RAFFAELLA SILIPO, La Stampa 5/9/2010, pagina 27, 5 settembre 2010
“Il mio Mike, strano profeta che ho condiviso con l’Italia” - Come uno strano profeta/ eri tu con le tue trovate geniali/ che parlavi di un grande avvenire/ di cui non sappiamo più nulla»
“Il mio Mike, strano profeta che ho condiviso con l’Italia” - Come uno strano profeta/ eri tu con le tue trovate geniali/ che parlavi di un grande avvenire/ di cui non sappiamo più nulla». E’ la poesia che Alda Merini scrisse di getto, all’indomani della scomparsa di Mike Bongiorno, a dare il titolo all’anomala biografia scritta dalla moglie Daniela Zuccoli («Come uno strano profeta», ed. San Raffaele), in libreria l’8 settembre nell’esatto anniversario della morte. Non una narrazione tradizionale ma una sorta di coro: alle voci e ai ricordi di Daniela e dei figli Michele, Niccolò e Leonardo, si alterna un collage di testi - lettere, articoli, telegrammi - che vengono dalla ben più ampia «famiglia Italia», che lui riuniva davanti alla tv e che, nel giorno della morte, si è stretta a lui. Le due famiglie L’Italia amava Mike e Mike amava l’Italia. «Con il Giromike - dice la moglie - ha fatto serate per quarant’anni al punto che conosceva l’Italia palmo a palmo. Faceva ridere perché se gli si chiedeva, chessò “cosa c’è a Vibo Valentia in quella strada?” lui rispondeva “Giri a destra, a sinistra incontri un distributore...” Per lui era come ritrovare persone di famiglia». «Aveva ragione lui - dice Leonardo - Perche l’altra famiglia gli voleva bene quanto noi. Lo diceva spesso: “Hai visto Daniela quanto mi vogliono bene eh? Tu dici così e invece..” Lo usava come quando si litiga tra fratelli, uno va dall’amico e torna confortato “Vedi? Dice che ho ragione io”». L’amore con Daniela Lo «strano profeta» incontra l’amore in modo strano. «Era l’estate del 1971 - scrive Daniela - avevo 21 anni, leggevo il “manifesto”, vestivo hippy e giravo per l’Italia su una due cavalli con i miei amici... Lui aveva 46 anni e aveva messo a segno lo straordinario successo del “Rischiatutto”, aveva avuto due mogli e un’infinità di donne... Quell’estate mi chiese di raggiungerlo a Vulcano. Arrivai con due hippy tedeschi e a lui venne un colpo. Rimase a bordo del suo yacht e mandò a prendermi con il gommone un suo amico, allora direttore della “Gazzetta dello sport”, fascistissimo; questo bel tipo senza tanti complimenti prese i giornali che avevo sottobraccio e li buttò in mare. Volevo tornare indietro, poi mi bastò vedere Mike, con quei suoi occhi azzurri come fanali, perché mi passasse tutto». Il re dei sottaceti «Mike è nato facendo pubblicità - scrive Daniela - con le radio americane, e gli riusciva molto bene. Perlui la pubblicità era sacra, era il suo mestiere, il suo impegno e il suo dovere e la faceva con rispetto... avevamo sempre la casa invasa da scatolette di sottaceti e da prosciutti perché voleva assaggiare tutto, voleva essere convinto di quel che reclamizzava. Quando ha finalmente potuto fare la tv commerciale in Italia, mettendo a frutto il suo know how, ne è stato felicissimo». «Non vedeva la pubblicità come una cosa di second’ordine - dice Niccolò - era anche quello un modo di comunicare... Non era un teorico della tv: lui la sentiva, la faceva, senza distinzioni tra alto e basso». L’egoista e Umberto Eco «Mio padre è stato fondamentalmente una persona “egoista” - scrive Michele - nella sua accezione positiva: ha sempre pensato più a sé che agli altri e ha fatto bene; non si è fatto distogliere dai suoi obiettivi, ha sempre fatto quello che ha voluto, senza preoccuparsi troppo delle critiche né lasciare che il successo lo cambiasse». Non lo turbò neanche la severa «Fenomenologia» che Umberto Eco gli dedicò nel 1963, indicandolo come l’apoteosi della mediocrità. «Si faceva toccare molto poco dai commenti - dice Daniela - perché era consapevole di sé, aveva un egocentrismo sano, candido, che lo metteva al riparo dai dubbi». Mediaset L’unica cosa che lo ha fatto molto soffrire è stato, nell’ultimo anno di vita, il divorzio da Mediaset. «Ma non era rancore - spiega la moglie - era dolore. Anche lì c’era in gioco il senso della famiglia, perché Mediaset, da un punto di vista lavorativo, era la sua famiglia, quella in cui si riconosceva, quella di cui parlava dicendo “noi”. Era qualcosa che aveva contribuito a creare e non poteva capacitarsi di essere stato messo fuori in quel modo, diceva “al ferroviere che va in pensione dopo cinquant’anni gli danno una targa, e per me non hanno fatto neanche una cena”... Non era questione di contratti, ma di amicizia ferita». La fondazione Un anno dopo la morte di Mike, nasce la Fondazione di beneficenza che porta il suo nome, con vari intenti ma sopratutto quello di sostenere la medicina e la ricerca scientifica, nello specifico la cura delle malattie oncologiche pediatriche con la Fondazione San Raffaele. Alla presentazione, a Milano martedì, ci sarà il gotha televisivo al gran completo, Tom Mockridge per Sky, Fedele Confalonieri per Mediaset e Paolo Garimberti per la Rai. L’ambizione più grande, spiega Daniela, «è, in un futuro prossimo, organizzare una maratona tv tra Rai, Mediaset e Sky, per la raccolta di fondi». Mike, d’altronde, avrebbe voluto vedere tutte le sue famiglie riunite, almeno una volta.