Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  settembre 03 Venerdì calendario

PERCHÉ CITTÀ SANTA PER LE TRE RELIGIONI

Il luogo ove sorge Gerusalemme era abitato tremila anni prima di Cristo. Frammenti di coccio egiziani, risalenti al XIX secolo avanti la nostra era, provenienti da oggetti di argilla spezzati per un rito di esecrazione, recano il nome di Urusalim: sono documenti più antichi degli scritti biblici, di poco anteriori alla probabile data della migrazione di Abramo. Un principe di questa città, vissuto nel XIV secolo prima dell’età volgare, è presente nella corrispondenza di faraoni quali Amenofis III o del celebre Akhenaton; anzi, di quest’ultimo sappiamo che fu infido vassallo. E tra i fatti che si perdono nei millenni, vale la pena ricordare che i libri biblici di Giosuè e dei Giudici parlano di Adoni-Bezek, signore di Gerusalemme. Intorno al 1200 a.C. guidò una forte coalizione cananea contro i guerrieri di Israele, entrati nella Terra Promessa: da essi venne sconfitto e, stando a quanto si legge, dopo la cattura «gli amputarono i pollici delle mani e dei piedi» (Giudici 1, 6).
Gerusalemme — ci confidava Giovanni Filoramo, professore di storia del cristianesimo a Torino e curatore di numerose opere sulle religioni — è diventata sacra per ebraismo, cristianesimo e islam, ma «ha unito e nel contempo diviso, e continua a dividere, le tre fedi». Un fatto «legato alla sacralità particolare che ognuna delle tre religioni monoteistiche ha attribuito nel corso della sua storia a questa città». Per gli ebrei, d’altra parte, questo è il luogo legato alle figure fondamentali di Abramo, di David (che sul monte Sion fondò la sua capitale), di Salomone, che la ingrandì, la adornò di costruzioni magnifiche e diede al suo popolo il celebre Tempio. Filoramo sottolinea: «Un mito di fondazione che ha continuato a guidare il popolo ebraico nella sua storia fino a oggi». Del resto, esso si ritrovò a Gerusalemme (ricostruita più a Nord e cinta di mura) dopo la cattività a Babilonia, da essa si disperse dopo le distruzioni del 70 della nostra era e qui ha sempre guardato. Lo ha fatto anche dopo il 135, allorché gli insorti guidati da Simon bar Kochba furono schiacciati dai romani: la città santa venne interamente rasa al suolo e sulle sue fondamenta fu eretta Aelia Capitolina, nella quale si pose il tempio di Giove (con una statua equestre dell’imperatore Adriano) sull’area del Tempio del Signore. Impossibile poi dimenticare le numerose citazioni bibliche. Per fare un semplice esempio relativo a particolari civili, diremo che il Secondo Libro dei Re parla del sistema idrico (20,20); ma in Qohelet, che si finge Salomone anche se la sua vita enigmatica si consumerà oltre mezzo millennio più tardi, è possibile cogliere la cultura di una Gerusalemme dove si abbracciarono sapienza greca e visioni ebraiche. E che dire della regina di Saba che, come scrive il Primo Libro dei Re (10,2), giunse in città «con ricchezze molto grandi, con cammelli carichi di aromi, d’oro in grande quantità e di pietre preziose»? Quella che vide dovette essere una Gerusalemme da deliqui, giacché Salomone superava tutti in saggezza, anche se la sua sensualità ebbe bisogno «di settecento principesse per mogli e di trecento concubine» (1 Re 11,3). Inoltre era ricco oltre ogni immaginazione e le sue casse rigurgitavano di oro. Possedeva, tra l’altro, millequattrocento carri e dodicimila cavalli (1 Re 10,26).

Per i cristiani resta la città in cui si è compiuto il mistero della passione, morte e resurrezione di Gesù, «ma insieme — ricorda Filoramo — si sono gettate le basi per un conflitto con il popolo ebraico che a lungo è stato considerato responsabile della morte del Cristo». Gerusalemme ha un posto speciale nell’Apocalisse: il capitolo 21 parla di quella celeste e della messianica. Ne occupa inoltre uno fondamentale nella letteratura e nella storia dell’Occidente. Le Crociate furono tutte convocate e combattute con il suo nome urlato da predicatori ed eserciti; i pellegrini la visitarono senza sosta per toccare con mano i luoghi in cui nacque il cristianesimo; i mistici, gli artisti e i visionari vennero qui per conoscere (o per lasciare) in anticipo quello che si sarebbe incontrato nei cieli. Così San Dositeo, nella prima metà del VI secolo — nel 637 la città è strappata ai bizantini dal califfo Omar — vide al Getsemani una scena del castigo dei dannati, mentre Egeria nel suo Itinerarium del IV secolo parla di rivestimenti aurei, musivi, marmorei. Torquato Tasso renderà immortali le gesta dei crociati ne la Gerusalemme liberata; tra il 1804 e il 1820 William Blake comporrà la sua ultima grande epica visionaria, Jerusalem. The Emanation of the Giant Albion; migliaia di religiosi — compreso Savonarola — parleranno della «Gerusalemme celeste». È impossibile scrivere anche un semplice inventario di tutto quello che la città sacra ai tre monoteismi riuscì a evocare.

E per i musulmani? Sebbene nel Corano si parli sovente della Bibbia, il nome specifico di Gerusalemme non c’è e solo alcune interpretazioni tradizionali invitano a includere questa città nella geografia del libro sacro dell’islam. Va altresì aggiunto che il compito dei commentatori musulmani è stato facilitato dai dati delle tradizioni ebraica e cristiana, che essi hanno accolto per avallare più che per contestare. Per fare un esempio, basterà rammentare il Giudizio finale che dovrebbe avere luogo a Gerusalemme. Così, non pochi esegeti interpretano geograficamente il passo della Sura di Qâf «il giorno in cui l’Arald ochiamerà da unluogo vicino » (50,41) come la roccia che si trova appunto sotto la Cupola della Roccia a Gerusalemme. E l’Araldo che compare nel versetto coranico è Israfil, l’angelo che darà l’annuncio della resurrezione. Filoramo ricorda: «Quella che per noi è una leggenda, ovvero il viaggio celeste compiuto da Maometto fino a Gerusalemme che sarebbe culminato nella rivelazione di particolari misteri, ha trasformato anche per l’islam questa città in santa, dopo la Mecca e Medina». Tra le successive aggiunte che farà la storia, egli ne ha ricordato una significativa che spiega meglio di altre l’intreccio di sacro che vive e si rinnova da millenni in questa città: «Alla fine del VII secolo sorge su quelle che erano le rovine del Tempio la moschea di Omar. Diventerà un luogo di divisione oltre che di culto».