STEFANO LEPRI, La Stampa 4/9/2010, pagina 4, 4 settembre 2010
Più lavoro e rigore nei conti Così Berlino batte Roma - In Germania è più facile a un povero diventare ricco; certo più che in Italia, ma anche - secondo dati recenti - più degli Stati Uniti, dove il mito del rags to riches, dagli stracci all’opulenza, risultava fondato trent’anni fa, adesso assai meno
Più lavoro e rigore nei conti Così Berlino batte Roma - In Germania è più facile a un povero diventare ricco; certo più che in Italia, ma anche - secondo dati recenti - più degli Stati Uniti, dove il mito del rags to riches, dagli stracci all’opulenza, risultava fondato trent’anni fa, adesso assai meno. Di modello tedesco ora parlano tutti, domandandosi perché funziona; e non è soltanto uno di quei periodici sbandamenti di umore dei mercati finanziari che si trasmettono, lo si voglia o no, ai mass media. Appena tre mesi fa, la Germania veniva dipinta come un paese chiuso nel suo egoismo, riluttante ad aiutare gli altri europei in difficoltà, e indotto da un misto di idee dogmatiche e di ansia a imporre anche a sé stesso una austerità non necessaria. Ora si scopre che i tedeschi hanno imboccato una strada giusta: superata la crisi senza aumento di disoccupazione, tornano alla crescita anche grazie alla domanda interna, non solo grazie all’export che come si sa è la loro specialità. Il modello tedesco nasce da una società più compatta e disciplinata della nostra, più pronta allo spirito civico e alla collaborazione; con l’inconveniente che spesso disprezza gli stranieri carenti di certe virtù, fino a far venir fuori di tanto in tanto qualcuno - come il membro del consiglio Bundesbank Thilo Sarrazin - capace di sostenere che le virtù risiedono nei geni o nelle tradizioni del Volk teutone. Salari fermi, posti di salvi Altro che genetica, certe soluzioni tedesche è possibile copiarle, con l’inconveniente del ritardo. Forse oggi a Cernobbio il presidente della Banca centrale europea Jean-Claude Trichet inviterà di nuovo a chiedersi perché in Germania e in Austria nella crisi, nonostante forti cali del prodotto lordo, non si siano persi posti di lavoro: la risposta, secondo lui, è la moderazione salariale. Gli esperti aggiungono altre due spiegazioni: il Kurzarbeit (cassa integrazione) e un accentuato ricorso al part-time. Ovvero, l’aumento della disoccupazione è stato evitato con strumenti sorretti da più solidarietà e da più fiducia reciproca tra le parti sociali (forse favorita anche dalla partecipazione dei sindacati ai «consigli di sorveglianza» delle aziende, da noi sgradita sia alla destra sia alla sinistra). Lo Stato sociale ha funzionato al meglio nella crisi perché era stato snellito negli anni precedenti (leggi Hartz) senza rinunciare all’essenziale. Il freno ai salari, peraltro assai più alti dei nostri, è stato reso facile dalla stabilità dei prezzi: come può aver constatato chiunque sia entrato di recente in un supermercato tedesco, il costo della vita è inferiore rispetto all’Italia. Nel commercio, come nell’industria, l’efficienza era cresciuta nei primi anni Duemila, chiudendo un periodo (di crescita bassa al pari dell’Italia) in cui la Germania aveva essa stessa dubitato del proprio modello. Il rientro dalle misure anticrisi La grande crisi è stata affrontata da Berlino con un forte aumento della spesa pubblica, meno rischioso perché seguiva ai tagli degli anni precedenti (dal 48,5% del Pil nel 2003 si era scesi al 43,7% nel 2008). L’elevato deficit di quest’anno, analogo a quello italiano, sarà ridotto con un programma preciso di tagli dal 2011 in poi. Le misure di austerità presentate dal governo al Parlamento mercoledì prevedono misure per 80 miliardi di euro, severe ma graduate in quattro anni.La ricetta è la stessa ribadita qualche giorno fa dal Fondo monetario internazionale: partire cauti, per non stroncare la ripresa, dando certezza che si continuerà a tagliare poi. Da sottolineare che all’istruzione e alla ricerca non è stato tolto nulla, si è anzi deciso di dare di più; l’industria sostiene che mancano 40.000 tra ingegneri e tecnici specializzati (forse anche per questo, la stessa Angela Merkel ha detto domenica scorsa che adesso qualche aumento di salario si può dare). Alla scuola niente tagli Sono più rigide anche le regole. Già nella Costituzione del 1949 c’era un limite al deficit pubblico (lo Stato poteva indebitarsi solo per investimenti) ma qualche volta era stato trasgredito. Ora ce n’è uno assai più rigido, che entrerà in vigore dal 2016: appena lo 0,35% del prodotto lordo ogni anno. Ai tedeschi piace più la serietà che la promessa di ridurre le tasse: quelli che ci avevano puntato tutto, i liberali del vicecancelliere Guido Westerwelle, nel più recente sondaggio sono al 6%, meno di metà rispetto al 14,6% delle elezioni di un anno fa.