LUIGI GRASSIA, La Stampa 8/9/2010, pagina 30, 8 settembre 2010
E il jet si ripulisce imitando le forme di una manta - Potenza delle energie alternative: i mercantili tornano a navigare usando il vento
E il jet si ripulisce imitando le forme di una manta - Potenza delle energie alternative: i mercantili tornano a navigare usando il vento. Però le «vele» del XXI secolo sono ben strane, anzi non sono neanche delle vele in senso proprio: le più vicine al modello originale, infatti, si presentano come giganteschi aquiloni sospesi a 200 metri di quota, mentre le più strampalate sono le turbovele, cioè rulli che girano con il vento, turbine eoliche mosse da strani e (finora) snobbati fenomeni fisici. La cosa più interessante è che queste navi alternative non sono i soliti progetti o prototipi improbabili, tipo auto o aerei a energia solare. Qui si parla di cargo già esistenti, e di grandi dimensioni, sopra le 10 mila tonnellate, varati o addirittura già in circolazione per gli oceani. Fra quelle che già solcano i mari ci sono le navi-aquilone della classe «Beluga». Per la maggior parte del tempo vanno a motore, ma il vento fornisce loro una propulsione ausiliaria, che taglia i consumi fino al 20 per cento e fa risparmiare fino a 1500 euro di carburante al giorno. A vederla senza vela, la «Beluga» sembra molto ordinaria, niente di speciale, e invece a guardare meglio si nota il particolare strano di un’enorme cosa bianca arrotolata, che se ne sta attaccata a un albero di prua (cioè sul davanti) alto 15 metri. Nelle condizioni di vento giuste questa vela viene pian piano srotolata ed esposta all’aria nei suoi 160 metri quadrati, mentre un filo di metallo la trattiene quasi fosse un super-aquilone. Trarre il massimo vantaggio A decidere quando la vela vada utilizzata non è tanto il «Master&commander» della nave, come sarebbe stato in altre epoche, ma un computer capace di monitorare a ogni istante le condizioni del vento e di trarne il massimo vantaggio. Ovvio che la responsabilità ultima resti all’uomo (o alla donna) al comando, ma è soltanto la macchina a poter decidere in concreto come governare il meccanismo, che è molto complesso e, tra l’altro, sottopone il filo, l’albero e la nave tutta a tensioni tremende. Il risultato migliore si ottiene quando l’aquilone volteggia a 200 metri, dove le correnti d’aria sono molto stabili, e il «Beluga» naviga con il vento in poppa. Altri mercantili, adesso in costruzione, potranno sfoggiare aquiloni molto più grandi, capaci di ridurre le spese per il carburante fino al 50 per cento e far risparmiare fino a 4 mila euro al giorno. In condizioni ottimali si dovrebbe arrivare a ridurre del 50 per cento il consumo di carburante. Il «Beluga» (con le sue 10 mila tonnellate) è prodotto da una ditta tedesca, la SkySails di Amburgo. Non c’è bisogno di costruire queste navi ad hoc: il sistema può essere installato anche su molti mercantili esistenti. Secondo i tecnici di SkySails, ci sono 40 mila cargo adatti e, se questa tecnologia venisse estesa a tutti, le emissioni di anidride carbonica sarebbero tagliate di 146 milioni di tonnellate all’anno, pari allo 0,6 per cento del totale globale. Non male per un singolo settore. Può sembrare di concezione più tradizionale, ma non lo è affatto, lo yacht «Maltese Falcon», costruito dai cantieri italiani Perini, usando una tecnologia definita «dynaship» e che prevede 15 vele su tre alberi. A riposo, ciascuna vela è arrotolata dentro uno degli alberi; quando sono completamente dispiegate (bastano appena 6 minuti) le vele, governate da un computer, agiscono come se fossero una sola. Il «Maltese Falcon» è uno yacht enorme, lungo 88 metri, e questa tecnologia è concepita non tanto per il diporto quanto per servire le navi mercantili. Fessure orientabili Ma la nave più strana di tutte è la «E-Ship 1», costruita in Germania (nei cantieri di Kiel e di Emden) e che ha compiuto il suo primo viaggio commerciale in agosto: a poppa e a prua lo scafo, da 10.500 tonnellate, presenta due coppie di alte colonne cilindriche, che danno l’idea di quattro fumaioli decentrati. A una seconda occhiata si nota che i presunti fumaioli sono sormontati da dischi, a mo’ di capitelli, quasi si trattasse di colonne di un tempio greco. Ma quest’altra impressione è (ovviamente) ancora più sbagliata della prima. I cilindri non sono fumaioli, e tantomeno colonne doriche, ma quattro «rotori» mossi dal vento, secondo il progetto di un fisico che si chiamava Anton Flettner. Un sistema di fessure orientabili fa girare questi cilindri alti 24 metri e del diametro di 4. A seconda della forza con cui soffia Eolo, i rotori (o, meglio, turbovele) possono generare un’energia fino a 10-14 volte maggiore di una tradizionale vela, e la ditta produttrice della «E-Ship», la Enercon, valuta di poter risparmiare in navigazione almeno il 30-40 per cento di carburante. Progetto rispolverato Quest’idea ha dietro tutta una storia. La prima nave del genere fu sperimentata nel 1926 e funzionò bene, ma all’epoca risultò meno efficiente dell’ordinaria trazione a combustibile, perciò venne abbandonata. Il progetto fu rispolverato da un famoso esploratore degli oceani, il documentarista francese Jacques Cousteau, che nel 1985 uscì dal porto di La Rochelle a bordo della nave «Alcyone» con trazione a turbovela fornita da 2 rotori di Flettner. Cousteau usò questa nave a lungo e con successo, anche se all’epoca l’idea non trovò imitatori. Adesso, grazie ai computer che rendono ottima la propulsione, è arrivato il momento dell’applicazione sui grandi mercantili. Perché il petrolio sempre più caro e la necessità di tagliare le emissioni di anidride carbonica aguzzano l’ingegno.