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 2010  settembre 05 Domenica calendario

Troppe catastrofi naturali assicurazioni al collasso (3 articoli) - Declasssato a tempesta tropicale e passato senza troppi danni sulla Carolina del Nord, l’uragano Earl, atteso con angoscia come l’ennesimo segno malefico di un 2010 da dimenticare, è diventato il simbolo della speranza nel palazzo di acciaio dei Lloyd’s di Londra, dove nella prima metà dell’anno le catastrofi naturali hanno prodotto una perdita di 22 miliardi di dollari sull’incostante mondo delle assicurazioni, più del doppio di quello che accadde nel 2009, mettendo così a rischio il futuro di decine di compagnie minori

Troppe catastrofi naturali assicurazioni al collasso (3 articoli) - Declasssato a tempesta tropicale e passato senza troppi danni sulla Carolina del Nord, l’uragano Earl, atteso con angoscia come l’ennesimo segno malefico di un 2010 da dimenticare, è diventato il simbolo della speranza nel palazzo di acciaio dei Lloyd’s di Londra, dove nella prima metà dell’anno le catastrofi naturali hanno prodotto una perdita di 22 miliardi di dollari sull’incostante mondo delle assicurazioni, più del doppio di quello che accadde nel 2009, mettendo così a rischio il futuro di decine di compagnie minori. Stephen Catlin, direttore esecutivo del colosso Catlin Group, dondolando il sedere come se fosse una nave, avvisa corrucciato: «Il mercato è forte, ma per i piccoli operatori sarà più difficile sopravvivere. Non perché non abbiano le qualità, ma perché il costo del nostro business cresce a dismisura». Complicato fare a spallate con la natura, anche per un mondo abituato a muoversi attraverso una miriade di polizze personalizzate e non convenzionali. «Il consiglio è per tutti lo stesso: diversificare». A complicare il quadro intervengono le previsione del servizio meteorologico americano che prevedono per i prossimi mesi un numero record di perturbazioni devastanti sulle coste atlantiche. Ma, se il futuro spaventa, è il passato recente ad avere prodotto danni inaspettati. La Swiss Re ha calcolato che il 27 febbraio il terremoto al largo della costa del Maule, in Cile, che è costato la vita a 521 persone e ha spostato l’asse terrestre di 2,7 millesecondi, ha prodotto perdite per le assicurazioni pari a 7 miliardi di dollari e il giorno successivo l’uragano Xinthya, scatenatosi tra il Portogallo, la Spagna, la Francia e la Germania ha scavato un altro buco da 3 miliardi. «E’ vero, paghiamo un prezzo alto, ma la richiesta di assicurazioni è destinata a salire e a consolidare il mercato», commenta cinico Michiel Bakker, responsabile dell’European Capital Market. In sostanza i premi aumentano, il valore delle azioni cala, ma il giro d’affari dei giganti tiene e spesso cresce. Gli assicuratori della City lo hanno ribattezzato «Effetto Deepwater». «Dopo la catastrofe nel Golfo del Messico la corsa alle polizze ha avuto un’impennata straordinaria, anche se le compagnie più grosse ora pagano premi decisamente più bassi». Il banco non perde mai, gli azionisti di minoranza spesso. Il moltiplicarsi delle catastrofi naturali ha spinto i Lloyd’s ad accelerare anche il cambiamento tecnologico. Questo mese 30 sindacati proveranno a rimpiazzare gli infiniti papiri uitilizzati per chiudere gli affari con un più maneggevole e unico strumento: l’iPad. Una rivoluzione annunciata da Sue Langley, direttore delle operazioni del mercato. «L’iPad sostituirà la carta, ma non le trattative, che metteranno come sempre di fronte i broker e le compagnie di assicurazioni. Il faccia a faccia è nel nostro Dna». Perché, raccontava John Davison Rockfeller, «solo gli occhi di un uomo sono in grado di dirti quanto ha voglia di farsi spremere». A.Mal. *** Gambe, glutei, voce E adesso i divi tutelano la propria reputazione - Chissà quali santi hanno ringraziato gli assicuratori quando hanno saputo che Angelina Jolie, ferita proprio in mezzo agli occhi durante la lavorazione di «Salt» a Long Island, stava bene. Il suo fotografatissimo corpo vale quanto una catena di alberghi (13 milioni