VERA SCHIAVAZZI, la Repubblica 5/9/2010, 5 settembre 2010
USATI ED ECOLOGICI LA SECONDA VITA DEGLI ABITI SENZA ETÀ - C´è
la signora che confida alle amiche di blog di non perdersi più un banco parrocchiale da quando ha ripescato in fondo a uno scatolone un magnifico cappottino, la ragazza con gli occhi smokye all´ultima moda che si vanta di non portare mai addosso più di 30 euro tra abiti e scarpe, il manager col vezzo delle toppe che rinnovano la giacca autunnale. Ora i militanti dell´abito usato, o meglio ancora riciclato, hanno trovato un padrino blasonato in Carlo d´Inghilterra, che ha confessato su Vogue la sua passione per gli abiti vecchi di decenni che lui continua a indossare (conservando, per altro, la sua posizione in cima alla classifica degli uomini più eleganti del pianeta).
Si ricicla per risparmiare, per divertirsi, per ribellarsi all´usa-e-getta e al just in time che, anche nella moda, riempiono armadi e cassetti di tessuti sintetici, colori improbabili, fogge bizzarre destinate a diventare inguardabili nel giro di poche settimane. Ma, anche, per inquinare di meno: ogni anno in Italia si "consumano" 15 chili di materiale tessile a testa tra vestiti e arredamento, e quel che non si usa fino in fondo finisce in discariche e inceneritori. È per tutte queste ragioni che l´usato è cresciuto in Italia del 34 per cento in quattro anni (secondo un´analisi della Camera di Commercio di Milano), mentre abiti e accessori si sono piazzati al secondo posto dopo i vecchi mobili tra gli oggetti che le persone sono disposte a comprare di seconda mano.
Non solo mercatini, ma anche dress-crossing (i gruppi di acquisto tra amiche nati in Inghilterra e ora diffusi anche in Italia, che vedono ragazze amanti del fashion scambiarsi secondo turni precisi borsette e capi griffati), swap party, cioè feste organizzate apposta per barattare l´abito usato, piccole sartorie etniche o in franchising disposte a rivoltare come un tempo il cappotto ancora buono, a rammendare, a smontare e rimontare la gonna dell´anno scorso perché sembri nuova e diversa. O semplicemente riparare gli abiti lisi. Roma, Milano e Napoli guidano la classifica: i vecchi negozi dell´usato, americano soprattutto, non hanno mai chiuso, ma - nel frattempo - sono stati affiancati da nuovi marchi vintage, da siti e associazioni di scambio.
Le prime a sdoganare un´abitudine che pochi anni fa era sinonimo di miseria sono state le neomamme: perché spendere fino a mille euro per un anno di corredino quando basta entrare in un negozio di seconda mano per portare a casa con un quarto del denaro tutto ciò che serve? Poi è arrivato il "vintage di ricerca", quello che assembla vecchi tessuti di qualità o riproduce in chiave nostrana modelli etnici, come Elizabeth The First: taglie uniche e capi transeasonal, cioè indossabili tutto l´anno o quasi, realizzati con tecniche antiche come l´ikat e "imitati" ormai da grandi stilisti come Dries van Noten che mandano in passerella intere collezioni dall´aria "vissuta".
E nelle città si moltiplica il franchising delle piccole sartorie, da Xo´ a Orlo Express, da MrCucito a Cucioestiro, pronte sei giorni su sette a riparare per non buttare ma anche a riadattare le misure di un capo comprato al mercatino o "ereditato" da un´amica. Allungare un orlo costa 5 euro, rifare un cappotto può arrivare a 30, copiare su uno scampolo il modello visto su un giornale fino a 50, mentre il completo da uomo non supera i 160 euro, stoffa inclusa (e il servizio è ormai riproposto anche da sarti cinesi e coreani che copiano foto e modelli portati da casa). Affidato a una tintoria e sterilizzato a vapore (le signore appassionate sanno che occorre sempre mettere in conto questo servizio, tra i 10 e i 20 euro dopo l´acquisto di seconda mano), stirato con l´appretto, l´abito usato da sconosciuti torna come nuovo e può essere indossato senza reticenze. I capi più gettonati? L´eterno soprabito di renna, il giubbotto di pelle, i jeans, i cappottini colorati. E, soprattutto, gli accessori: borse e cartelle, cinture e pochette, clutch e bijoux. Per loro non c´è età.