Roberto Fabbri, il Giornale 5/9/2010, pagina 10, 5 settembre 2010
Quei miliardari cinesi che snobbano Gates per non scucire dollari - Ricchissimi, spesso nati poveri e quindi perfetti replicanti dell’icona americana del self-made-man, ormai ben introdotti nell’esclusivo club mondiale dei tycoons , i veri supermiliardari
Quei miliardari cinesi che snobbano Gates per non scucire dollari - Ricchissimi, spesso nati poveri e quindi perfetti replicanti dell’icona americana del self-made-man, ormai ben introdotti nell’esclusivo club mondiale dei tycoons , i veri supermiliardari. I paperoni cinesi hanno ormai tutto per essere parte di quel mondo che Mao esecrava e che il suo successore degli anni Ottanta Deng cominciò invece a indicare come un obiettivo anche per i sudditi della Repubblica Popolare; gli manca solo un dettaglio, molto americano e recentemente rilanciato in grande stile dalla coppia Bill Gates-Warren Buffett: la filantropia, esercitata naturalmente a colpi di assegni a sei zeri. Da quell’orecchio i miliardari cinesi sembrano sentirci ancora poco. Se n’è accorto in questi giorni Ray Yip, direttore del programma cinese della Fondazione Bill and Melissa Gates, che si è impegnato a organizzazione in questo settembre una cena che facesse incontrare la coppia Gates-Buffett con i principali tycoons cinesi. Scopo della serata, ha spiegato Yip secondo quanto riporta il Financial Times , non sarebbe una brutale richiesta di quattrini per nobili finalità ai ricconi con gli occhi a mandorla, bensì un loro avvicinamento all’ideale della filantropia. Ideale che a partire dallo scorso giugno la celebre coppia di businessmen miliardari ha rilanciato con una campagna molto diretta che chiede agli straricchi d’America di uscire allo scoperto donando importanti fette dei loro patrimoni per cause degne. Se fin qui l’iniziativa di Gates e Buffett ha incontrato notevole successo negli Stati Uniti, la risposta ottenuta in Cina non è stata quella che ci si attendeva. «Un piccolo numero di persone ha respinto l’invito - ha detto Yip - , mentre molti degli invitati ci hanno chiamato per sapere se durante la cena gli sarebbe stato chiesto di fare una donazione». Secondo l’incaricato di Gates e Buffett, la principale preoccupazione dei paperoni cinesi non sarebbe tanto quella di dover mettere mano al portafogli, bensì di ritrovarsi pubblicamente in situazioni imbarazzanti. C’è però anche un altro punto: la Cina è troppo diversa dall’America. A Pechino comanda tuttora il partito comunista ed è considerato del tutto naturale che il principale attore di qualsiasi iniziativa di solidarietà sia l’onnipotente Stato. Per questo i ricchi cinesi sono scettici rispetto alle vere finalità delle donazioni filantropiche: sanno che gli uomini d’affari le usano per comprarsi influenza e attenzione. In compenso lo fanno quasi tutti e non è detto che, una volta superate le ambiguità, Gates e Buffett debbano restare delusi. Ma chi sono i super ricchi cinesi che hanno ricevuto l’invito? In Cina esiste una sorta di elenco ufficiale (lo Hurun Report) dei milionari che ne include centinaia di migliaia. C’è poi una lista “scremata” che ne seleziona solo un migliaio. Molti meno sono coloro che finiscono, spesso malvolentieri, nelle famose classifiche mondiali compilate dalla rivista Forbes . I nomi scelti per questa occasione vengono fatti con molta cautela dallo stesso Financial Times . Uno è Wang Chuanfu, 44enne uomo più ricco della Cina: figlio di contadini poveri rimasto presto orfano, ex ricercatore laureato in chimica, è diventato imprenditore negli anni Novanta fondando la BYD, che oggi è tra l’altro la più grande impresa produttrice di batterie per telefoni cellulari del mondo: lo stesso Buffett ha comprato una quota rilevante delle azioni della sua azienda. Un’altra è una self-made-woman : Zhang Xin, 45enne protagonista del settore immobiliare cinese. Oggi è ricchissima, ma non dimentica il suo passato di giovane operaia nel grigio mondo di Mao e la sua fuga in Inghilterra attraverso Hong Kong quando aveva vent’anni. A Londra studiò e imparò abbastanza per tornare a Pechino nel 1994 e sfondare nel business. «Non faccio cene d’affari e non viaggio in prima classe - racconta di sé - . Trovarmi nella lista dei super-ricchi di Forbes mi mette a disagio. E credo che lo stesso valga per molti che hanno percorso la mia stessa strada».