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 2010  settembre 09 Giovedì calendario

E SE DEDICASSIMO UN GIORNO ALL’OBLIO?


E se stessimo esagerando nel far rivivere la memoria? Mentre in Cile, come denuncia Sepúlveda, si rimuove troppo presto il ricordo della dittatura, in Germania ci si chiede se, a forza di dedicare "giorni della memoria" agli orrori del nazi-fascismo, non si finisca per degradare il ricordo a culto effimero della tragedia. Perché troppa memoria può far male, alle vittime e alla società. È la tesi, a prima vista provocatoria, lanciata da Christian Meier. Che non è un revisionista, ma un noto docente di Storia antica di Monaco. Non è paradossale che uno storico dell’antichità raccomandi "La norma di dimenticare", come suona il titolo del suo ultimo saggio. Lo studioso spiega che era prassi nell’antica Grecia - ad esempio dopo le stragi compiute dai Trenta Tiranni - stendere un velo di silenzio sui lutti passati. Questo muro eretto contro le sciagure nel quarto secolo a. C. "è stata la prima vasta amnistia della storia", spiega Meier. E non è che la cosa abbia fatto male ad Atene e allo sviluppo della democrazia. A volte, anzi, si rivela più proficua per la pace individuale e collettiva una dose di amnesia che il martellante ricordo. L’esempio più calzante dell’effetto-boomerang da indigestione di memoria è avvenuto in Germania nel 1933: "L’ascesa al potere di Hitler", spiega Meier, "tramite il continuo ricordo della sconfitta del 1918 e del Trattato di Versailles". Un doppio trauma che il Führer aveva trasformato in "una coazione a ripetere della memoria". Nella storia dei nazionalismi del Ventesimo secolo, dal fascismo alle più recenti derive nei Balcani, si sprecano di "coazioni a ripetere" provocate da eccesso di memoria. Soffiare troppo sulle braci del passato può causare nevrosi e conflitti interni fra generazioni dei più anziani e giovani. "La memoria di Auschwitz", conclude Meier, "è ineludibile. Ma attenzione a non congelarla in un rituale". Per evitare il rischio è bene ritrovare la valvola dell’oblio: la medicina usata nell’antichità per curare le ferite della storia.