Massimo Gramellini e Carlo Fruttero, La Stampa 5/9/2010, pagina 80, 5 settembre 2010
STORIA D’ITALIA IN 150 DATE
27 ottobre 1962
Petrolio!
L’arte della dietrologia è romanzesca e ci fa intuire come vivessero gli antichi, per i quali ogni minimo evento - una vespa che faceva tre giri intorno a un otre, un cane che scivolava in una pozzanghera - era un segnale che nascondeva qualche altra verità. La storia italiana appare talvolta noiosa, intessuta com’è di misteri. Ogni due, cinque, sette anni, riemergono le stesse domande, le stesse risposte insoddisfacenti, fino al prossimo ripescaggio. E tuttavia l’intera vita di Enrico Mattei è romanzesca. Nato nel 1906 ad Acqualagna, figlio di un carabiniere, studente mediocre, buon piazzista, piccolo imprenditore, si rivela uno straordinario manovratore di uomini. È fascista come tanti, ma il suo credo politico è e resterà democristiano. Sono gli anni in cui si formano le amicizie di una vita e gli amici di Mattei si chiamano La Pira, Dossetti e altri futuri esponenti dell’etica sociale democristiana. Mattei entra nella resistenza, si procura finanziamenti, viene arrestato a Milano ma evade, riprende il suo posto e, alla Liberazione, è uomo di spicco del Cln. Lo incaricano di liquidare un carrozzone fascista, l’Agip, che doveva cercare il petrolio e non l’ha mai trovato.
Mattei esamina i libri e scopre che però è stato trovato qua e là del metano. Comincia una guerra, tipicamente nazionale, di rinvii, dilazioni, ingiunzioni disattese, decreti dimenticati in un cassetto, falsi in bilancio. Del tutto indifferente al lucro personale, proprio questo gli dà spregiudicatezza nel gestire la sua azienda, continuando surrettiziamente a cercare, e alla fine ha il suo colpo di fortuna: a Cortemaggiore un getto di petrolio schizza dal sottosuolo. È solo una piccola bolla, ma Mattei ne fa un evento strepitoso. Da tutto il mondo cominciano a piovere richieste di concessioni in Val Padana, però l’uomo del petrolio italiano riesce a bloccare con una legge le compagnie petrolifere straniere, da lui definite «le sette sorelle». Inventa il logo del cane a sei zampe, costruisce di notte, abusivamente, chilometri di metanodotto, avvia una sua personale politica estera con i Paesi del Nord Africa che il petrolio ce l’hanno davvero. Fonda con successo il quotidiano «Il Giorno», manipola ministri, giornalisti, politici, servizi più o meno segreti. È ormai una potenza, ammirato, temuto, odiato e quando il suo aereo, in una notte tempestosa, di ritorno da un viaggio in Sicilia precipita vicino a Pavia, tutti pensano a un attentato. Ma non ci sono prove e il caso viene archiviato come incidente. Solo nel 1997, con nuovi mezzi di indagine, la vicenda si riapre e la sentenza finale è omicidio. Ma a opera di chi? Per ordine di chi? A vantaggio di chi? Talmente tanti avrebbe avuto interesse a toglierlo di mezzo che il suo è uno degli infiniti casi buoni per interminabili dietrologie.