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 2010  settembre 07 Martedì calendario

VERSACE CHIEDE LO STOP SUL «MADE IN»

«Ci vuole più tempo». È laconico, Santo Versace, imprenditore della moda ed al tempo stesso anche politico, eletto in Parlamento alla Camera per il Pdl nella natale terra di Calabria. Un invito a prender fiato, il suo, che sa di realismo perchè il 1?ottobre è alle porte, mancano poco più di tre settimane all’entrata in vigore della legge sul made in Italy. Un lasso di tempo che inizia a essere troppo stretto per portare a casa il necessario via libera di Bruxelles.
Onorevole, siamo ai tempi supplementari, che si fa?
Guardi, sono stato proprio io a proporre in commissione un’entrata differita, io che ho associato da subito il mio nome alla proposta per una legge sul made in Italy insieme agli onorevoli colleghi Reguzzoni e Calearo. Sono stato il primo a dire che ci voleva una data apposita per l’entrata in vigore.
Alla fine è spuntato il 1? ottobre.
Ma per me poteva essere anche il 2011. E vuol sapere perchè?
Dica pure.
Perchè questa è materia dell’Europa e senza l’Europa l’etichettatura obbligatoria non ce l’avremo mai. Non ce la faremo mai ad ottenerla come strumento per assicurare la trasparenza e la qualità dei prodotti.
Non tutto l’impianto del provvedimento è chiaro, il sistema delle necessarie quattro fasi di lavorazione di cui due in Italia per certi aspetti continua a suscitare perplessità generalizzate.
Non vorrei dire, ma per l’abbigliamento, in particolare, il meccanismo sta un po’ stretto.
Le controdeduzioni europee sui decreti attuativi della legge inviati in Europa dovranno pur arrivare... Secondo lei c’è il tempo tecnico, intanto, per imboccare la strada del rinvio?
Lo slittamento si fa in un minuto, se si vuole. Basta trovare l’accordo politico. Se c’è, ci vuole un attimo, basta una sola riga. Si va in commissione deliberante ed è fatta, senza andare in aula, ma almeno su questo ci vuole l’accordo.
Resta una certa amarezza, una sorta di "tanto rumore per nulla". O no? In fondo, il varo di una legge nazionale sulla tracciabilità in sè rappresentava una provocazione per l’Europa.
Questo della tracciabilità per il nostro sistema industriale è un problema molto serio. Personalmente, appoggiando il progetto di legge, l’intento era di dare un segnale all’Europa perchè si svegliasse e facesse qualcosa sul tema. L’obiettivo è quello di stimolare l’Europa su questo fronte. Con il senno di poi, però...
Cosa intende dire?
Ero convinto che l’ok sarebbe arrivato in tempi stretti. Con il senno di poi, però, devo ammettere che la prudenza di Paolo Zegna, vicepresidente di Confindu-stria, e il suo costante richiamo all’Europa tout court e l’invito a non imboccare un vicolo cieco non erano affatto fuori luogo. Lui l’ha sempre detto: questa è materia in cui deve muoversi l’Europa, è lì che bisogna agire in via prioritaria.
Da quanto tempo non sente il capogruppo della Lega alla Camera Marco Reguzzoni?
Non ho parlato, di recente, con lui.
Ci dica, onorevole Versace, non starà prendendo le distanze dall’avventura bipartisan che vi ha visti strappare sul made in Italy un plebiscito parlamentare atipico per un sistema politico tanto litigioso come il nostro?
No, affatto. Io sono solo realista.