Antonio Carioti, Corriere della sera 5/9/2010, 5 settembre 2010
LE RAGIONI DI MALAGODI CHE NON INTERESSANO AL MULINO
Fa scandalo sostenere che la formula politica centrista era in grado di proseguire oltre gli anni Cinquanta? E che non finì per esaurimento spontaneo, ma perché venne deciso di troncarla? E che il leader liberale Giovanni Malagodi aveva molte buone ragioni nel ritenere che l’alleanza tra Dc e Psi, il centrosinistra, avrebbe accentuato alcuni tratti degenerativi della vita pubblica italiana, primo fra tutti l’occupazione partitocratica dello Stato? Parrebbe proprio che non vi sia ragione di inalberarsi, per quanto si possa dissentire da opinioni del genere.
Sta di fatto che un libro contenente queste tesi è stato rifiutato dal Mulino. E non si trattava dell’opera prima di un autore ignoto, ma del lavoro di uno storico che già aveva collaborato con l’editrice bolognese, Giovanni Orsina, il quale poi non ha avuto difficoltà a piazzarlo da Marsilio. Il saggio esce a giorni con il titolo L’alternativa liberale (pp. 224, € 22). Nella sostanza è una ricostruzione della politica di Malagodi, incentrata sull’opposizione liberale alla nascita del centrosinistra, che si avvale di un’ampia documentazione archivistica. A giudicare dall’impegno della ricerca e dall’apparato critico, riesce difficile pensare che il volume di Orsina sia stato bocciato per carenze di natura scientifica.
Interpellato dal «Corriere» sulla vicenda, il responsabile delle collane storiche del Mulino, Ugo Berti, si trincera dietro una comprensibile riservatezza: «I motivi specifici della decisione attengono alla vita interna del Mulino, ma va aggiunto che si tratta di un fatto assolutamente normale. Riceviamo un gran numero di proposte e la maggior parte di esse non va in porto. Purtroppo i saggi di ricerca storiografica hanno un mercato ridotto e ogni anno non ne pubblichiamo più di una dozzina. A volte faticano anche ad arrivare in libreria: è ovvio che il vaglio sia molto selettivo».
Ecco il cammino dell’opera di Orsina, per come lo ripercorre l’autore: una prima versione venne inviata al Mulino nel novembre 2007, poi una seconda, arricchita e da considerare definitiva, fu spedita nell’ottobre 2008, senza ottenere alcuna risposta, nonostante un sollecito del marzo 2009. Berti conferma: «È stato un peccato di galateo, di cui mi assumo la responsabilità, non comunicare l’esito negativo all’autore dopo l’istruttoria. Purtroppo mi sono trovato in ritardo nel dare la risposta e la situazione era diventata piuttosto imbarazzante».
Si potrebbe anche pensare che l’imbarazzo derivasse, almeno in parte, dalla necessità di motivare il rifiuto. Forse può aver influito il fatto che il saggio di Orsina è apertamente critico, sia pure in forma garbata, verso la storiografia prevalente, alla quale rimprovera il difetto di presentare l’avvento del centrosinistra dal punto di vista dei vincitori, cioè di coloro che, in casa democristiana come nell’area laica, erano favorevoli a coinvolgere i socialisti nel governo.
Malagodi invece riteneva che l’apertura a sinistra non fosse la via giusta per modernizzare il Paese: alla discriminante tra progressisti e conservatori opponeva quella tra liberali e illiberali, nella convinzione (probabilmente illusoria) che si potesse mantenere una forte continuità con l’Italia prefascista. Di qui il suo pessimismo di fronte al centrosinistra, per alcuni versi eccessivo, come nota lo stesso Orsina, ma non del tutto infondato. In effetti spesso risulta utile rileggere la storia dalla parte dei vinti, magari anche per concludere che la sconfitta fu meritata. Ma perché delle tesi di un libro si possa discutere, bisogna ovviamente che venga pubblicato.