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 2010  settembre 05 Domenica calendario

Plon-Plon, il Napoleone che voleva l’Italia unita - Fu il personaggio più vili­peso, incompreso, odiato dei suoi tempi

Plon-Plon, il Napoleone che voleva l’Italia unita - Fu il personaggio più vili­peso, incompreso, odiato dei suoi tempi. Lo definirono avaro, in­concludente, debo­sciato, invidioso, inconcludente e anima nera del Secondo Impe­ro. Poche voci si levarono in sua difesa. Fra queste, quella dello storico Ernest Renan che scrisse alla principessa Matilde Bona­parte che il tempo avrebbe fatto giustizia, dimostrando come l’azione del principe Napoleone fosse stata «profonda e spesso de­cisiva » e che egli sarebbe appar­so ai posteri come «il buon genio dispensatore di buoni consigli» e non certo il responsabile di colpe ed errori che, pure, avevano se­gnato la storia del suo tempo. Una«leggenda nera»accompa­gnò, insomma, la vita e il ricordo postumo di Napoleone Giusep­pe Carlo Bonaparte detto Gerola­mo e più conosciuto con il nomignolo di Plon-Plon. Quest’ultimo appellativo sembra fosse un vezzeggia­tivo usato, fin dal­l’infanzia, al po­sto di Napoléon, ma le voci malevo­le sostenevano che derivasse da un’espressione, « Craint-plomb », che deno­tava mancanza di coraggio, poi corretta in « Plomb-plomb » e infi­ne trascritta, così come si pronun­cia, in Plon-Plon. A tratteggiare un ritratto com­pleta­mente diverso dallo stereoti­po negativo che ha accompagna­to il nome del principe Napoleo­ne ha provato - e con successo ­una studiosa francese, Michèle Battesti, con una splendida bio­grafia dal titolo Plon-Plon. Le Bo­naparte rouge (Perrin, pagg. 624, euro 27) pubblicata sotto gli au­spici della Fondation Napoléon e basata, oltre che sulla letteratu­ra storiografica sul protagonista e sul Secondo Impero, su un’at­tenta consultazione delle carte del principe. Carte, queste, che ­lo si ricorda per inciso- erano sta­te per la prima volta visionate ­quando non erano state riordina­te e facevano ancora parte di un archivio domestico conservato nel castello bonapartesco di Prangins - da uno storico italia­no, Alfredo Comandini, il quale le aveva utilizzate per un libro, Il principe Napoleone nel Risorgi­mento Italiano (Treves, 1922), che ebbe il merito di tratteggiare un ritratto di Plon-Plon, sia pure limitatamente ai suoi rapporti con l’Italia,lontano dalle maligni­t­à e dalle calunnie dei suoi detrat­tori. Scritta con gusto, la biografia di Battesti, studiosa specialista della storiamilitare francese del­l’epoca napoleonica e del Secon­do Impero, è probabilmente l’opera definitiva su questo«per­sonaggio da romanzo» che ha avuto un’importanza non secon­daria anche per la storia del no­stro Paese. Plon-Plon non solo amava l’Ita­lia, vi era anche nato, a Trieste, nel 1822 da Girolamo Bonapar­te, il fratello minore di Napoleo­ne, e dalla principessa Caterina di Württemberg e vi sareb­be morto, a Roma, nel 1891. Anch’egli, co­me il cugino Luigi Bonaparte, il futu­ro Napoleone III, era vissuto nel mi­to dello zio, al qua­le, anzi, somiglia­va­in modo impres­sionante. Il culto del grande Napoleone lo alimentava ergendosi quasi a ideale esecutore testamentario del Memoriale di Sant’Elena .Fat­to, questo, che il suo imperiale cu­gino, autore di un celebre saggio sulle Idee napoleoniche , non riu­sciva proprio a mandar giù. Quando un giorno Luigi Bona­parte gli disse: «Del grande impe­ratore lei non ha nulla», l’altro gli rispose piccato: «Ho la sua fami­glia ». Tuttavia i rapporti fra i due non furono mai particolarmente cattivi, anche se il primo fece una certa fronda al cugino imperato­re e sperò di succedergli dinasti­camente. E, dopo la morte del fi­glio di Napoleone III, divenne di fatto il capo riconosciuto della fa­miglia Bonaparte, il custode uffi­ciale del bonapartismo. Erano stati, i due cugini, parte­cipi del mondo carbonaro e setta­rio della prima metà del secolo ed erano stati compagni di avven­ture