Roberto Galullo, Il Sole 24 Ore 7/9/2010, 7 settembre 2010
AGGUATO A POLLICA, UCCISO IL SINDACO
Troppi no e molti affari che non potevano tollerare quei rifiuti. Angelo Vassallo, sindaco di Pollica (Salerno), che probabilmente la mano della camorra ha crivellato di colpi (nove) nella tarda serata di domenica per mandare un messaggio chiaro a chi osa opporsi, è morto per aver detto troppi no e aver reso la vita impossibile in 5 anni di amministrazione a chi vuole speculare in questo angolo di Cilento e arricchirsi come altrove, in Campania, è invece sempre più facile.
Vassallo, 57 anni, un passato da imprenditore della pesca, sindaco con una storia nel Pd e da poco rieletto in una lista civica, è stato ucciso anche per spezzare quel cordone ombelicale che da sempre lo legava alla Procura di Vallo della Lucania. Anche in questo spicchio di Campania, un tempo felix perché lontana da Caserta, da Napoli e dalle sue camorre, nessuno può e deve opporsi agli affari dei clan ai quali dell’ambiente, di cui Vassallo era paladino, nulla interessa. E ai clan nulla interessa della legalità nelle pratiche amministrative, che pure erano in cima ai pensieri del sindaco e della Giunta.
Il cordone ombelicale che lo legava alla magistratura che, come ha dichiarato ieri il procuratore di Vallo della Lucania Alfredo Greco era immediatamente informata di ogni vicenda dubbia, diventava anche un limite. «Vassallo - spiega al Sole-24 Ore il vicesindaco di Pollica Stefano Pisani - conduceva in prima persona le sue battaglie e con noi condivideva le gioie solodopo aver vinto la guerra contro i tentativi di infiltrazione criminale ». Negli ultimi tempi, giura Pisani, in Giunta non avevano avuto più modo di parlare di scampati pericoli e dunque è verosimile che la morte affondi le radici nei no pronunciati per traffici che riguardano lo sviluppo economico futuro.
«In questi 5 anni - dichiara al Sole-24 Ore Carla Ripoli, consigliere comunale e braccio destro del sindaco - ha ricostruito tutto da zero partendo proprio dalle fondamenta del Comune. Prima qui ciascuno faceva e brigava come voleva. Con lui non era più possibile e solo lui poteva costruire una squadra unita nella legalità a ogni costo».
Se a Ripoli si chiede il perché di questa morte lo sconcerto è scontato ma la risposta lascia intravedere in controluce un aspetto sul quale i magistrati saranno chiamati a indagare: le concessioni edilizie. In una costa e in una regione devastate dal cemento abusivo, Pollica e il suo lungomare, da Acciaroli a Pioppi, erano una perla, premiata più di una volta da Legambiente. Dopo il piano regolatore generale, approvato dalla Regione Campania nel 2004, nulla è stato più costruito. I no sono stati tanti e un rifiuto nel ciclo del cemento per la camorra vuol dire un ostacolo insormontabile al riciclaggio del denaro sporco. «In questi anni spiega Ripoli - abbiamo fatto in modo che si potesse solo ristrutturare e migliorare ma non devastare il territorio. Il turismo ci ha premiato».
Pisani mette in fila gli altri anelli di una lunga catena che il sindaco potrebbe aver deciso di spezzare negli anni. Il primo chiama in causa le opere di miglioramento infrastrutturale del porto turistico-peschereccio. «Proprio oggi (ieri, ndr) - spiega il vicesindaco - avremmo dovuto ricevere il mandato per ulteriori due milioni di finanziamento. Il bando per i primi 4 milioni e mezzo è stato già espletato». Soldi, magari non tanti ma nella fase di espansione dei clan fuori dai confini tradizionali, anche le briciole debbono rimanere sul tavolo degli affari sporchi. Ma altre sono, ricorda il procuratore Greco, le opere che sul Comune stavano per partire o erano state programmate.
Nel settore del commercio e dell’industria tanti altri no sono giunti in questi anni. «Allo sviluppo delle attività imprenditoriali - spiega Pisani - guardavamo con grande interesse ma sempre nel rispetto dell’ambiente e delle regole. Anche lo sviluppo delle attività imprenditoriali turistiche hanno sempre seguito lo stesso copione». E per far capire come andavano le cose, Pisani si spiega con un esempio. «D’estate - afferma - il sindaco controllava personalmente quanti turisti con vincoli o vicinanza alla criminalità organizzata circolavano nell’area. La legalità era un pallino fisso in ogni declinazione».
Su una cosa qui nessuno transige: la calunnia che ha già cominciato a prendere forma con il ricordo delle denunce effettuate contro Vassallo per estorsione e concussione. «Proveranno a infangare il suo nome - afferma Pisani - ma sia chiaro che quelle denunce, legate a pratiche amministrative e alle infrastrutture portuali, sono assolutamente carta straccia. Non valgono nulla. Nostro figlio (dice proprio così Pisani, ndr) era il tipo che non accettava un caffè per non dover ricambiare neppure il prezzo di una tazzina. Lo scriva forte e chiaro che il sogno non è finito. Noi continueremo sulla stessa strada».