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 2010  settembre 07 Martedì calendario

L’ITALIA E GLI EUROMISSILI L’INTERVENTO DI COSSIGA

Nelle tante parole dedicate alla scomparsa del presidente emerito Francesco Cossiga mi ha colpito una omissione quasi generalizzata su un aspetto che forse è stato il più qualificante del suo percorso di uomo politico e di statista. Anche sulla stampa internazionale (che pure ha dedicato spazio significativo al ricordo di Cossiga, «rara avis» data la lacunosa attenzione riservata alle vicende del nostro Paese) scarsissimo è stato il riferimento alla decisione del governo da lui presieduto di consentire lo schieramento in Italia dei missili Pershing e Cruiser: una decisione da lui perseguita con lucida determinazione, che concorse ad avviare la fase finale del declino dell’Unione Sovietica e che solo una personalità politica come la sua, nel dialettico rapporto personale che intratteneva con l’allora Pci, poteva condurre in porto; anche se poi il prezzo che fu chiamato a pagare non fu certo irrilevante.
Giovanni Caracciolo
Ambasciatore d’Italia a Parigi
Caro Caracciolo, credo che valga la pena di ricordare ai lettori l’episodio evocato dalla sua lettera.
Nel 1977 l’Unione Sovietica cominciò a dispiegare nei suoi territori occidentali un missile balistico di tipo nuovo, SS20, che trasportava nella propria testata tre ordigni nucleari, disponeva di un eccellente sistema di puntamento e aveva una gittata che gli consentiva di raggiungere tutte le città dell’Europa occidentale e un buon numero di città cinesi, ma non quelle degli Stati Uniti. Il cancelliere tedesco Helmut Schimdt (un socialdemocratico succeduto a Willy Brandt nel 1 9 7 4 ) capì subito che gli SS20 avrebbero alterato gli equilibri della Guerra Fredda e ne fu convinto, a maggior ragione, quando si accorse che la reazione degli americani era alquanto diversa. Il presidente Carter era impegnato in un difficile negoziato con i sovietici per la limitazione degli armamenti strategici e considerava tali soltanto quelli che erano in grado di colpire il territorio americano. Gli altri erano «tattici» equindimeno importanti. Con un discorso dell’ottobre 1977 Schmidt denunciò pubblicamente il pericolo e continuò a fare pressioni sugli Stati Uniti sino a quando Washington si offrì di ristabilire l’equilibrio, se i sovietici avessero perseverato, installando missili di media gittata Cruise e Pershing in alcuni Paesi europei dell’Alleanza Atlantica.
Schmidt, quindi, aveva vinto la sua battaglia. Ma quando stava per raccoglierne i frutti si accorse che settori importanti dell’opinione pubblica tedesca e una parte del suo stesso partito erano contrari al l ’ installazione di missili americani nella Repubblica federale. Per aderire alla proposte di Washington il cancelliere aveva bisogno del sostegno di un alleato europeo, schierato come la Germania sui confini della Guerra Fredda e disposto a sfidare la propria opinione pubblica accettando i missili americani sul proprio territorio. La Francia non poteva venire in suo aiuto perché i principi gollisti le impedivano di accogliere basi straniere. La situazione fu sbloccata al Consiglio Atlantico del dicembre 1979 quando Francesco Cossiga, allora presidente del Consiglio, dichiarò che anche l’Italia era disposta ad accogliere, se i negoziati con l’Urss fossero falliti, missili americani. Più tardi, dopo la sua elezione alla presidenza della Repubblica francese, François Mitterrand dette una mano a Schmidt dicendo ironicamente: «Vedo i pacifisti in occidente e gli euromissili all’Est». Ma l’aiuto determinante fu quello di Cossiga, il quale era imprevedibile in tutto fuorché nelle questioni che concernevano il ruolo dell’Italia nell’Alleanza Atlantica e il suo rapporto con gli Stati Uniti. Ne dette un’altra prova, come noto, all’epoca della guerra del Kosovo. A me sembrò che quella guerra avrebbe prodotto più danni che vantaggi, e non ho cambiato idea. Ma Cossiga ritenne che vi sono circostanze in cui l’Italia non può permettersi il lusso di stare fuori dal gioco. E anche quella era una posizione rispettabile.
Sergio Romano