Giornali vari, 30 agosto 2010
Anno VII – Trecentotrentasettesima settimana Dal 23 al 30 agosto 2010Berlusconi L’estate sta finendo e si stila il bilancio della gran guerra di Berlusconi a Fini
Anno VII – Trecentotrentasettesima settimana Dal 23 al 30 agosto 2010
Berlusconi L’estate sta finendo e si stila il bilancio della gran guerra di Berlusconi a Fini. L’idea generale è che Berlusconi abbia perso. Martedì 24 agosto il Cavaliere ha ricevuto Bossi a Villa Campari sul Lago Maggiore e qui anche il capo della Lega ha preso atto che la scommessa sulle elezioni, almeno per ora, va abbandonata: la crisi di governo non garantisce il voto perché Napolitano potrebbe cercarsi un’altra maggioranza e un altro presidente del Consiglio; e l’eventuale voto non garantisce una forza maggiore in Parlamento perché al Senato il tandem Pdl-Lega potrebbe non avere la maggioranza. Berlusconi, a sua volta, ha dovuto abbandonare l’idea di imbarcare l’Udc: il capo della Lega, se proprio deve scegliere, preferisce Fini. Il saldo estivo è perciò questo: il Cavaliere, con l’uscita dei finiani, è più debole in Parlamento e non ha speranza di rinforzarsi con un voto. Per converso, Bossi e Tremonti sono diventati pericolosi concorrenti, Fini e i finiani non smettono di dettar condizioni, Casini è rientrato in gioco e persino il Pd dà segni di vita. Naturalmente molte cose possono ancora succedere, ma l’operazione, dal punto di vista del Cavaliere, somiglia allo stato dei fatti a un disastro.
Gli altri Domenica prossima Fini parlerà a Mirabello, in occasione della Festa tricolore, e, con un discorso al Paese, detterà le sue condizioni per un armistizio. Berlusconi avrà a quanto pare da scegliere tra due opzioni: azzerare tutto, riaccogliere i reprobi nel Pdl, ridare la vicepresidenza dei deputati a Bocchino, disdire la convocazione dei probiviri e insomma fare come se nulla fosse successo. Oppure garantire al partito di Fini che, in caso di elezioni, sarà ammesso all’alleanza col centro-destra. Casini ha fatto sapere che non voterà mai il processo breve. Bersani vuole riaggregare intorno al Pd i pezzi sparsi della sinistra, costituendo quindi un Nuovo Ulivo, e stringere poi un’alleanza con i non-berlusconiani di centro-destra (Casini, Fini, Rutelli). Secondo lui prima o poi Berlusconi cadrà, e bisogna prepararsi a varare un governo che cambi la legge elettorale e poi chiami il Paese alle urne. Dice che persino Bossi potrebbe essere tentato da una nuova legge elettorale.
Condizione Il Cavaliere è pronto a star dietro a Bossi e a riaccogliere in qualche modo Fini a quest’unica condizione: nessuno nella maggioranza deve ostacolare l’approvazione, alla Camera, della legge sul “processo breve”, nello stesso testo che è stato già varato al Senato. Questa legge riguarda i processi penali per reati che prevedono condanne inferiori a dieci anni e ne stabilisce l’estinzione se il giudizio di primo grado non è concluso entro tre anni, quello d’appello in due e quello della Cassazione in diciotto mesi. Nel caso dei processi in corso, cioè per reati commessi (eventualmente) prima del maggio 2006, il primo grado del processo è però limitato a due anni. Questo punto della legge mette in salvo Berlusconi dai processi che lo riguardano: sarebbero tutti prescritti. Berlusconi vuole che il processo breve diventi legge prima di dicembre, perché a quella data la Corte potrebbe cancellare la legge sul legittimo impedimento e in questo caso, senza più protezioni, il prossimo marzo il premier potrebbe vedersi condannato nell’ambito del processo Mills. Sarebbe una sentenza di primo grado, quindi non esecutiva. Ma il capo del governo verrebbe bollato, dalla giustizia italiana, come “corruttore”. Difficile restare in sella dopo un giudizio simile.
