Viviana Daloisio, Avvenire 3/9/2010, 3 settembre 2010
L’ODISSEA DEI TEST. UNO SU DIECI CE LA FA
Basterebbero due numeri, a spiegare il clima in cui ieri si è svolto il primo dei test d’ingresso universitari alle facoltà a numero chiuso. Medicina: 8755 posti disponibili, circa 90mila studenti assiepati davanti ai cancelli degli atenei d’Italia. Come dire: uno su dieci ce la fa. E saranno le scarsissime percentuali d’accesso a fronte del boom di richieste (sono state il 10% in più), saranno le 80 domande della prova (che anche quest’anno, in alcuni casi, hanno lasciato gli studenti spiazzati e per l’argomento e per il modo in cui sono state poste), sarà la richiesta di medici nel nostro Paese (insoddisfatta, e crescente), sui test s’è scatenata nelle ultime ore un’autentica bufera. Che il sistema di accesso a certe facoltà, medicina in primis, abbia bisogno di un ’restyling’ è osservazione ampiamente condivisa. Le opinioni divergono sul come.
Il ministero difende lo strumento dei test: «Garantisce una buona scrematura e premia la qualità», ha spiegato la Gelmini.
Che è disposta, però, a un cambiamento della prova, magari alleggerendo il peso delle domande di cultura generale a vantaggio di quelle specialistiche (da tempo, peraltro, un tavolo tecnico ad hoc istituito dallo stesso ministero sta studiando un modo per migliorare il pacchetto di quesiti). Il Pd, dal canto suo, ha immediatamente rispolverato il passato e invitato il ministro «se davvero è interessato a migliorare l’efficacia del test» a attuare quanto previsto dai ministri Mussi e Fioroni, e cioè coinvolgere le scuole nella redazione dei quiz affinché i contenuti siano attenti ai saperi e alle competenze acquisiti nei loro percorsi di studio.
La Cgil mette in evidenza la carenza di medici che si prospetta nei prossimi anni nel Servizio Sanitario Nazionale con le uscite previste per pensionamento: «Un primo passo in avanti – hanno osservato Rita Guariniello, segretaria nazionale Flc-Cgil e Massimo Cozza, segretario nazionale Fp-Cgil medici – sarebbe rappresentato da un’unica graduatoria nazionale e da test con domande attinenti alla preparazione scientifica necessaria». Per l’Unione degli universitari il numero chiuso è una selezione «che ha fallito da tutti i punti di vista» e che ha favorito solo gli ordini professionali.
Il ’numero chiuso’, per Andrea Lenzi, presidente del Consiglio universitario nazionale e coordinatore dei corsi di laurea in medicina, non va, invece, messo in discussione. Piuttosto – suggerisce – i test andrebbero accompagnati da un ’questionario ad hoc’ da una fase di ’orientamento’ dal terzo anno di superiori. Divisi i rettori dei diversi atenei (che generalmente lo considerano un male necessario) e gli stessi studenti (il 70% di quelli interpellati dal popolare sito Studenti.it pensa che il criterio di selezione migliore sia una media tra il voto di maturità e l’andamento degli ultimi anni delle scuole superiori, ma c’è anche un 21% secondo cui gli attuali quiz vanno più che bene).
Quel che è certo è che per quest’anno siamo solo all’inizio. Ieri migliaia di studenti di tutta Italia si sono cimentati con la prima prova di medicina e chirurgia. Oggetto della prova 80 quesiti: 40 di cultura generale e ragionamento logico, 18 di biologia, 11 di chimica e altrettanti di fisica e matematica. Oggi sarà la volta di odontoiatria e protesi dentaria, lunedì di medicina veterinaria, martedì dei corsi finalizzati alla formazione di architetto. A conti fatti, nel solo ambito medico, ci sono 37mila posti a bando e 218mila candidati. Chiamarla lotteria, è davvero un eufemismo. Per fortuna la passione per le materie scientifiche nel nostro Paese non si fa scoraggiare (quest’anno facoltà di medicina come quelle di Milano o di Bologna hanno segnato record di iscrizioni, tra il 30 e il 40% in più). Nemmeno dai risultati precedenti al test: quest’anno, di quasi 560mila rimandati, più della metà lo sono stati in proprio in matematica.