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 2010  settembre 04 Sabato calendario

CORRENTISTI IN FUGA DA KABUL BANK

Attendere con pazienza, ignorando le voci (smentite) di un’imminente bancarotta? Migliaia di afghani non vogliono sentire ragioni. Chiedono, anzi pretendono, che la Kabul Bank, il primo istituto di credito commerciale del paese, restituisca i loro risparmi. E che lo faccia subito. Dall’insegnante, con il suo piccolo conto di qualche centinaio di dollari, ai rampanti businessman, che hanno depositi di decine di migliaia di dollari, fino a qualche soldato, che attraverso la Kabul Bank gira il salario alla sua famiglia lontana, centinaia di persone hanno preso d’assalto ieri le sedi della Kabul Bank in diverse città del paese. In alcuni casi, nella capitale, è dovuta intervenire la polizia. A nulla sono valsi, finora, gli appelli alla calma e le rassicurazioni dal presidente Hamid Karzai, del ministro delle Finanze e del governatore della Banca centrale. Tutti e tre convinti che non c’è alcun timore di bancarotta. Anzi che i conti della banca sono a posto, come tutti quelli degli altri istituti di credito afghani, che negli ultimi anni hanno vissuto un periodo di grande crescita.
La crisi della Kabul Bank, che secondo alcuni analisti minaccia di travolgere l’intero e fragile sistema finanziario del paese, è scoppiata tre giorni fa. Quando è stata diffusa la voce sulle dimissioni dei due uomini di punta dell’istituto: il presidente, Sherkan Farnood, e l’amministratore delegato Khalilullah Fruzi. Due personaggi controversi, con un passato poco trasparente. Ma con un punto a loro favore: un solido legame con il circolo del presidente Karzai, il cui fratello, Mahmoud, è il terzo azionista della banca con una quota del 7,5 per cento.
Dimessi o licenziati in tronco per corruzione, come suggeriscono alcuni media americani? È un semplice adeguamento alle nuove regole. Che vietano a chi ricopre posizioni di vertice di essere al contempo azionista di maggioranza (entrambi possiedono il 28%), ha fatto sapere la Banca centrale dell’Afghanistan. «Si tratta di un’iniziativa della Kabul Bank» ha poi aggiunto il governatore Abdul Qadir Fitrat. Bollando come «informazioni senza alcun fondamento» le voci secondo cui alla base delle dimissioni ci sarebbero le accuse di corruzione e la scomparsa di 160 milioni di dollari, impiegati per l’acquisto di lussuosi immobili a Dubai con i fondi della banca.
Soldi che, secondo altri media, sarebbero stati chiesti indietro dal governo. Per alcuni analisti si tratterebbe della punta di un iceberg.
La banca centrale possiede «abbastanza asset liquidi (4,8 miliardi di dollari, ndr) per sostenere ogni istituto», ha dichiarato Karzai. «Assicuriamo tutti i correntisti che i loro depositi non sono andati e non andranno perduti. Siamo sicuri al 100% che la banca è salva», ha precisato il ministro delle Finanze Omar Zakhilwal. Stando ai report ufficiali, la banca, come gli altri 16 istituti di credito del paese (nel 2005 erano solo due) sta vivendo un periodo di boom. «I profitti sono cresciuti del 15%, a 12 milioni di dollari, e nel 2010 prevedo un incremento a 24 milioni. In pochi anni i depositi si sono gonfiati da 116 milioni a un miliardo e trecento milioni», aveva dichiarato Fruzi al Sole 24 Ore in agosto. Che le banche afghane vivano un periodo felice è opinione condivisa. Come alcune di loro siano arrivate a certe brillanti performance è invece il tasto dolente.La corruzione,d’altronde, è un male endemico in Afghanistan. Che Farnood non fosse un integerrimo banchiere era cosa risaputa. Cresciuto all’ombra del capitalismo selvaggio della Russia, dove le sue hawala (società che trasferiscono il denaro con poco trasparenti transazioni sulla fiducia) hanno avuto guai con le autorità. Costretto a chiuderle, stabilendosi in seguito a Dubai, Farnood ha un legame speciale con Karzai. È stato lui uno dei principali finanziatori della sua campagna elettorale. Inoltre avrebbe erogato ingenti prestiti non dichiarati finalizzati all’acquisto di lussuosi immobili a Dubai. Ville sfarzose (come quella del fratello di Karzai) comprate da personaggi influenti ma spesso registrate sotto il suo nome. È opinione condivisa che Karzai sia stato piuttosto riconoscente con la Kabul Bank. Tanto che il ministero della Difesa, quello degli Interni e dell’Istruzione pagano 250mila tra soldati, poliziotti e insegnanti proprio attraverso la Kabul Bank. Ex venditore di gemme, con un passato negli anni del capitalismo selvaggio della Russia, anche Fruzi è un personaggio controverso, ma con solidi legami con i potenti. I prossimi giorni saranno decisivi. Gli afghani continuano a chiedere indietro i loro depositi (corre voce che siano già stati prelevati un terzo di quelli complessivi). Per fermare l’emorragia di denaro dalla Kabul Bank, la ricetta di Mahmoud Karzai è semplice e al contempo bizzarra. «L’America potrebbe sostenere la Kabul Bank fino all’ultimo penny. Naturalmente questo sarebbe di aiuto».