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 2010  settembre 07 Martedì calendario

GINNASTICA, DIETA, PLAYSTATION: COSI’ E’ LA VITA 700 METRI SOTTO TERRA

Giù per il buco scendono cibo, aria pulita, medicine, passatempi, lettere d’ amore e buoni consigli. E risalgono sogni, poesie, promesse di matrimonio e tante repliche di quell’ incredibile pezzo di carta umido arrivato il 22 agosto: «Stiamo tutti bene: los 33». Ha tuttora un diametro di 12 centimetri l’ unico contatto con i minatori cileni intrappolati sotto il deserto di Atacama. Sono lì sotto da un mese, dal giorno che crollarono tutte le vie di fuga, il 5 agosto. Metà di questo tempo l’ hanno passato a spartirsi le ultime briciole di cibo, aspettare il rumore della sonda che li cercava e immaginare la peggior morte possibile; l’ altra metà a ricevere cose e rispedire emozioni lungo il cordone ombelicale. Smaltita l’ euforia, negli ultimi giorni i minatori hanno saputo la verità. L’ operazione per tirarli fuori è lunga, i tecnici lassù non promettono meno di tre, forse quattro mesi, anche se le stanno studiando tutte per ridurre il tempo. Una delle più straordinarie storie di sopravvivenza di sempre è ormai una saga dove tecnologia e psicologia faranno letteratura. Il lieto fine appare scontato, forse troppo. Lì sotto - dicono le notizie dal buco - i nostri stanno meglio ogni giorno che passa, di corpo e spirito, e l’ inferno si va gradualmente trasformando in convivenza forzata con ruoli e dinamiche. Sì, il paragone con la ristrettezze dei reality tv a questo punto non suona più così offensivo. Ma i rischi restano: perché si stanno scavando tre cunicoli diversi, con altrettante tecnologie? E se una, o due macchine fallissero? Ce la faranno tutti e 33 a restare in buona salute, a non impazzire? Il Cile segue con ansia e conosce a memoria nomi come T130 e Strata 950, le perforatrici, ascolta in tv il briefing quotidiano che aggiorna sui progressi. Se il presidente Piñera ha guadagnato 10 punti di popolarità appena alzando al cielo il fogliettino della salvezza, i suoi ministri non vogliono essere da meno. Ogni giorno all’ accampamento Esperanza ne arriva uno. Insieme a gruppi musicali, religiosi, a personalità come i sopravvissuti del famoso incidente aereo nelle Ande del 1972, quelli che arrivarono a mangiare carne umana. Sulla vita lì sotto sappiamo tutto, o quasi. Madri e mogli riferiscono che i disagi si sono molto attenuati dopo l’ invio di cibo e vestiti puliti, e la noia non è un problema: i ragazzi sono occupatissimi. Organizzano gli spazi, sparsi lungo un chilometro e mezzo di gallerie, puliscono, ricevono e rispediscono i tubi (le «palomas», colombe) attraverso i quali arriva tutto. Hanno diviso gli spazi per il giorno, la notte, i pasti, l’ igiene personale, secondo le indicazioni degli esperti. Leggono, giocano e ascoltano musica. Gli orari sono rigorosi, da caserma. Si preparano ai compiti dei prossimi giorni, come rimuovere le macerie che cadranno lungo le perforazioni. Fanno ginnastica e mangiano seguendo diete rigorose, perché il loro addome non potrà superare i 65-70 centimetri quando saranno issati su per il cunicolo della salvezza. Quassù, nel recinto abitato da familiari e giornalisti, veniamo a sapere pezzi di vita personale, sogni, pettegolezzi e corna. I bambini giocano felici con i clown mandati dal governo, la mensa sforna pasti caldi per tutti. La zona degli scavi è stata rigidamente isolata dalla cittadella dell’ attesa. Tutto improvvisato nel deserto, ma il Cile - come nei giorni del terremoto dello scorso febbraio - si dimostra un Paese con un marcia in più. I quattro della Nasa esperti in sopravvivenza si sono limitati a dare qualche consiglio, per il resto hanno elogiato le scelte dei cileni e l’ organizzazione spontanea dei minatori. A due settimane dalla svolta il campo Esperanza è un luogo tranquillo, dove non si piange più e si prega in silenzio. Dopo una zuppa calda di lenticchie, una donna si china a scrivere la prossima lettera al marito su un quaderno, al suo fianco il reporter della tv coreana spedisce via Internet il suo lavoro di giornata. Le rocce tutt’ attorno sono ricoperte di scritte, santini, piccoli altari, bandiere. Ogni giorno arriva una piccola comodità in più per chi ha scelto di aspettare qui quel giorno, che sarà straordinario. Ma negli ultimi giorni - temendo un effetto Woodstock - tira anche aria di stretta. Un tecnico ci confessa che si vogliono convincere i familiari a tornare nelle proprie case. Quasi tutti vivono nella vicina Copiapò, a un’ ora di autobus, e potrebbero salire al campo solo per la comunicazioni in videocitofono con i propri cari, due o tre volte la settimana. Ma le donne, soprattutto, non vogliono saperne di muoversi da qui, nonostante i disagi. «Se ce ne andiamo, non è che smettono di scavare?», dice la mamma di Richard Villarroel, 27 anni. I familiari chiedono più contatti con il sottosuolo e meno controlli sulle comunicazioni: i primi giorni le lettere scritte a mano passavano per una sorta di censura preventiva per evitare messaggi sbagliati. Non sono piaciuti ai tecnici nemmeno i festeggiamenti per l’ anniversario del primo mese dal crollo, tra mortaretti, brindisi e concerti di clacson. Così come si è tornati indietro sull’ idea di mandare ai minatori del vino per festeggiare il prossimo 18 settembre, 200 anni di indipendenza del Cile. Lo aveva promesso il ministro della Salute («un bicchiere a testa e una empanada...»), ma gli specialisti hanno detto no. No ovviamente alle sigarette, per la carenza di aria, e agli iPod, perché causano isolamento. Ok invece alle Playstation e al proiettore che permetterà domani di assistere a una partita del Cile, grazie a un cavo in fibra ottica. A noi osservatori della tragedia verrebbe anche voglia di controllare l’ eccesso di aspettative per il «dopo», nelle famiglie di questi poveri disgraziati. Nessuno tornerà in una miniera, giurano mogli e mamme. Chissà, forse non ci sarà più bisogno, sogna qualcuno. Un minatore laggiù sta scrivendo un diario, attorno al campo ronzano potenziali biografi e sceneggiatori. Quando al minatore fan Edison Peña è stata spedita giù una foto di Elvis Presley, e una chiavetta Usb con tutte le sue canzoni, qualcuno ha pensato a un messaggio subliminare: «Ragazzi, avete conquistato fama e immortalità!». Ma loro non sono nemmeno tornati alla vita.
Rocco Cotroneo