di dollari soltanto la bocca, sostengono i broker) e, in caso di incidente, l’indennizzo può mandare in rovina una produzione. Se un tempo la polizza-gambe era una stranezza da diva ( Greta Garbo è stata una delle prime), è ormai usuale, anche tra scapestrate rockstar, assicurare i «pezzi» più pregiati, il seno, il naso, le labbra. E riscuotere, nel caso. Certo, gli occhi viola di Liz Taylor, le gambe di Marilyn, la voce di Bruce Springsteen, il torace di Richard Gere, sono un po’ come le Ferrari del film «Italians»: patrimonio dell’umanità. Ma anche strumenti di lavoro nel cantiere del corpo. La previdente Maria Callas, nata povera, aveva assicurato per 30 milioni di lire (l’euro era ancora lontano) i suoi prodigiosi acuti. E oggi è Bruce Springsteen a preoccuparsi delle corde vocali per la modica cifra di cinque milioni. Se certe assicurazioni somigliano più a operazioni di marketing (il sedere di Jennifer Lopez a 750 milioni di euro, il seno di Monica Bellucci - sarà vero?- a 6 milioni, quanto i denti della «cozza» Ugly Betty, America Ferrera) altre sono una seria precauzione, per quanto stupefacente. Succede alle top model, dalla carriera imprevedibile. Così la bionda Claudia Schiffer si è pagata una polizza da 25 milioni di euro con rate da 23 mila all’anno e l’esagerata Naomi Campbell ha fissato il suo valore total body (naso-seno-gambe-glutei) a due milioni e mezzo ( la nostra Valeria Marini si ferma a uno) mentre Heidi Klum ha pensato alle gambe, 1 milione e 120 mila euro e, per la precisione, una è meno pregiata dell’altra, causa una cicatrice. Ancora gambe, a un milione di dollari al paio: Rihanna e Mariah Carey, segno che contano anche più della voce. Parlando di calciatori, il patrimonio da assicurare è più che ovvio. Zidane si è preoccupato dei piedi, altri si sono concentrati, appunto, sulle gambe, come Roberto Baggio (sei miliardi di vecchie lire) e Cristiano Ronaldo. David Beckham ha preteso la formula top model: ogni centimetro è assicurato, per 150 milioni. Ma, purché la compagnia sia disposta, non c’è limite alle porzioni da proteggere . L’ex Rolling Stone Keith Richard ha particolarmente a cuore il dito medio della mano sinistra, il pilota Fernando Alonso i pollici (10 milioni di euro, però la polizza è complessiva) e il famoso (non per noi) giocatore di cricket Merv Hughes i suoi baffi. Valgono un contratto da 370 mila a dollari, perché, sostiene, hanno reso simpatica la sua immagine nel mondo. Tutto può avere una quotazione: Il seno rifatto che esplode in aereo (Carmen Di Pietro), le papille gustative di Gennaro Pelliccia, leggendario assaggiatore di caffè (11 milioni di sterline ), il naso di Laura Tonatto, splendida creatrice di profumi (un milione di euro), la verginità di Brooke Shields. Ma la nuova frontiera supera i limiti del corpo. Dopo lo scandalo del golfista Tiger Woods, le compagnie studiano una formula per assicurare gli sponsor dal rischio-immagine dei propri testimonial (caso Kate Moss-cocaina). Secondo il «Financial Times», la DeWitt Stern, società Usa di lunga tradizione, ha sviluppato una polizza che comprende il «rischio reputazionale». Altro che gambe, nasi e pollici. Tra un po’, dal corpo, passiamo all’anima. ROSELINA SALEMI *** Corsa al tempio dei Lloyd’s “Qui si paga sempre cash” - Metropolitana, fermata di Bank, all’improvviso il mondo cambia come in un gioco di prestigio. Niente più sandali, pettinatura rasta, zaini, tatuaggi, fiato pesante e sudore che corrono nelle carrozze sotto terra, ma un nuovo orizzonte pulito, elegante, in qualche modo spaventoso. Entra in scena una umanità privilegiata appena uscita dalle sartorie, dai ristoranti stellati e soprattutto dalle banche. Finanzieri, milionari, uomini d’affari, squali planati dai marmi di Chelsea e di South Kensington. Benvenuti a Lime Street, tempio pagano della City, marciapiede che regge i tredici piani di vetro, acciaio e ascensori esterne del palazzo delle assicurazioni Llloyd’s, dove dalle navi ai gioielli, dai fianchi delle modelle alle papille gustative dei cuochi, ogni singolo oggetto organico e