Marco Imarisio, Corriere della Sera 4/9/2010, 4 settembre 2010
ADRO, IL PAESE DELLA MENSA TRA GENEROSITÀ E RANCORI
Adro (Brescia) — «Questa esperienza nasce sotto il segno del merito e della solidarietà. Va avanti chi è più bravo, ma tutti si aiutano tra loro, solo così possiamo crescere insieme».
La grande sala consiliare di palazzo Bargnani-Dandolo è vuota. Ad ascoltare le parole di Oscar Lancini ci sono un paio di assessori, altrettanti impiegati comunali e sei cittadini. Dalle pareti bianche incombono gli sguardi severi degli antenati delle famiglie che abitarono l’attuale municipio. Oggi è un giorno importante per Adro, e per questo il sindaco ha voluto convocare una apposita conferenza stampa. Oggi Adro ritrova il suo Palio, che non veniva celebrato dal 1992. Le cinque contrade di questo comune al centro della Franciacorta si sfideranno alla gara del budino, al bigliardino vivente, al lancio delle uova (solo maggiorenni).
Le parole del sindaco — leghista dal 1992, 62 per cento dei voti alla seconda rielezione nel 2008 — sarebbero state perfette anche per un altro debutto. L’anno scolastico sta per cominciare. Controvoglia, ma Adro e i suoi 7.100 abitanti, 700 dei quali immigrati, sono diventati celebri proprio per la scuola. Non per le vigne, che fanno corona al paese, non per il piccolo polo industriale che porta benessere palpabile e uno sportello bancario ogni 800 residenti. Per la scuola. Per la sua mensa, che nell’ultimo anno ha dato da mangiare a 497 bambini, per un totale di 61.600 pasti.
Nell’aprile 2010 la commercialista Giuseppina Paganotti, direttrice dell’Associazione Promotori Attività Parascolastiche che gestisce la mensa, scrisse una lettera al Comune, suo referente istituzionale, per informarlo che c’erano quasi diecimila euro di «scoperto» nel pagamento delle rette. A sua volta, Lancini reagì scrivendo alle 38 famiglie morose. Chi non paga, non mangia, i bambini figli di genitori in rosso — quasi tutti immigrati — non avranno più pasti garantiti. Fece altre considerazioni accessorie, manifestando scarso entusiasmo per i menu differenziati: «La carne di maiale piace anche agli islamici, se la assaggiano». La direttrice si oppose pubblicamente all’editto.
La sabbia nell’ingranaggio messo in moto dal sindaco arrivò da un suo omonimo, l’imprenditore Silvano Lancini, elettore dichiarato del centrodestra, che donò all’Associazione un assegno per coprire il disavanzo e garantire così la mensa per ogni alunno. Accompagnò il gesto con una lettera, nella quale auspicava per il suo paese il recupero di valori come la solidarietà e la tolleranza reciproca. Adro divenne una questione nazionale. Gli abitanti si schierarono con il sindaco contro i dissidenti, quelli dalla parte della direttrice, che non ci stavano a lasciare a casa i bambini indigenti.
«Ah, ma allora siete qui per rimestare, non per il Palio». Oscar Lancini ci resta male. La partita è chiusa. E ha vinto lui, giocando a riflettori spenti. Le mamme che accompagnano i loro piccoli nel cortile dell’oratorio alzano le spalle. «La mensa? E’ cambiato il direttore, ma non ne sono certa». Adro sembra una bomboniera appena scartata dal cellophane, per quanto è pulita e ben tenuta. La piazza dei Martiri è stata inaugurata da poco. Un lato è occupato dalla biblioteca, dall’altra parte i monumenti ai caduti «morti per la patria». In mezzo, le panchine di acciaio istoriate con il logo del Sole delle Alpi. «Siamo leghisti, per questo ce l’avete con noi — dice un anziano venuto a restituire una copia di Guerra e Pace —. I "sinistri" della mensa ci hanno svergognato in tutta Italia. Li cacciano? Ben gli sta».
