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 2010  settembre 02 Giovedì calendario

Spagna, il golpe sventato dagli «eroi della ritirata» - Sono le diciotto e ventitré mi­nuti del 23 febbraio 1981

Spagna, il golpe sventato dagli «eroi della ritirata» - Sono le diciotto e ventitré mi­nuti del 23 febbraio 1981. Il Congresso dei deputati spa­gnoli, a Madrid, sta per eleg­gere presidente del governo Leopoldo Calvo Sotelo in so­stituzione del dimissionario Adolfo Suárez, tuttora facente funzioni dopo un lustro in cui ha smontato pezzo per pezzo la dittatura franchista e rimonta­to una democrazia. Suaréz e i suoi mini­stri sono seduti nelle poltrone blu del­l’emiciclo. Sulla tribuna degli oratori c’è Victor Carrascal,segretario del Con­gresso. A questo punto inizia il colpo di Stato guidato dal tenente colonnello Antonio Tejero, deciso a fare della Spa­gna il paradiso in terra (secondo lui): un’enorme caserma protetta da Dio. A questo punto inizia anche Anatomia di un istante (Guanda, pagg. 462, euro 18,5) straordinario reportage in forma di romanzo di Javier Cercas, già autore del bestseller Soldati di Salamina . L’istante del titolo è quello successivo alla scena appena descritta. In molti lo ricorderanno, le immagini riprese per puro caso da due telecamere di servizio fecero il giro del mondo. Tejero e i con­giurati aprono il fuoco a casaccio. Depu­tati e ministri si gettano a terra, riparan­dosi sotto gli scranni. Tutti cedono alla violenza. Tutti meno tre. Adolfo Suárez rimane al suo posto, seduto. Il numero uno dei comunisti, Santiago Carrillo, ri­mane al suo posto, seduto. Il generale Gutiérrez Mellado, vicepresidente e mi­nistro della Difesa, affronta i militari. Lo si vede di spalle, le mani sui fianchi men­­tre intima la resa agli insorti. Suárez, Gu­tiérrez Mellado, Carrillo sono personag­gi distanti mille miglia uno dall’altro. Hanno storie e idee diverse, addirittura opposte. La decisione di non piegarsi a­l­le minacce li unisce però in un comune destino, del tutto inaspettato: diventa­no eroi della democrazia. Secondo Cer­cas, sono «eroi della ritirata», definizio­ne mutuata da Hans Magnus Enzen­sberger ( ma in fondo già Camus scrive­va­che l’eroe novecentesco è l’uomo ca­pace di dire «no»). L’eroe classico è un idealista che «raggiunge l’apoteosi im­ponendo le proprie posizioni». Al con­trario, l’eroe della ritirata, roso dal dub­bio, le abbandona e le smantella. Suárez è un ex galoppino del franchi­smo. Un provinciale arrivista, dotato di intuito politico formidabile ma anche un tipo facilmente manovrabile a cau­sa della sua ambizione. Gutiérrez Mella­do, molto più vecchio, è un aristocrati­co, franchista della prima ora, monar­chico convinto. Carrillo è a capo del Par­tito comunista appena legalizzato pro­prio da Suárez. Politico di razza, viene da una famiglia di rivoluzionari di pro­fessione. Suárez, scelto dal Re perché ritenuto abile ma innocuo, ottiene un risultato clamoroso, che va al di là delle sue inten­zioni: in undici mesi sbaracca le istitu­zioni del Caudillo , con l’applauso dei suoi eredi, convinti di inaugurare la de­moc­razia nel solco della tradizione fran­chista. Suárez si sposta a sinistra: lui che non ha mai creduto in nulla se non nel­le sue probabilità di fare carriera, si ap­passiona al ruolo di padre della demo­crazia. Legalizza il Partito comunista, convinto che non si possa rifondare il Paese senza il contributo della sinistra. Piega l’esercito e lo pone sotto il control­lo del potere politico. Introduce il divor­zio. Quel 23 febbraio 1981 si è ormai ini­micato tutti, è un uomo finito. Gutiérrez Mellado era stato allievo di Franco all’accademia. Aveva fatto la guerra civile per rovesciare la democra­zia. E ora, convinto che il franchismo sia finito, partecipa attivamente alla crea­zione di una nuova democrazia nella so­stanza identica a quella che aveva ab­battuto. I suoi ex commilitoni lo odiano a morte. Quel 23 febbraio 1981 è an­ch’egli un uomo finito. Carrillo ha rinunciato alla rivoluzio­ne in cambio del ritorno nella legalità. Prova la strada dell’eurocomunismo, dando ai compagni la sensazione di vo­­lersi staccare da Mosca. Inutile dirlo: an­che lui, quel 23 febbraio 1981, è un uo­mo finito. Da mesi e mesi circola voce di un gol­pe imminente. L’economia va a rotoli, il terrorismo separatista impazza,l’eser­cito è scontento, il Re teme di essere tra­volto insieme al primo ministro. La vo­lontà unanime dei partiti, inclusi quelli di governo, è liberarsi di Suárez. Senza però passare dalle urne, che potrebbe­ro premiarlo di nuovo. Questo disprez­zo per la volontà popolare è la «placen­ta » del colpo di Stato: una parte dei mili­tari insorti ritiene di realizzare una vo­lontà diffusa. In molti sono sicuri che il Re,per risolvere l’assedio al Congresso, chiamerà il vecchio generale Armada, suo ex segretario, per dar vita a un esecu­tivo di unità nazionale. Armada, la men­te politica del golpe, ha già pronta la li­sta dei suoi ministri, in cui spicca il socia­lista Felipe González (all’oscuro di tut­to). Per far precipitare la situazione e se­questrare i deputati, viene cooptato Tejero, golpista mancato pochi anni pri­ma, il quale però pensa di partecipare a un altro colpo di Stato, che si concluderà con una giunta militare al comando. L’equivoco sarà chiarito solo nella notte del 23 febbraio e sarà uno dei due motivi del fallimento. L’altro è la ferma opposizione del Re, apparso in tivù per ribadire il sostegno alla democrazia. La mattina del 24 febbraio è tutto finito. La ricostruzione di Cercas è appassionante. Ma il valore del libro si misura nella capacità di met­tere sul piatto, e di trattare a fondo, una quantità impressionante di temi: è pos­sibile arrivare al bene attraverso il ma­le? «Etica politica» è un ossimoro? Giu­dicare eticamente un politico è giusto o meschino? E ancora: la storia ha la sim­metria della fiction, a causa risponde ef­­fetto, o è imponderabile? Rinunciare a saldare i conti col passato è un’offesa ai morti o l’unico modo di salvaguardare un futuro dilibertà? A quest’ultima do­manda, Cercas risponde così: «Non c’è nulla di più abietto che praticare un’eti­ca al solo scopo di avere ragione e, anzi­ché dedicarsi a costruire un futuro im­prontato alla libertà e alla giustizia, co­stringersi a ridiscutere gli errori di un passato ingiusto e schiavo con il fine di trarre vantaggi morali e materiali dalle confessioni di colpa altrui».Un libro bel­lissimo. Peccato non esista un Cercas italiano.