Stefano Carrer, Il Sole 24 Ore 8/9/2010, 8 settembre 2010
TOKYO: I SUICIDI TOLGONO LO 0,4% AL PIL
Suicidi e perdite di lavoro legate alla malattia della depressione valgono quanto una manovra di stimolo fiscale: senza il freno di questo due fattori, il Pil giapponese di quest’anno riceverebbe una spinta addizionale da 0,4 punti, ovvero di oltre 1.700 miliardi di yen (più di 16 mi-liardi di euro). Quanto al 2009, il costo calcolabile per l’economia nipponica è ammontato a quasi 2.700 miliardi di yen (25,5 miliardi di euro).
Sono queste le principali conclusioni del primo studio organico sull’argomento intrapreso dal National Istitute of Population and Social Security Research, presentato ieri dal titolare del Welfare Akira Nagatsuma in una riunione ministeriale: l’obiettivo è di rafforzare con una «task force » le misure preventive, che includono una campagna sui media ( da domani, giornata mondiale della prevenzione) dove spiccherà come testimonial il centrocampista dei Kawasaki Frontale, Kengo Nakamura.
Le cifre sono state calcolate sulla base delle perdite relative a sei categorie. Oltre 1.900 miliardi di yen rappresentano il mancato reddito che 26.539 persone tra i 15 e i 69 anni avrebbero guadagnato nel resto della loro vita se non si fossero suicidati nel 2009 (anno in cui il totale degli individui che si è tolto la vita è stato di 32.845); in 775,4 miliardi di yen sono stimati i costi legati alla depressione, di cui circa 304,6 miliardi in sussidi erogati e 297,1 miliardi in costi sanitari sostenuti dalle finanze pubbliche. Certo appare discutibile lo schematismo della metodologia seguita. A parte gli incalcolabili costi immateriali, non pare abbia avuto rilievo, ad esempio, il costo economico diffuso legato alle interruzioni dei trasporti. A chiunque passi per Tokyo può ca-pitare di notare, sui mezzi pubblici, le segnalazioni di sospensioni del servizio causate da quello che eufemisticamente viene indicato come «incidente umano». La rete urbana funziona come un orologio: si può calcolare al minuto quando si arriverà a destinazione anche cambiando 3 o 4 linee (basta una rapida consultazione al telefonino), ma le conseguenze dei suicidi sui binari rappresentano un’incognita. Proprio il fastidio per la relativa frequenza delle interruzioni –che avvengono di solito nelle ore di punta – sembra aver contribuito ad abbassare la soglia della tradizionale tolleranza culturale verso il suicidio (ben più intolleranti sono le società ferroviarie, che perseguitano i familiari con la richiesta di risarcimenti, tanto che il suicidio sui binari è considerato il metodo più egoista). Ad ogni modo, prendendo per buoni i numeri indicati e approssimandoli, negli ultimi 12 anni (in cui il numero dei suicidi annuali è rimasto sempre sopra la soglia dei 30mila), l’economia giapponese ha perso qualcosa come oltre 300 miliardi di euro. Il tasso di 24,4 casi per 100mila abitanti è il più alto tra i paesi avanzati: il premier Naoto Kan ha molto da fare per attuare la sua strategia di «minimizzare l’infelicità » nella società.