Luca Cardinalini, il Fatto Quotidiano 3/9/2010, 3 settembre 2010
GIOCHINI PREZIOSI
Tutto confermato: le squalifiche (6 mesi di inibizione per il presidente del Genoa, Enrico Preziosi, e 3 per quello dell’Inter, Massimo Moratti) e le multe (90 mila euro per la società rossoblù, 45 mila per i nerazzurri). La corte di giustizia della Figc, ha appena respinto i ricorsi dei due illustri imputati e ribadito la bontà della sentenza della commissione disciplinare. Si va alla pena e all’incasso. E al racconto, ovvio.
Per capirci qualcosa bisogna fare un piccolo salto all’indietro, ora di pranzo del 20 maggio 2009, quando i due patron si incontrano a casa di Moratti. Il menu, pietanze a parte, è ricco: il trasferimento di Milito e Thiago Motta, cosa che a gennaio non era andata in porto ma che di lì a poco si verificherà. Embè? dirà il lettore-tifoso, che c’è di strano? C’è di strano che i due avrebbero potuto pranzare insieme – ci mancherebbe altro – ma non potevano discutere di affari, per via di un piccolo pregresso che gravava sul groppone di Preziosi. Una sciocchezza, che risaliva ai tempi in cui era proprietario anche del Como, società che portò in un attimo dalla C alla A, e in un altro al fallimento. In rapida successione vennero l’accusa di bancarotta fraudolenta, gli arresti domiciliari, il patteggia-mento della pena di 23 mesi e 5 milioni di risarcimento, la definizione di “sportivamente pericoloso”, cinque anni di inibizione con proposta di radiazione.
Altre
storie
UN GIGLIO di campo, insomma, che incapperà ancora in altre storie poco esaltanti – ma chi è che non cade mai? – fino alla marcia trionfale e costosissima di oggi. Perché, come si sa, per i dolori di ogni genere e qualche volta anche per le fedine penali, il tempo è un toccasana.
Ma a quel tempo, Preziosi, non poteva in alcun modo rappresentare il Genoa nemmeno come raccattapalle, figurarsi se poteva decidere acquisti e cessioni. La previsione normativa è drastica e fa divieto ai soggetti specificamente indicati di “avere comunquecontatticontesserati inibiti o squalificati” per “attività comunque attinenti al trasferimento, alla cessione di contratto o al tesseramento di calciatori e tecnici”. È proibita, e quindi punita, la semplice “condotta” che si realizza nel “contatto” con un soggetto inibito in materia di acquisti o cessioni di calciatori, e non richiede che tale incontro sia concluso con la definizione del relativo contratto. Ma Preziosi, più che inibito, si sente disinibito. Come da manuale del presidente che si è fatto dal niente e da solo, va a pranzo con un vip e poi lo racconta in giro. A tutti. Insomma, quel pranzo non doveva essere proprio un gran segreto se – come accerteranno gli ispettori federali – neriferironosubitoicontenuti il Corriere dello Sport, Repubblica, Il Secolo XIX, La Gazzetta, perfino il sito internet www.fcinternews.it . E nella trasmissione “We are Genoa”, sulle frequenze della televisione regionale Telenord, andò in onda un sorridente e loquacissimo Preziosi, nel più classico degli autogol: “Ho visto Moratti a colazione, abbiamo raggiunto un accordo sulla valutazione dei due calciatori (Motta e Milito) e ci siamo stretti la mano. Tra di noi c’è molta simpatia e nel futuro potrebbero esserci altre collaborazioni. Non voglio entrare nei dettagli: abbiamo ottenuto delle contropartite importanti. Posso rivelare solo che dell’affare fa parte Acquafresca”. Cosa, anche questa, puntualmente avvenuta. Per non parlare di Motta e Milito, il mese successivo presentati alla Pinetina.
Per non far scattare l’inchiesta, i procuratori federali dovevano essere tutti orbi e sordi. Il tempo di fare due fotocopie , di buttar giù una bozza di testo e di assegnare il fascicoloaunsostituto,dopounasettimana iniziano le indagini e poi gli interrogatori. Il reato contestato parla di violazione dell’articolo 1, comma 1 del codice di giustizia sportiva. Mutatis mutandis, è come se uno avesse contestato il primo articolo della Costituzione e affermato che “l’Italia non è una Repubblica fondata sul lavoro” (a pensarci, c’è stato chi l’ha detto, ma non è stato sanzionato…). Si arriva alle squalifiche (luglio 2010) e ai conseguenti ricorsi. In mezzo c’è stato il trasferimento dei due calciatori, la tripleta interista, i soldoni arrivati nelle casse genoane. In un paese normale, davanti all’evidenza conclamata dei fatti, i due Paperoni avrebbero ammesso pacificamente tutto. Qui no.
Contro
i magistrati
PREZIOSI , non potendo smentire la sua voce e le sue immagini con l’evergreen “avete estrapolato una mia frase da un contesto”, ha scelto un gesto anticonformista: se l’è presa con i magistrati: “A violare il codice è stata la Procura Federale, perché le indagini si sarebbero dovute concludere, in assenza di richiesta e concessione di proroghe eccezionali, entro l’inizio della successiva stagione sportiva (cosa che non sarebbe avvenuta nel caso in esame)”. Con elenco di riferimenti: il fatto storico della colazione oggetto di indagine sarebbe dovuto essere conoscibile alla Procura già il 20 maggio 2009; l’assegnazione dell’indagine è datata 27 luglio 2009; l’acquisizione delle dichiarazioni audio è del 19 luglio 2009; il ricevimento della documentazione dall’Ufficio Tesseramenti è del 13 novembre 2009; l’audizione degli interessati termina il 22 dicembre 2009. Insomma atti di indagine svolti tardivamente e contra legem, a suo dire. Singolare anche la difesa di Moratti e dell’Inter. Prima una dotta disquisizione sulla data della venuta a conoscenza della notitia criminis, sul dies a quo di decorrenza del termine previsto dal vecchio testo dell’articolo 32 comma 11 del Codice di giustizia sportiva, sull’applicabilità dei principi del favor rei e del tempus regit actum… Salvo poi franare davanti a un muro alto di ingenuità – “Vabbè, avremo parlato anche di calcio, ma era solo un incontro conviviale” – e infine agitare la bandiera bianca dell’ignoranza: “Ma Preziosi mica me lo aveva detto che era inibito, non lo sapevo”. “I comunicati ufficiali si intendono conosciuti, con presunzione assoluta, a far data dalla loro pubblicazione”, hanno detto i giudici federali. Fine del processo breve, anzi brevissimo.