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 2010  settembre 08 Mercoledì calendario

E’ la solitudine la vera sindrome di Stoccolma - Quanta ricchezza, quanto vantaggio tecnologico, ma anche quanta solitudine

E’ la solitudine la vera sindrome di Stoccolma - Quanta ricchezza, quanto vantaggio tecnologico, ma anche quanta solitudine. A mano a mano che gli svedesi vedono progredire la loro nazione, aumenta il numero di coloro (50% della popolazione) che vivono da soli, senza una persona con cui condividere gioie e dolori, chiusi in miniappartamenti dotati delle più moderne diavolerie informatiche ed elettroniche, ma privi di calore umano. A Stoccolma, i single sono il 59% della popolazione, un record mondiale. Ben distanziate sono altre nazioni europee industrializzate (Finlandia 39%, Danimarca 37%, Germania 34%) mentre i Paesi del bacino mediterraneo fanno registrare cifre fra il 10 e il 15%. Sebbene sussista ancora in Europa il mito del «modello svedese», l’albero della solitudine al quale si deve aggrappare la metà degli abitanti affonda le proprie radici nella politica perseguita durante gli Anni Settanta tendente ad uccidere la famiglia. Oggi tutte le donne lavorano e sono economicamente autosufficienti, matrimoni e divorzi si pareggiano: 30.000 «sì» e altrettante separazioni. È vero che lo Stato è presente dappertutto con le sue solide strutture assistenziali, ma la solitudine? «La nostra società si sta sviluppando verso un individualismo che non deve essere necessariamente interpretato in senso negativo», spiega Lars Tornstam, professore di Sociologia presso l’Università di Uppsala. E continua: «In certe nazioni, si è costretti a convivere con altri componenti della famiglia per ragioni di dipendenza economica e non di rado tale convivenza viene interpretata come mancanza di libertà per il singolo che deve sempre comportarsi in modo conforme alle esigenze degli altri. Qua da noi, chi vive da solo ha spesso una vasta rete di conoscenze e di amicizie che lo rende molto più libero di scegliere i contatti sociali che preferisce». La percentuale più alta di single si riscontra fra i trentenni di ambo i sessi, spesso reduci da esperienze matrimoniali fallite. «Ma in quella fascia di età si riscontra anche il più elevato numero di utenti di ogni forma di comunicazione elettronica - continua Lars Tornstam -: da Facebook, a Twitter, alle e-mail e tutte le possibilità offerte da Internet. In questo, la Svezia è all’avanguardia mondiale in ogni campo, dai telefonini agli Iphone4. Inoltre, se uno lavora tutto il giorno in mezzo a tanta gente, può trovare rilassante distendersi in solitudine». Ciò non toglie che continuamente si debbano ascoltare le lamentele, espresse sui giornali, alla radio o alla televisione, di moltissima gente che vive sola e si sente emarginata. Che la solitudine sia dannosa alla salute, addirittura più dell’obesità e dell’alcolismo, riducendo del 50% la possibilità di vivere a lungo, è confermato da uno studio, condotto su 300.000 persone dall’Università dello Utah, negli Usa. «La mancanza di contatti sociali può provocare il deterioramento dell’organismo umano al pari del fumo di 15-20 sigarette al giorno», dichiara il professore Denny Vaagerö, esperto di sociologia medica. «Parenti ed amici possono alleggerire la situazione ed è proprio la mancanza di contatti sociali che può risultare dannosa», conferma la dottoressa Julianne Holt dell’Università dello Utah. «Quando si è legati ad un gruppo e ci si sente partecipi dei destini degli altri, si dà un senso alla propria vita e si ha maggior cura di se stessi. Non per nulla, le statistiche indicano che le persone celibi vivono meno di quelle sposate».