inorganico del pianeta viene assicurato e riassicurato contro gli infiniti rischi che questa inaffidabile società produce. Ma se fuori c’è il problema, in questo formicaio extralusso c’è la soluzione. Migliaia di persone con cartelline marroni sotto il braccio e in testa una sola ossessione: ottenere l’assicurazione più alta al prezzo più basso. La chiave per entrare è una ragazza torinese poco più che trentenne. Si chiama Aqua Sanfelice, ha occhi di un azzurro limpido, i capelli biondi legati a coda con un elastico e una casa dalle parti di Notting Hill. E’ bilingue, incinta di sette mesi e fa la broker da undici anni. «E’ un mestiere che esiste solo qui». Non sa se è esattamente quello che voleva fare, ma le è capitato e soprattutto funziona. Sostanzialmente è una professionista che media tra una persona, un negozio o un’azienda e i sindacati che assicurano i rischi. I broker sono l’ago della bilancia. «Se sei bravo trovi l’equilibro giusto». Se sbagli? «Ti insultano. Ma solo gli italiani. Gli stranieri no. Io mi occupo di quadri e gioielli e sul lavoro non perdo mai la calma». Never complain, never explain. E’ la formula matematica della felicità dell’Europa del Nord. «A Londra saremo in dieci a fare il mio mestiere». L’impatto col palazzo dei Lloyd’s è vertiginoso. E’ l’idea del denaro che gira lì in mezzo, non fisicamente, dentro le carte (almeno finché non arriverà l’Ipad), che mette soggezione. Quanti miliardi passano tra questi polsini con i gemelli dorati e questi gessati grigi, in questi stanzoni dove viene l’istinto di camminare in punta di piedi respirando dentro la bocca cone se davvero ci fosse una divinità incombente e inevitabile? Tre piani per fare affari, lunghi e larghi come campi da calcio con la moquette, legati da scale mobili da grandi magazzini e isole di sei computer ciascuna che ospitano gli operatori degli 84 sindacati autorizzati a operare in questa «underwriting room» rubata al cinema, forse a «Blade Runner», forse a «Brazil». Nell’atrio centrale sono sistemati una campana - che suona quando il pianeta va in crisi, come successe ad esempio l’11 settembre 2001 - e due libroni pesanti, sempre aperti. Quello di sinistra non lo si può toccare. E’ del 1910. L’altro viene aggiornato ogni 24 ore. Segnalano le navi che affondano nel mondo. E’ la tradizione. La compagnia era nata per quello 300 anni fa, assicurare i vascelli. Signori molto ricchi si trovavano nel caffé di Edward Llloyd e discutevano per ore. «Se mi attaccano i pirati chi lo ripaga il carico?». «In cambio di una piccola cifra lo faccio io». Stretta di mano, birra, viaggio. Il criterio di fondo non è cambiato. «Fino a dieci anni fa gli accordi si firmavano un po’ dappertutto, andava bene anche un foglio di carta igenica rubato in bagno. Ci si fidava. Oggi si riempiono i moduli, alcuni anche molto complessi e il sistema va avanti senza scossoni», spiega Aqua, che lo scorso anno tra questi banchi ha chiuso un affare favoloso. Un gioielliere con negozi sparsi per l’Europa aveva bisogno di assicurare oggetti per 140 milioni di euro. Lei strappò una polizza completa da quattrocentomila euro. «Poi in uno dei negozi i ladri hanno portato via una collana da oltre un milione di euro. La nuova polizza è costata tre volte tanto». Ma perchè tutti corrono a Lime Street? «Semplice, qui sono bravi. Soprattutto pagano subito. Niente discussioni, niente attese. Cash e amici come prima». Schiacciata tra il palazzo della Swiss Re Gherkin Tower e l’acciaio del mostro immaginato da Sir Richard Roger è rimasta una chiesa gotica del 1200. Un fungo in mezzo alla distesa gelata del denaro. Si chiama Saint Andrew e si entra solo per appuntamento, come fa l’uomo calvo con la valigetta marrone e la cravatta di Valentino. Si suona il campanello e ci si siede davanti a un signore in borghese col viso mite e una barba chassidica che dà lezioni di Bibbia. Uno davanti all’altro, con il buono, quello con la barba, che come a teatro legge la parte dell’Altissimo in uno strano tentativo di trovare il compromesso inesistente tra Dio e Mammona. ANDREA MALAGUTI