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 2010  settembre 05 Domenica calendario

Quei miliardari cinesi che snobbano Gates per non scucire dollari - Ricchissimi, spesso nati poveri e quindi perfetti repli­canti dell’icona americana del self-made-man, ormai ben in­­trodotti nell’esclusivo club mondiale dei tycoons , i veri su­permiliardari

Quei miliardari cinesi che snobbano Gates per non scucire dollari - Ricchissimi, spesso nati poveri e quindi perfetti repli­canti dell’icona americana del self-made-man, ormai ben in­­trodotti nell’esclusivo club mondiale dei tycoons , i veri su­permiliardari. I paperoni cine­si hanno ormai tutto per esse­re parte di quel mondo che Mao esecrava e che il suo suc­cessore degli anni Ottanta Deng cominciò invece a indi­care come un obiettivo anche per i sudditi della Repubblica Popolare; gli manca solo un dettaglio, molto americano e recentemente rilanciato in grande stile dalla coppia Bill Gates-Warren Buffett: la filan­tropia, esercitata naturalmen­te a colpi di assegni a sei zeri. Da quell’orecchio i miliarda­ri cinesi sembrano sentirci an­cora poco. Se n’è accorto in questi giorni Ray Yip, direttore del programma cinese della Fondazione Bill and Melissa Gates, che si è impegnato a or­ganizzazione in questo settem­bre una cena che facesse in­contrare la coppia Gates-Buf­fett con i principali tycoons ci­nesi. Scopo della serata, ha spiegato Yip secondo quanto riporta il Financial Times , non sarebbe una brutale richiesta di quattrini per nobili finalità ai ricconi con gli occhi a man­dorla, bensì un loro avvicina­mento all’ideale della filantro­pia. Ideale che a partire dallo scorso giugno la celebre cop­pia di businessmen miliardari ha rilanciato con una campa­gna molto diretta che chiede agli straricchi d’America di uscire allo scoperto donando importanti fette dei loro patri­moni per cause degne. Se fin qui l’iniziativa di Gates e Buffett ha incontrato notevo­le successo negli Stati Uniti, la risposta ottenuta in Cina non è stata quella che ci si attende­va. «Un piccolo numero di per­sone ha respinto l’invito - ha detto Yip - , mentre molti degli invitati ci hanno chiamato per sapere se durante la cena gli sa­rebbe stato chiesto di fare una donazione». Secondo l’incari­cato di Gates e Buffett, la princi­pale preoccupazione dei pape­roni cinesi non sarebbe tanto quella di dover mettere mano al portafogli, bensì di ritrovar­si pubblicamente in situazioni imbarazzanti. C’è però anche un altro pun­to: la Cina è troppo diversa dal­l’America. A Pechino coman­da tuttora il partito comunista ed è considerato del tutto natu­rale che il principale attore di qualsiasi iniziativa di solidarie­tà sia l’onnipotente Stato. Per questo i ricchi cinesi sono scet­tici rispetto alle vere finalità delle donazioni filantropiche: sanno che gli uomini d’affari le usano per comprarsi in­fluenza e attenzione. In com­penso lo fanno quasi tutti e non è detto che, una volta supe­rate le ambiguità, Gates e Buf­fett debbano restare delusi. Ma chi sono i super ricchi ci­nesi che hanno ricevuto l’invi­to? In Cina esiste una sorta di elenco ufficiale (lo Hurun Re­port) dei milionari che ne in­clude centinaia di migliaia. C’è poi una lista “scremata” che ne seleziona solo un mi­gliaio. Molti meno sono coloro che finiscono, spesso malvo­­lentieri, nelle famose classifi­che mondiali compilate dalla rivista Forbes . I nomi scelti per questa occasione vengono fat­ti con molta cautela dallo stes­so Financial Times . Uno è Wang Chuanfu, 44enne uomo più ricco della Cina: figlio di contadini poveri rimasto pre­sto orfano, ex ricercatore laure­ato in chimica, è diventato im­prenditore negli anni Novanta fondando la BYD, che oggi è tra l’altro la più grande impre­sa produttrice di batterie per telefoni cellulari del mondo: lo stesso Buffett ha comprato una quota rilevante delle azio­ni della sua azienda. Un’altra è una self-made-woman : Zhang Xin, 45enne protagonista del settore immobiliare cinese. Oggi è ricchissima, ma non di­m­entica il suo passato di giova­ne operaia nel grigio mondo di Mao e la sua fuga in Inghilterra attraverso Hong Kong quando aveva vent’anni. A Londra stu­diò e imparò abbastanza per tornare a Pechino nel 1994 e sfondare nel business. «Non faccio cene d’affari e non viag­gio in prima classe - racconta di sé - . Trovarmi nella lista dei super-ricchi di Forbes mi met­te a disagio. E credo che lo stes­so valga per molti che hanno percorso la mia stessa strada».