex repubbliche sovietiche che si contendono ciò che un tempo era patrimonio comune.
Così il presidente kazako ha riaperto l’interrogativo: perché non costringere Ob, Enisej e Lena a invertire la rotta e scorrere verso sud?«Assicurare acqua potabile all’intera regione centro-asiatica potrebbe diventare una questione sempre più complessa- ha osservato Nazarbajev al meeting regionale di Ust-Kamenogorsk, in Kazakhstan, cui era presente Dmitrij Medvedev- sfortunatamente oggi la questione della sicurezza delle risorse idriche non riceve attenzione adeguata».
Per gli ambientalisti, l’inversione del corso dei fiumi siberiani avrebbe conseguenze catastrofiche: lo prova il prosciugamento del lago d’Aral (che irussi chiamano - o chiamavano mare), dopo che negli anni 60 Amu-Darya e Syr-Darya vennero deviati per irrigare le steppe a cotone. Per far rifiorire Uzbekistan e Kazakhstan bisognerebbe incanalare miliardi di chilometri cubici d’acqua tra chiuse e dighe, gli scienziati sovietici parlavano di foreste e interi villaggi da inondare, porti da chiudere, specie animali da distruggere. «Ma vi immaginate le conseguenze? - si indigna Ivan Blokov, di Greenpeace Russia- non vedo una sola ragione per realizzare questo progetto ». Eppure ieri Medvedev non ha detto di no. «Siamo pronti a discutere le idee più diverse- ha risposto a Nazarbajev- comprese quelle che tempo fa sono state messe sotto il tappeto».