L. Sal., Corriere della Sera 3/9/2010, 3 settembre 2010
MANCA LA FINE - ARCHIVIO STORICO P. 12
CONCORSONI, PROMESSE E GLI ETERNI SUPPLENTI NEL CAOS DI PUNTILANDIA -
La parola precario viene dal latino prex, preghiera. Precarium vuol dire ottenuto con preghiere, per volontà e concessione di altri. Concessione di chi? La lunga e faticosa storia dei precari della scuola — in media 10 anni di attesa, c’è chi è andato in pensione senza mai passare di ruolo — comincia ancora prima dell’Unità d’Italia. Legge Casati, 1859, siamo nel Regno di Sardegna, seconda guerra di indipendenza: «Il regio ispettore può supplire alla carenza di maestri principali assumendo personale precario in possesso di requisiti minimi». Allora il guaio era l’esatto opposto, le scuole del regno riuscivano a sfornare solo un terzo degli insegnanti necessari. Ma da allora non ci siamo più ripresi. E dopo 24 sanatorie negli ultimi 60 anni (nel frattempo è arrivata anche la Repubblica), i precari sono sempre lì a pregare.
Per le supplenze annuali e le assunzioni a tempo indeterminato si pesca dalle cosiddette graduatorie ad esaurimento. Dentro ci sono 246 mila persone. Età media 38 anni, molti sono già sopra i 50. Quasi tutte donne, il 65% del Sud. Che speranze hanno di arrivare al posto, anzi alla cattedra fissa? Nell’ultimo rapporto dell’Osservatorio graduatorie del ministero si legge che ci vorranno almeno dieci anni per assumerli tutti. Quest’anno ne sono stati stabilizzati solo 10 mila. Andrà davvero così?
Settembre 1983, il ministro dell’Istruzione è l’inossidabile dc Franca Falcucci. «Entro quattro anni elimineremo il fenomeno del precariato». Dopo quattro anni nulla era cambiato e lo schema è rimasto sempre lo stesso: promessa del ministro dell’Istruzione, contrordine del ministro delle Finanze. Con il risultato di lasciar crescere quella fila di tappabuchi low cost.
Non siamo più ai livelli degli anni Settanta, quando i precari erano mezzo milione, la metà dell’intera classe docente. Ma allora il tempo d’attesa era breve, l’economia tirava, il Paese cresceva. Adesso che il vento è cambiato c’è chi resta precario anche per 30 anni. La storia poteva finire nel 1999 con l’ultimo concorsone voluto da Luigi Berlinguer, che avrebbe dovuto chiudere per sempre l’ingresso alla lista d’attesa. Ma poi sono arrivate le Sis, le scuole di specializzazione per l’insegnamento che (pagando) hanno di nuovo allungato la fila dei precari. Loro restano lì. E per guadagnare qualche posto in classifica seguono le regole di questo strano regno sospeso che molti chiamano Puntilandia. In molti casi i corsi di aggiornamento funzionano come le tesserine