FILIPPO CECCARELLI, la Repubblica 7/9/2010, 7 settembre 2010
QUELLE CENE DEL LUNEDÌ AD ARCORE RITO DI CORTE CON VALZER DI VASSALLI
Un´altra «cena del lunedì»: a villa San Martino, Arcore, per decidere il da farsi con Fini e Napolitano, e ancora una volta sugellare intorno a una tavola imbandita il rapporto per lo più inconfessabile che esiste fra dimore private e alleanze, consuetudini post-cortigiane e rango, cibo e potere.
L´ospite fisso del sovrano è sempre Bossi, gli altri commensali leghisti infatti cambiano: ovviamente gli inviti li decide il Senatùr; e altrettanto mutevoli sono i berlusconiani di volta in volta ammessi all´appuntamento. Stavolta, per dire, non c´è Tremonti. L´assenza è giustificata (riunione Ecofin a Bruxelles), ma la circostanza non passa inosservata. E´ da un po´, anche, che manca Brancher, comprensibilmente. In compenso ha fatto ieri il suo ingresso alla «cena del lunedì» Ignazio La Russa. Gli annali dell´ospitalità del Cavaliere dicono che si tratta del primo banchettante che proviene dal mondo della destra.
Ma non solo per questo si può ritenere che egli sia stato particolarmente lieto della convocazione. Nel corso turbinoso degli anni diverse volte proprio a ‘Gnazio è toccato di dover mostrare fastidio per questi pranzi del lunedì sera, in quanto riservati solo e soltanto ai leghisti. A lungo il problema di An è stato quello del martedi mattina, quando a via della Scrofa si ritrovavano tutte le questioni già decise e impacchettate. Così dapprima (2003) cercò di fare buon viso a cattivo gioco: «Vorrà dire che il martedì sera ci vedremo a casa mia».
Poi un giorno, di fronte al fatto compiuto e annunciato, addirittura, di una manifestazione, Fini ordinò al suo colonnello di protestare vibratamente: «E´ inimmaginabile che si discuta in assenza di An». Al che Berlusconi, cui non manca certo il garbo chiacchierone: «Non c´è problema - lo rassicurò - l´onorevole La Russa sarà senz´altro presente in futuro». Era l´agosto del 2006 e naturalmente le cene seguitarono senza An, ma ieri La Russa finalmente c´era.
Anche quelli dell´Udc, a suo tempo, fecero storie. Nel 2002 Marco Follini richiamò in proposito Orwel e La fattoria degli animali per indicare l´inopportunità di ospiti più uguali di altri alleati e come tali ogni settimana invitati a cena ad Arcore: «La settimana ha sette giorni - disse - non c´è solo il lunedì, ne restano almeno sei da dedicare a una più proficua collegialità magari diurna». Parole al vento - prima che anche Follini, e poi Casini, e quindi pure Fini, si ritrovassero fuori dal Popolo della Libertà.
Quest´ultimo, in effetti, nell´accezione del suo signore e padrone, ha da intendersela soprattutto e specialmente, per non dire esclusivamente, con Bossi. E´ per sostanziare tale inespressa, ma lampante esigenza che nel 2001, quando il centrodestra ritornò al governo, vennero istituzionalizzati i banchetti settimanali di Villa San Martino. Com´è abbastanza ovvio, Berlusconi non può dire che da allora li convoca perché ha una terribile paura che la Lega gli rifaccia lo scherzetto del dicembre 1994. Chi ha tradito una volta, lo può tranquillamente e anche statisticamente rifare. Meglio dunque tenersi buoni il Senatùr e i suoi, e nutrirli come si conviene ad amici molto più amici di tutti gli altri amici.
In questo senso il legame privilegiato, l´»asse del Nord», si colloca tra vuota formula, utile pretesto e segreta opportunità. Durante un congresso della Padania, con la faccia che tutti ormai conoscono, anche se del tutto a prescindere dalla verità delle sue parole, il Cavaliere spiegò che avendo sposato un´attrice fino a quel momento egli aveva considerato il lunedì, quando i teatri sono chiusi, «la sera dell´amore». A questo punto, deliziando la platea con un sospiro ammiccante, soggiunse: «Bene, da ora il lunedì sera lo dedicherò a Umberto». E contrariamente ad altri famosi strappi non si può dire che abbia tradito quella specie di promessa meta-coniugale.
Come succede su una scena pubblica dominata da sentimenti che si fanno politica e viceversa, la cena del lunedì assunse il carattere di un´intima ritualità. Assegnazione dei collegi, ricerca della «quadra» nomine, posti in lista; magari anche prese in giro degli altri alleati di serie B nonché presunta distribuzione di orologetti del Milan, ipotetiche battute sul genere femminile, eventuali barzellette e ipotizzabili cori intorno al pianoforte di villa San Martino - tornata di recente all´onore delle cronache per via della sanguinosa eredità Casati e dell´infausto ruolo dell´avvocato Previti nella cessione al Cavaliere.
Un particolare curioso è che quelle cene sembrano davvero a prova di spifferi: né retroscena, né particolari, nemmeno i più giornalisticamente innocui, sul menu. Prima di mollarlo, Bossi disse che a casa di Berlusconi si mangiava male; ora evidentemente gradisce. Il problema semmai è che sono rimasti loro due soli, a tavola, con i loro vassalli. Non c´è più nessuno che si lamenti dell´esclusione: e questo nelle meccaniche del potere è un problema molto più serio di quanto appaia a prima vista.