Massimiliano Panarari*, La Stampa 7/9/2010, pagina 9, 7 settembre 2010
Un colpo al cuore alla melassa dei Tg - Ciclone Mentana». Il nuovo tg de La7 si è abbattuto sulla palude stagnante (naturalmente, con le debite eccezioni) dell’informazione televisiva con la forza di un tornado, premiatissimo dagli ascolti
Un colpo al cuore alla melassa dei Tg - Ciclone Mentana». Il nuovo tg de La7 si è abbattuto sulla palude stagnante (naturalmente, con le debite eccezioni) dell’informazione televisiva con la forza di un tornado, premiatissimo dagli ascolti. Segno che la ventata di aria nuova che ha portato era molto attesa, in particolare da parte di una fascia giovane ed esigente di telespettatori nei cui confronti la tv italiana è diventata sempre più avara di proposte. Questo «Twister», a ben guardare, è il risultato vincente di un’alchimia che miscela molta tradizione e un po’ di innovazione. Enrico Mentana è un giornalista di notevole esperienza e un riconosciuto professionista, che calca il proscenio televisivo da tempo, ed è stato, dopo gli anni passati in Rai, uno degli inventori dell’informazione sui canali privati (ha fondato e diretto a lungo il Tg5 e, insieme a Davide Parenti, il creatore de Le Iene, ha ideato il programma di approfondimento Matrix). È, dunque, un innovatore del linguaggio con cui la televisione italiana, nel corso di questi anni, ha trattato l’informazione, a partire dalla velocizzazione dei tempi e dei ritmi; basti ricordare, per aggiungere un tocco di colore, il soprannome di «Mitraglietta» che l’ha accompagnato a lungo, con riferimento alla rapidità con cui pronunciava le parole durante le sue apparizioni in video, raccontando così, con la sua stessa fisionomia, la «turbopolitica» che cambiava. Col suo Tg5 ha aperto la strada all’ingresso del gossip nei programmi di informazione, una pista destinata in seguito a venire battuta da molti, e in dosi sempre più massicce (e inaccettabili), mentre, per quello che lo riguardava, si teneva ancora al di qua della soglia della «modica quantità» del pettegolezzo. Ha passato una parte cospicua della sua vita professionale all’interno delle reti Mediaset, fino ad assumerne la direzione editoriale, ma, destando un certo scalpore, se ne è poi andato sbattendo la porta nel febbraio 2009 dopo che Canale 5 aveva preferito gli ascolti del Grande Fratello alla messa in onda di un qualche programma di approfondimento sulla morte di Eluana Englaro. Ma, soprattutto, è un solido conoscitore e un attentissimo osservatore della politica, che frequenta dai tempi (all’apparenza, un’era geologica fa) della Prima Repubblica. E qui sta uno dei segreti del suo telegiornale dei record. La politique d’abord, la politica prima di tutto, riportata al centro di un tg. Sembrerebbe un paradosso, ma come appare subito evidente sintonizzandosi sui telegiornali delle reti ammiraglie della tv generalista (Rai Uno e Canale 5), la grande assente (specialmente d’estate tra un servizio sui rimedi contro la calura e l’ultimo aggiornamento sugli amorazzi di qualche «vip») è proprio la politica (per non parlare dei temi economici). O, per meglio dire, la Politica, spodestata - tra «panini», polpettoni, melasse varie, dichiarazioni e controrepliche, veline (in senso proprio: quelle che passano sotto i tavoli, e non quelle che ci sgambettano sopra), messaggi in codice e per iniziati - dalla «politica politicante» e dal racconto esclusivo delle beghe di Palazzo. Il tutto, per giunta, rigorosamente recitato secondo le litanie di quel politichese che costituisce una delle (sacrosante) ragioni della sempre maggiore insofferenza di tanti italiani nei confronti di un’informazione di regime. Intendiamoci bene: Mentana non fa un telegiornale «di opposizione», non è Michele Santoro, né Marco Travaglio. Ha deciso invece (e scusate se è poco) di rimettersi a raccontare, servendosi di un linguaggio comprensibile, i fatti e i personaggi della politica. L’ha rimessa in testa alle news, ripristinando così la gerarchia e l’ordine naturale secondo cui si sono sempre fornite le notizie nel nostro Paese, e riscuotendo, proprio per questo, un successo immediato (probabilmente, al di là delle stesse aspettative più ottimistiche del suo editore Telecom). Come dice Aldo Grasso, «la messa cantata delle otto», ovvero l’informazione generalista dei grandi tg è in crisi, e apre degli spazi per quelli più schierati e partigiani o per un tipo di prodotto di nicchia e più in sintonia con un pubblico giovane e moderno. Come questo telegiornale, per l’appunto, che alla conduzione di un volto noto (il direttore che «ci mette direttamente la faccia») affianca una scenografia innovativa anche sotto il profilo dei colori e si avvale di soluzioni tecnologiche più avanzate, come la diretta in streaming su YouTube. Di fronte a quello che il filosofo e sociologo francese Jean Baudrillard chiamava il «delitto perfetto» operato dalla televisione che avrebbe ucciso la realtà, sostituendola con delle simulazioni e rappresentazioni, il telegiornale de La7 si pone decisamente in controtendenza e la riporta saldamente all’attenzione dei suoi spettatori, semplicemente rimettendosi a dare notizie. * Autore del saggio «L’egemonia sottoculturale. L’Italia da Gramsci al gossip» (Einaudi)