Varie, 8 settembre 2010
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Barozzino Giovanni
• Rionero in Vulture (Potenza) 11 ottobre 1964. Operaio alla Fiat Sata di Melfi da quando aveva 30 anni, delegato sindacale dal 2000, nel luglio 2010 fu licenziato insieme ai colleghi Antonio Lamorte e Marco Pignatelli: secondo l’azienda i tre avevano deliberatamente bloccato un carrello e dunque la produzione durante uno sciopero. Il 4 agosto una sentenza ne stabilì la riammissione sostenendo che il carrello si era fermato per un guasto, ciononostante il 23 agosto 2010 l’azienda, in attesa del ricorso, ne impedì il ritorno in linea. Il 14 luglio 2011 il giudice del tribunale di Melfi Amerigo Palma accolse il ricorso della Fiat • «[…] “Sono più emigrante di Marchionne” […] È la notte di Natale del 1980. È passato un mese dal terremoto che in Irpinia e Basilicata ha fatto 3 mila morti e si è portato via anche quel poco lavoro che c’era. Da Rionero in Vulture sta partendo una famiglia di otto persone. Padre, madre, due figli, quattro figlie. Fino a Roma in treno, poi in aereo verso Montreal, proprio il Canada dove il futuro salvatore della Fiat sta cominciando la sua carriera. Un panino con la soppressata per cena e una grande paura di non farcela dietro il finestrino. “Qui lavoro non ce n’era — racconta Giovanni che allora aveva 15 anni — e chi poteva andava via. Noi in Canada avevamo degli zii”. Giovanni inizia la sua vita da metalmeccanico alla International cutting tools, motori per aereo. Il fratello fa il pizzaiolo, le sorelle studiano. “Marchionne veniva da Chieti, io dal terremoto della Basilicata. Altro che Abruzzo, noi meridionali lo siamo sul serio”. A Montreal Giovanni si trova bene: la mattina al tornio, il pomeriggio a scuola di francese, la sera al bar Vulture del quartiere saint Léonard. Ma dietro la curva c’è un altro terremoto. Dopo un mese la madre viene operata, poi è il padre che si ammala e alla fine muore. Giovanni torna in Italia dopo un anno e mezzo. Cambiato. “Anch’io ho allargato i miei orizzonti, come dice Marchionne. E da lui non posso prendere lezioni di vita, perché mentre lui andava nelle migliori università, io avevo delle sorelle da mantenere […] Questa è una storia più grande di noi. La Fiat cercava un pretesto per dire che in Italia non si può lavorare e investire all’estero” […]» (“Corriere della Sera” 27/8/2010).