Francesco Battistini, Corriere della Sera 4/9/2010, 4 settembre 2010
CASA BIN LADEN A GERUSALEMME
Gerusalemme - Sulle guide turistiche, la Villa non è indicata. I tour operator la ignorano. E non c’è nemmeno sugli annunci «real estate» del Jerusalem Post. La Villa sta a Shuafat, uno dei più vecchi campi profughi palestinesi, verso la storica Ramallah Road. Case tirate su come venivano. Discariche e marcite. Gommisti sudici e cani bradi. La Villa sbuca all’improvviso. Un guardiano che ferma all’ingresso, il lucchetto su un bel cancello di ferro, un vialetto che si perde fra i lecci: «Senza permesso, non posso mostrare niente». La Villa s’intravvede, però. E si vede che è abbandonata da un bel po’. La pietra di Gerusalemme annerita da scoli d’acqua. Le tapparelle di plastica, che allora non c’erano, abbassate.
InfanziaLa Villa nel vecchio campo fu ristruttura ta dal padre profughi palestines avrebbe abitato e di di Bin Laden Shuafat: fino ai dieci nel 1962, israeliano quiOsama Muein Huri, anni. L’attuale ha deciso proprieta di venderla rio, l’arabo per 10 milioni di dollari Sono 16 camere da letto, a cinque chilometri dalla Moschea Al Aqsa. Il capo di Al Qaeda vi ha abitato da piccolo
I giardini inselvatichiti tutt’intorno: «Quando avevo sei anni — racconta il sindaco di Shuafat, Abdul Razeq Amouri —, io me li ricordo i signori che ci stavano. Il capofamiglia era piccolo, scuro, con un occhio di vetro. Gente ricchissima. Noi bambini guardavamo da fuori, incantati: avevano due gazzelle, un pavone, i polli, le pecore, un gallo magnifico».
Erano signori veri. Yemeniti diventati ricchi in Arabia. Si chiamavano Bin Laden.
AAA Villa Bin Laden vendesi. La casa dove (forse) abitò il piccolo Osama è sul mercato. Due piani, 16 camere da letto, 650 metri quadrati di terreno. A Gerusalemme Est, cinque chilometri in linea d’aria dalla Moschea Al Aqsa. Prezzo: 10 milioni di dollari, trattabili. Quando fu costruita, qui era tutta Giordania.
Muhammad Bin Laden, il padre, un muratore analfabeta che i soldi aveva cominciato a farli negli anni Trenta con la dinastia saudita, arrivò nel 1962 e la risistemò in pochi mesi: da vecchio rudere ottomano a residenza degna di lui e, se stavano con lui, delle sue ventidue mogli e dei suoi cinquantaquattro figli. Nella città santa, Muhammad era venuto con un’idea fissa: dopo avere rifatto la Grande Moschea della Mecca e tutte le strade che oggi portano alla Mecca, dopo avere rinnovato la Moschea del Profeta di Medina, aveva deciso d’imbarcarsi nella ristrutturazione pure dell’Al Aqsa e di mettere il suo marchio, in questo modo, su tutt’e tre i luoghi più santi dell’Islam. Di persona, raccontano, ci veniva poco: il vecchio Bin Laden, il più importante costruttore del Medio Oriente, patrimonio da 11 miliardi d’allora, era uno che viaggiava molto. Ma dopo la guerra dei Sei giorni, con Shuafat che diventò Israele, a Gerusalemme non v e nne pi ù: «L’ultimo della famiglia se ne andò nel ’67 — dice il sindaco —. Il padre di Osama morì l’anno dopo, in un incidente aereo. E la villa rimase vuota per molto tempo».
Il terrorista più ricercato del mondo era un ragazzino di dieci anni, quando i Bin Laden partirono. Nessuno sa dire se e quanto ci abitò. C’è un video della clandestinità, al matrimonio d’uno dei figli, in cui l’uomo dell’Undici Settembre canta un’ode alla città: «La ferita di Gerusalemme mi fa ribollire dentro...».
Passata di mano in mano, dallo Stato d’Israele che la confiscò a un ricco ebreo che, nel 1980, la vendette al governo spagnolo per ospitarne il consolato, la Villa fu comprata per un milione di dollari da un avvocato arabo israeliano, Muein Huri, nel 1994. «Non ho mai pensato di venderla — ha sempre detto —. Ogni tanto viene qualcuno per visitarla: ammiratori, curiosi. È una casa splendida: l’ingresso è un pezzo d’arte che denota il senso artistico di chi la costruì».
Ultimamente, però, Huri ha cambiato idea: «Ho una grande ammirazione per ciò che fecero qui i Bin Laden. Tutti i musulmani sono loro grati per avere rifatto l’Al Aqsa. Ecco, se mi arriva un’offerta da Osama, ovunque sia, lo dico fin da ora: a lui la vendo. Per dieci milioni e un paio di clausole». Quali? «Che ne faccia un museo intitolato alla famiglia. E che lasci a me l’unica cosa rimasta di quando ci abitava suo padre». Una cosa importante, c’è da immaginare... «Due sedie».