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 2010  settembre 07 Martedì calendario

I MONDI DIVERSI DI TRE GEMELLI

Le mie cognizioni di biologia sono scarsissime; e ignoro se i bambini, che si formano nel ventre della madre, posseggano già un carattere, delle idee, dei sentimenti, delle intuizioni. Debbo limitarmi a supporre. Credo che, là dentro, almeno a partire dagli ultimi mesi, non vi sia nulla o pochissimo di oscuro e di cieco. Là abitano degli individui, delle persone e delle intelligenze. Cosa pensino o sentano, non so; e mi piacerebbe che uno scrittore di genio raccontasse la storia di queste vite prenatali.
Nei giorni scorsi ho incontrato al mare due giovani amici, che nove mesi fa, nell´inverno, hanno generato tre gemelli. Ora, è agosto. Sulla spiaggia, i tre bambini stanno nel capanno accanto al mio, distesi su strati di asciugamani e di piccoli lenzuoli di spugna: giocano col pallone, col secchiello, con la sabbia, con l´acqua di mare, con se stessi, con i fratelli, con la madre e il padre, con una grande seggiola sulla quale vorrebbero arrampicarsi. Qualcuno sta seduto. Qualcuno striscia verso il pallone. Li guardo a lungo. Niente è più piacevole di osservare tre piccole creature crescere, formarsi, conquistare dei lineamenti sotto i tuoi occhi.
Sebbene siano così piccoli, le differenze tra i gemelli sono grandissime: essi sono creature incomparabili, come se invece di nove mesi avessero quindici, ventiquattro o quaranta anni. Niente fa supporre che siano nati quasi nello stesso momento e dallo stesso ventre. Una sola cosa sembra interessarli; crescere, diventare se stessi, vedere il mondo, affrontare in modo individuale le difficoltà della vita. Senza saperlo, si arrampicano verso il futuro, come sulla seggiola che li affascina tanto.
Il fratello più grande è un maschio: grasso, forse troppo grasso, sembra un giovane Buddha: uno di quelli che si ammirano al Musée Guimet, a Parigi. Non piange mai, non si irrita, non protesta. Non ha nulla contro nessun aspetto o forma della vita. La osserva; e per decine di minuti fissa la sabbia scivolargli tra le dita: studia e analizza tutti i granelli; cerca di averne un´idea precisa; e naturalmente vorrebbe portarli alla bocca, perché la sua analisi sia più completa. Oppure studia lo schienale di una seggiola o la sua carrozzina. Osservare il mondo gli dà un grande piacere, perché sorride quasi sempre. Resta così, a lungo, sorridendo con infinita dolcezza e quasi con protezione: lieto di stare al mondo, benevolo verso la realtà e gli esseri umani, divertito di possedere un corpo e di muoverlo davanti agli altri.
Ha imparato a distinguere tra gli uomini e le cose, perché alle cose non sorride: si accontenta di prenderle in mano. Gli piace carezzare un pallone, o un tavolo, o un secchiello. Gioca, o cerca di giocare, con loro. Tenta di domarle, perché ha già inconsciamente capito che, per tutta la vita, dovrà domare e addomesticare le cose. Credo che non gli sembri difficile. Basta un gesto di lenta diplomazia, o di bonario accordo; e diplomazia e accordo creano, attorno a lui, un mondo stabile. Teme solo le cose eccessive e violente: come l´acqua di mare, che trova troppo fredda. Ama quello che è tiepido, tranquillo, quieto. Suppongo che, da grande, eviterà tutti i sentimenti e gli eventi drammatici e tragici.
La prima sorella è di poco meno grande: come lui, è alta, robusta, carnosa. La bilancia annuncia che i due gemelli hanno quasi lo stesso peso. Ma essi sono in tutto diversi. Se il primo è tranquillo, la seconda, con audaci occhi celesti, è divorata dal desiderio, dalla passione, dall´inquietudine, dalla brama di possesso. Si muove sempre. Detesta stare distesa o seduta. Appena è seduta, si alza, si afferra ai legni del box, si sposta, cammina, e si capisce che vorrebbe avanzare da sola, senza quei noiosi appoggi di legno.
Non ha paura di niente. Se anche lei trova fredda l´acqua di mare, vuole restarvi immersa, e giocarvi e sguazzarvi, perché il desiderio di esperienza è, per lei, molto più forte di qualsiasi sensazione piacevole o spiacevole. Vuole sempre altro. L´esistenza deve sembrarle una selva quasi inestricabile: dove arrampicarsi, raggiungere le vette degli alberi, balzare di vetta in vetta, scendere di nuovo al suolo. Non ha, come il fratello, fiducia nella realtà: perché sa che deve lottare e battersi contro le cose, per ottenere quello che vuole. Nulla le è dato: tutto va conquistato. Conquistare non è facile, perché ci sono ostacoli dovunque. Allora, per quanto robusta, comprende l´esilità delle sue forze, e l´impossibilità di possedere ogni cosa. Si guarda attorno, e cerca un mezzo, uno strumento, una strada. Quando capisce che non c´è mezzo, né strumento, né strada, prorompe in un lungo, inesauribile pianto, che nessuno, con nessun mezzo, può consolare.
Forse la terza bambina, la minore, è la più graziosa. Sebbene abbia soltanto nove mesi, ha già la grazia squisita e difficile di una bambina di sei anni. Non mangia volentieri: anzi è dominata da una specie di spirito di rivolta contro il cibo: lo rifiuta, lo sputa, non lo vuole assorbire; e, per la madre, il padre e la domestica, ognuno dei suoi pasti è una battaglia. Il cibo è sparso dappertutto, mai nella sua bocca. Alla fine, si lascia vincere dalla spossatezza. Respinge il cibo perché la realtà deve stare fuori, al suo posto, e non tentare di penetrare dentro di lei. Forse possiede un mondo personale più complicato e sottile di quello dei fratelli: un mondo molecolare e microscopico, che guarda col cannocchiale rovesciato: di solito, esso è quasi inconoscibile; ma, a tratti, affiora con piccoli gesti, piccole smorfie, applausi, movimenti improvvisi delle braccia, sorrisi dolorosi. Solo a lei appartiene il mistero.
Non so cosa accadrà nei prossimi anni a questi tre bambini di pochi mesi. Resteranno come sono? Cambieranno? Si trasformeranno? Non so, sopratutto, quale sarà l´ambiente nel quale toccherà loro di vivere: quale la casa, la scuola, gli eventi, le diverse influenze. Tutto premerà su di loro: a loro sarà necessaria un´immensa forza inconscia per resistere e difendersi dalla coltre uniforme della vita, o per trasformarsi restando fedeli a se stessi. Spero che, come diceva Goethe, conserveranno qualcosa della loro «natura originale».