Processo breve I magistrati contrastano in ogni modo la legge sul processo breve e in particolare la norma retroattiva che, salvando Berlusconi, cancellerebbe di colpo centomila processi. Dicono i giudici: in questo modo si aiuta la criminalità, la giustizia allora non serve a niente, anche organizzativamente sarebbe un caos perché la prescrizione andrebbe notificata a centinaia di migliaia di imputati… Resta che il processo italiano è lunghissimo. Nel civile: 960 giorni per il primo grado e 1509 giorni per l’appello. Nel penale: 426 giorni al primo grado e 730 per l’appello. In Francia la durata media di un processo penale è di quattro mesi. Il processo breve, così come approvato al Senato, ha forti elementi di incostituzionalità, per esempio è incostituzionale il trattamento di favore riservato agli incensurati. Però anche l’attuale situazione non è quella immaginata dai costituenti: l’articolo 111 della nostra Carta, parlando del processo, stabilisce che «la legge ne assicura la ragionevole durata».
Marchionne La Fiat ha permesso ai tre operai licenziati di rientrare il fabbrica, ma senza ammetterli alla linea di montaggio e facendoli accomodare nella saletta sindacale. Ne sono venute polemiche a non finire e un intervento dello stesso Napolitano che ha invitato l’azienda a rispettare le sentenze della magistratura e le parti ad adoperarsi per trovare una soluzione. Il giudice che ha reintegrato i tre operai ha convocato sindacati ed azienda per il 21 settembre, in modo da discutere nel dettaglio il significato della parola “reintegro”. Intanto Marchionne è andato a Rimini, alla Festa di Comunione e Liberazione, e ha detto che «in Italia ci manca la voglia e abbiamo paura di cambiare». Ha poi chiesto un “patto sociale” e la fine della lotta di classe ovvero della logica per cui operai e padroni sono in conflitto permanente. Sul caso specifico di Melfi ha ribadito la tesi del sabotaggio: «La dignità e i diritti non possono essere patrimonio esclusivo di tre persone: sono valori che vanno difesi e riconosciuti a tutti, la responsabilità è anche quella di tutelare la dignità della nostra impresa e il diritto al lavoro di tutti i dipendenti».
Minatori Commozione nel mondo per il video in cui si vedono le facce sbiadite e i lumini sui caschi dei 33 minatori sepolti vivi in Cile, a San José di Copiaco, nel deserto dell’Atacama, uno dei posti più aridi del pianeta. Cercavano oro e rame per conto di Alejandro Bohn e Marcelo Keneny, già messi nei guai nel 2007 per non aver adottato le misure minime di sicurezza. Licenziati i dipendenti sindacalizzati, i due hanno ricominciato con lo stesso sistema di prima: i 33 si trovano adesso laggiù perché non avevano fatto installare una scala d’emergenza, teoricamente obbligatoria (ma anche la burocrazia cilena si lascia serenamente corrompere). I 33 minatori, che sembravano condannati a restar sotto fino a Natale, forse saranno tirati fuori in due mesi grazie al contributo di una seconda trivella che affiancherà la gigantesca perforatrice Strata 950.
Gheddafi Molto chiasso per il ritorno di Gheddafi a Roma, domenica scorsa, col seguito di 30 cavalli berberi, amazzoni in tuta mimetica, la solita tenda beduina, le solite 500 belle ragazze convocate attraverso un’agenzia specializzata e indottrinate sul Corano (tre si sarebbero convertite sul posto). Il rais ha anche passeggiato per il centro, piazza Campo de’ Fiori, piazza Navona dove ha comprato 300 euro di anelli dalle bancarelle arabe, poi Il Passetto dove s’è lasciato servire un’aranciata. Gira voce che voglia conquistare l’Italia, e ha in effetti esortato le 500 dell’agenzia a congiungersi, figliando, con maschi libici. Scandalo ha suscitato la sua idea che l’Islam diventi la religione d’Europa, premessa per l’ingresso della Turchia nella Ue. Il fatto è che la Libia ha partecipazioni importanti in grandi imprese italiane (Eni e Unicredit su tutte) e ci lascia estrarre dai suoi giacimenti 800 mila barili di petrolio al giorno.