Ernesto Diffidenti, Il Sole 24 Ore 4/9/2010, 4 settembre 2010
ITALIA IN ALLERTA, PESA LA DIPENDENZA DAI MERCATI ESTERI
La fiammata dei prezzi delle materie prime agricole che ha scosso i mercati inquest’ultimo scampolo di estate, almeno per ora, non si è trasmessa sul comparto zootecnico. Alla riapertura dei mercati i listini della carne bovina, suina e avicola non hanno registrato sbalzi degni di nota. Gli allevatori, tuttavia, che ancora stanno pagando i debiti accumulati all’indomani della speculazione avviata nel 2007 con l’impennata di mangimi ed energia, sono in allerta: se l’instabilità dovesse prendere il sopravvento lo spettro del crack diventerebbe realtà per molte aziende.
Con gli allevatori sul piede di guerra per una costante perdita di redditività (la protesta dei pastori sardi in piazza ne è la più eclatante conferma), gli industriali che continuano a lamentare una continua erosione dei margini e la grande distribuzione sempre più attenta a contenere i prezzi finali scaricando le tensioni sugli altri anelli della filiera produttiva.
«Al momento non ci sono scossoni sul prezzo dei polli – spiega Rita Pasquarelli, direttore dell’Unione nazionale avicoltori che associa marchi leader come il gruppo Aia (Veronesi) –.Ma se dovessero esserci ancora turbolenze sui cereali allora i contraccolpi potrebbero arrivare anche sulla zootecnia». Sul fronte della Gdo non si segnalano anomalie: per Coop Italia «fino a questo momento la situazione del comparto carni non risente di andamenti al rialzo. La situazione è stabile».
Anche il comparto bovino appare al riparo dai rincari. Il problema, come segnala Assocarni, è semmai quello del deficit produttivo. «Abbiamo stimolato lo smantellamento della produzione bovina in Europa – ha sottolineato il segretario generale, Francois Tomei –mentre cresceva la richiesta mondiale di prodotto in molti Paesi emergenti, per esempio, la Cina. Oggi ci troviamo ad un bivio: le regole della Politica agricola comune degli anni successivi al 2013 vanno scritte adesso, per cui occorre attenzione, per non ripetere gli errori di politiche passate che hanno indebolito la zootecnia europea e che in questo momento ci rendono deficitari e dipendenti dai Paesi esteri».
Il gap produttivo, che fino a pochissimi anni fa era un problema solo italiano con un deficit di carne bovina del 50%, ora comincia ad interessare anche l’Europa che da potenza esportatrice è diventata importatrice. «E per il futuro – aggiunge Tomei – se non vogliamo trovarci in balia delle oscillazioni dei mercati è necessaria una svolta decisa, che ponga la competitività delle imprese europee al centro del sistema ». Insomma, deve essere stimolata e mantenuta la produzione interna individuando nuovi meccanismi incentivanti «anche alla luce dei recenti accordi con i Paesi Mercosur che prevedono l’abolizione dei dazi all’import. Ovviamente —spiegaTomei — le regole di produzione non sono certo uguali a quelle dell’America Latina o dell’Asia. Si crea quindi un meccanismo distorto, un vero e proprio dumping a livello mondiale, dove Paesi meno strutturati a livello di regole su sicurezza alimentare, benessere e controlli possono fare un prezzo più basso e controllare il mercato. Anche di questo occorrerà tenere conto riscrivendo le regole del commercio mondiale».