Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  settembre 04 Sabato calendario

Gli zingari, addio Francia crudele - Frumuchan, che ha sei anni, questa volta non andrà a scuola. E’ iniziata giovedì, e lui non c’era, peccato: stava cominciando a imparare bene il francese

Gli zingari, addio Francia crudele - Frumuchan, che ha sei anni, questa volta non andrà a scuola. E’ iniziata giovedì, e lui non c’era, peccato: stava cominciando a imparare bene il francese. Non rivedrà il bel palazzo con la scritta Libertà Fraternità Eguaglianza, e nessuno dei suoi compagni di Trièle, nelle Yvelines. Loro non gli hanno mai chiesto se era romeno zingaro nomade. Anche se sapevano che viveva in una roulotte sgangherata, parcheggiata con altre in quelli che un tempo erano gli orti della città e ora sono soltanto erbacce, rifiuti e abbandono. C’erano cinquanta bambini nel campo abitato da una ventina di famiglie. C’erano, perché si sta rapidamente svuotando. Frumuchan era uno dei pochi ad andare a scuola. Perché il bus si rifiutava di fare una deviazione per venirli a prendere; perché i genitori avevano paura che la polizia li schedasse per seguire poi i loro movimenti. Perché i più piccoli al mattino sciamavano con le madri: chiedere l’elemosina con un bambino raddoppia gli incassi giornalieri. Tutto finito: si parte. Anche se il lavoro, che sarebbe ufficialmente raccogliere ferro e alluminio nei cantieri, andava bene. Nessuna traccia, qui, delle Mercedes che hanno scandalizzato il ministro degli Interni Hortefeux quando ha lanciato il suo primo anatema contro i subbugli dei nomadi delinquenti di successo. La roulotte la tira una Renault Espace miracolosamente sopravvissuta agli aspri decenni che ne marchiano la carrozzeria. Il padre di Frumuchan è uno di quelli che hanno deciso di partire: via da questa Marianna diventata improvvisamente cattiva. Prima che le ruspe e i poliziotti si accorgano di questo campo, arrivino un mattino senza lasciare il tempo di riempire neppure una valigia. Mentre l’Europa medita sulla legittimità della politica francese e destra e sinistra si azzannano sui nomadi come fossero un soggetto astratto e non gente viva, uomini donne bambini, il problema si sta forse «risolvendo» silenziosamente. Non con le espulsioni ma con un esodo volontario verso i Paesi vicini meno intrattabili. La Francia esporta i suoi rom e si sente soddisfatta. La storia di Hanul, un insediamento storico, antico di dieci anni, che aveva un accordo con la municipalità (acqua luce e il prelievo dell’immondizia in cambio della scolarizzazione dei bambini e dell’impegno a non allargarsi troppo) e che le ruspe hanno ridotto in briciole in pochi minuti, ha convinto molti incerti. Giorno dopo giorno, anche se nessuno ha finora stilato statistiche ufficiali, i campi di rom si stanno svuotando. E anche quelli degli tsiganes, gli zingari, segnano spazi vuoti: nel furore e nel caos di questa polemica spropositante ormai nessuno fa più distinzione tra quelli arrivati dall’Est negli ultimi anni e i nomadi che sono francesi da tempo. Si sentono stigmatizzati come quelli dell’Est. Sono i figli di coloro che tra il 1941 e il 1945 i gendarmi con la divisa di Vichy rinchiusero, a migliaia, nel campo di concentramento di Montreuil-Bellay vicino a Saumur. Anche allora c’era una legge che li considerava «nocivi» e vietava loro di circolare. Per indifferenza, ma sarebbe meglio per vergogna, avevano cancellato ogni traccia di quel luogo, e c’è voluta la battaglia di uno storico perché fosse restituito alla dignità tardivamente riparatoria di monumento nazionale. Gli zingari non temono i nuovi fumi repressivi venuti al governo e lo zelo rinnovato dei gendarmi: in fondo ci convivono da anni e sanno che prima o poi la burocrazia si stanca. Esaurite le espulsioni-show davanti alle telecamere, tutto tornerà alla normalità irregolare di sempre. Hanno paura delle scritte che si moltiplicano, «zingari fuori dai piedi», e delle bottiglie incendiarie che cominciano a volare contro i campi. Allora o partono, questi eterni stranieri del nostro spazio interiore; o si nascondono. E’ questo probabilmente lo scopo inconfessato del pugno di ferro: mettere paura, indurli a fuggire, soprattutto eliminarli dalla vista e dalle statistiche. Risparmiando anche i soldi per gli incentivi garantiti a chi parte «volontariamente». Molti rom sanno che si sta preparando un nuovo sistema di schedatura che non consentirà di fare andata e ritorno. E loro vogliono restare nell’Europa dei ricchi, non nella Romania della miseria.