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 2010  settembre 04 Sabato calendario

VERTICE FAO SUI PREZZI ALIMENTARI

La Fao tiene a sottolinearlo: «Non chiamatelo vertice d’emergenza. Si tratta piuttosto di una riunione speciale». Questioni semantiche. I due gruppi intergovernativi che si sono dati appuntamento per il 24 settembre a Roma, quello sul grano e quello sul riso, normalmente si incontrano ogni due anni. Ma nel palazzo vicino alle Terme di Caracalla, che ospita l’agenzia delle Nazioni Unite,l’ultima riunione si era svolta meno di un anno fa, nel novembre 2009. E di fronte ai disordini in corso da due giorni in Mozambico – con 10 morti e 443 feriti durante le manifestazioni di protesta contro i rincari del pane – è difficile resistere al timore che l’emergenza sia davvero alle porte, anche se la Fao continua a rassicurare sul fatto che non vedremo ripetersi la gravissima crisi alimentare dell’estate 2008. I prezzi di molti generi alimentari sono di nuovo alle stelle, quanto meno sui mercati dei futures. Dopo il bando alle esportazioni deciso dalla Russia –e inaspettatamente prorogato da Putin fino all’autunno 2011 – il frumento si sta pericolosamente riavvicinando ai massimi biennali: ieri al Chicago Board of Trade (Cbot) le quotazioni sono salite del 4% a 708,25 cents per bushel (il picco a inizio agosto era stato 785,75 USc/bu). Sulla stessa piazza il mais è a livelli di prezzo che non vedeva da oltre un anno e gli acquisti sono da poco tornati a indirizzarsi anche sul riso grezzo, ora ai massimi da tre mesi. Su altre borse, il caffè arabica è al record da 13 anni, lo zucchero grezzo ha ripreso un rally che l’ha già portato ai massimi da sei mesi. Negli Stati Uniti si stanno surriscaldando sempre di più anche le quotazioni del bestiame e di alcune carni macellate (la pancetta è al record storico al Cbot), di riflesso a tensioni di mercato che non sono un fenomeno esclusivamente locale: le mandrie sono meno numerose di un
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tempo, sia negli Usa che in altri paesi – tra gli altri motivi, anche perché i cereali, che fanno da base ai mangimi, sono carissimi – , ma la domanda sta salendo sempre di più. Non tanto per effetto della ripresa economica dopo la recessione, quanto per un fenomeno molto più potente e destinato a durare e ad intensificarsi: la popolazione mondiale cresce senza sosta e nei paesi emergenti un numero crescente di individui conquista un tenore di vita più agiato, che sfocia inevitabilmente – e giustamente –nell’adozione di una dieta più variata e più ricca di proteine. La carne è uno degli alimenti il cui consumo è maggiormente correlato con il livello di reddito e secondo l’International Food Policy Research Insitute (Ifpri) nei paesi non Ocse la domanda salirà del 65% entro il 2050. Negli stessi paesi la Fao stima che tra una decina d’annii consumi dipollame saranno cresciuti del 38 per cento. Seguono le carni suine (+33%), ovine (+31%) e bovine (+23%). La stessa Fao, che rileva un indice globale dei prezzi delle carni, segnala che in agosto è stato raggiunto un massimo ventennale. Nel complesso il Food Price Index, riferito a un paniere di generi alimentari, è invece ai massimi da due anni –dalla terribile estate del 2008, appunto – anche se resta inferiore del 38% rispetto ai picchi raggiunti in quel periodo. La velocità dei rincari, verificatisi quasi tutti negli ultimi due mesi, è allarmante, ammette Abdolreza Abbassian, economista della Fao. «Ma questo non significa che stiamo per precipitare di nuovo in una crisi. Il problema che emerge è un altro e cioè come sia possibile che un grande paese esportatore, con una grande influenza sui mercati, possa prendere decisioni unilaterali causando simili azioni di disturbo sui mercati stessi». Sul banco degli imputati c’è insomma la Russia.E l’obiettivo del vertice romano del 24 settembre è soprattutto quello di «discutere le reazioni più appropriate all’attuale situazione di mercato». Consapevoli che quest’anno –a differenza che nel 2008 –le scorte di grano sono abbondanti e a compensare il disastroso raccolto russo c’è una stagione molto generosa negli Usa e in altri paesi del mondo. Il pane, insomma, non mancherà. Quanto meno per chi potrà permetterselo. In Mozambico, dove lo stipendio medio è di 37 dollari al mese, una pagnotta costa già 20 centesimi.