galanti. Certo, Plon-Plon era molto più radicale nelle sue idee in campo economico e sociale e ostentava un repubblicanesimo acceso al punto da essere defini­to il « Bonaparte rouge ». Tuttavia Napoleone III ne favorì, in qual­che misura, le ambizioni asse­gnandogli, per esempio, dopo l’elezione a Presidente della Re­pubblica, l’ambasciata di Ma­drid e, divenuto imperatore, cal­deggiandone la nomina a genera­le di divisione dell’esercito fran­cese. E ancora, dulcis in fundo , combinandone il matrimonio con Clotilde di Savoia, la giovanis­sima e devotissima figlia di Vitto­rio Emanuele II, come una delle condizioni per la stipula dell’alle­anza tra Piemonte e Francia. Quando venne informato del­l’idea di sancire l’alleanza politi­ca con un’alleanza dinastica tra i Savoia e i Bonaparte, Vittorio Emanuele II se ne uscì con un commento secco riferito al pre­tendente: «Quello è matto». Non erano soltanto la differenza di età tra Girolamo e Clotilde a preoccu­parlo ( Clotilde aveva 21 anni me­no di Girolamo) o gli altri progetti matrimoniali per la figlia che ve­deva sfumare, quanto la fama di anticlericale, ateo e donnaiolo impenitente che circondava Plon-Plon. E che questi, con i suoi comportamenti, si guarda­va bene dallo smentire. Il «sacrifi­cio » di Clotilde - che, però, una volta conosciuto il pretendente disse alla sua amica contessa di Villamarina di averne apprezza­to «l’aspetto buono», il «molto spirito» e, soprattutto, il «molto tatto» - consentì, dunque, l’alle­anza fra Piemonte e Francia e fu, in un certo senso, la premessa della seconda guerra d’indipen­denza. Alla cui preparazione di­plomatica proprio Plon- Plon, co­me dimostrano tanti documenti, si rivelò davvero, per Vittorio Emanuele II e per Cavour, un alle­ato provvidenziale. Che il princi­pe Napoleone volesse realmen­te, fino al punto da ricevere qual­che «tirata d’orecchio» dal suo imperiale cugino, l’unificazione italiana è fuor di dubbio. E lo si sarebbe visto anche dopo, quan­d­o in più occasioni non esitò a so­stenere pubblicamente i diritti dell’Italia, ricevendo ringrazia­menti da Cavour e dal Re. All’immagine pubblica di Plon-Plon nocquero gli odi dei suoi av­versari politici e le sue stesse in­temperanze amorose che lo por­tarono a collezionare amori e amoretti con attrici famose e cor­tigiane più o meno note, ma sem­pre al centro dei pettegolezzi de­gli ambienti mondani del Secon­do Impero. Odi e intemperanze che ne oscurarono l’intelligenza politica, il sincero amore per le ar­ti e la profonda cultura testimo­niata da rapporti di frequentazio­ne e di profonda amicizia con gli intellettuali più significativi del tempo, da Proudhon a Flaubert, da Renan a Taine, da George Sand ad Alexander Dumas. La biografia di Michèle Battesti ha certamente una forte carica empatica nei confronti di Plon-Plon e, unica fra le non molte de­­dicategli, si sofferma sulla sua for­mazione intellettuale, i gusti arti­stici, i contatti con l’effervescente mondo intellettuale del Secondo Impero e dell’albeggiante Belle Epoque. Ma, soprattutto, mostra come - attraverso conversazioni private, discorsi, articoli e una non troppo dissimulata fronda -Plon-Plon abbia svolto un ruolo politico importante prendendo parte ai dibattiti politici del tem­po sulla democrazia, sul suffra­gio universale, sulle libertà, sulla laicità, sulle condizioni degli ope­rai, sull’insegnamento gratuito e obbligatorio e via dicendo. Uo­mo ricco di contraddizioni, fu un autentico individualista, progres­sista e illuminista certo, nemico di quella che definiva l’«ipocrisia borghese»,ma al tempo stesso ri­spettoso dei valori e delle istitu­zioni che i suoi concittadini, bor­ghesi compresi, consideravano sacri, dalla famiglia alla religio­ne, dall’esercito ai costumi anti­chi. Che, poi, i comportamenti privati del «Bonaparte rosso» ri­sultassero spesso in contraddi­zione con questi principi, è altro discorso. Che non mette, però, in discussione la statura di questo enfant terrible del Secondo Impe­ro.