Lo psicodramma della mensa ha prodotto solo una resa dei conti, gestita con gli strumenti ormai ricorrenti della grande politica. Adro ha scoperto che gli «altri» possono essere anche quelli che non la pensano come te. Silvano Lancini, il benefattore reo di essere uscito dall’anonimato con considerazioni non gradite, è stato trasformato in un paria. A maggio, Adro News, il bollettino del Comune, gli ha dedicato 11 pagine di insulti, firmate dal sindaco: «Vuole solo farsi pubblicità». L’imprenditore Lancini ci aspetta davanti alla sua azienda, al confine tra Erbusco e Adro. Sapeva che gli sarebbe stato riservato questo trattamento. «I fatti sono chiari, per chi vuole vederli. Mi lasci fuori, la prego». Nelle strade del centro ci sono ancora i volantini che gli danno del «prezzolato» al soldo dell’opposizione, a sua volta invitata «a cambiare spacciatore».
In un angolo dell’ufficio di Giuseppina Paganotti c’è uno scatolone sigillato. Effetti personali. L’Associazione ha chiuso, la lettera di scioglimento è stata appena inviata all’Agenzia delle entrate. Era stata fondata nel 1972, quando Adro fu una delle prime realtà italiane ad adottare il tempo pieno. «Non potevo fare altro. E’ finita». Lo sguardo è quello di una donna sconfitta. All’inizio di giugno era andata in vacanza. In sua assenza è stata indetta una riunione dell’Associazione, ospitata in municipio, alla presenza del sindaco. Un Termidoro a ranghi ridotti. Una settantina di genitori, sui 680 che hanno facoltà di voto, ha eletto un nuovo direttivo. «Illegale, proibito dallo statuto. Ma logica conseguenza del fango che mi è stato buttato addosso in paese. Una vendetta». La mensa della scuola sarà gestita da una associazione non ancora costituita. La presidente è una di quelle mamme che in televisione, da Santoro, inveivano contro la vecchia direttrice e l’imprenditore-mecenate. Nei fatti, il servizio di refezione passa al Comune. Il congedo della signora Giuseppina: «Io non lascio a casa nessun bimbo. Lo facciano altri, se vogliono».
La favola alla rovescia di Adro è finita com’era cominciata, in un rivolo di rancore. Il sindaco nega di aver gestito una specie di golpe. «Ma avevo perso ogni fiducia nell’associazione. La penso come prima, e così si farà. Mangia chi paga, e mangia quel che c’è, cattolico o islamico. Menù padano, carne di maiale compresa. Altrimenti, la pratica passa ai servizi sociali. Io amministro Adro, del resto d’Italia non me ne frega niente». Lancini è un uomo semplice come le grisaglie che indossa, sinceramente convinto di essere nel giusto. Dopo un problematico passato da imprenditore — venne processato per aver inquinato il fiume Oglio con gli scarichi della sua ditta, reato prescritto — si è rivelato un amministratore attento. La gente è dalla sua parte, anche se almeno un adrense su tre non l’ha votato, lui asseconda gli istinti della «sua» gente, convinto che assecondare sia la miglior forma di governo. E pazienza se a fine luglio il tribunale di Brescia ha dichiarato illegittimi i provvedimenti con i quali escludeva i cittadini extracomunitari dal bonus bebè. «Io non sono un educatore. A me basta proteggere la mia comunità. Il mondo è brutto, basta uscire da Adro per capirlo».
Il plesso scolastico di via Carlo Cattaneo è quasi pronto. Nel cantiere i muratori si dedicano al colonnato dell’ingresso, siamo alle rifiniture. Un’opera da 6 milioni e 700 mila euro, finanziata con la cessione del vecchio comprensorio di via Padania all’azienda incaricata dei lavori, che ne farà una zona residenziale.
La nuova scuola rappresenta la prova che Adro è un posto di gente magari spaventata da quello che il sindaco chiama «il mondo fuori», ma non è il paese dei cattivi. Mancavano 240 mila euro per gli arredi di materne, elementari e medie. E’ stato emesso un bando per la cittadinanza. «Una volta si diceva laurà per la cesa di Ader, adesso vi chiedo di farlo per un’altra causa». Oscar Lancini aveva promesso di intestare un’aula a ogni famiglia che si fosse impegnata, ma non ce la farà. Troppe donazioni, molto più della cifra richiesta. «Grazie al grande cuore di Adro», c’è scritto sull’ultimo bollettino comunale.