Luca Telese, il Fatto Quotidiano 2/9/2010, 2 settembre 2010
L’EPILOGO LE DOMANDE SENZA RISPOSTA - E
adesso entrare dentro la sede di una casa editrice, La Kaos edizioni, di Milano. Per lungo tempo, è l’unica che continua a pubblicare libri su Silvio Berlusconi. Il motivo è facilmente intuibile. Durante un’inchiesta di Tiziana Parenti (non ancora traslocata in Forza Italia) la pm scopre che nel 1987 persino la casa editrice del Pci, gli Editori Riuniti, ha ricevuto un’incredibile offerta: la disponibilità all’acquisto di tutta la società, se non pubblicheranno un libro che è ancora in fase di editazione su Silvio Berlusconi: Inchiesta sul signor Tv. Gli autori sono due giornalisti che abbiamo già incontrato: Giovanni Ruggeri e Mario Guarino. I due si riveleranno due bestie nere per il Cavaliere. Quando nel 1993 Berlusconi scende in campo, i due si rivolgono proprio alla Kaos. Il marchio di fabbrica è inconfondibile: stile d’attacco, copertine ruvide, inchieste strappapelle. La specialità sono le biografie contro: Vespaio (contro Bruno Vespa), Cicciobello del potere (contro Francesco Rutelli) Geometra Cito(sul sindaco neofascista di Taranto), i libri di Pannella, i libri sul Vaticano, tanto per fare degli esempi. Dopo il libro del 1993, arrivano le prime querele che i due autori riescono a vincere. E poi altri libri che sono i primi a trattare la vicenda Casati Stampa. Li firma entrambi Ruggeri. Il primo, Gli affari del presidente, contiene tutto un capitolo dedicato alla vicenda. Lo strano paradosso è che non riceve nessuna querela. Ma Ruggeri, invece, dopo l’intervista di Cesare Previti a Barbara Palombelli, deve affrontare un lungo procedimento giudiziario, non per quello che ha scritto nel suo libro, ma per alcuni stralci che L’Espresso ha titolato, in modo molto forzato (che in alcuni casi sono la vera causa del procedimento). Non solo la Kaos non molla, ma arriva a pubblicare un altro libro (oggi fuori commercio e quasi introvabile) sull’eredità Casati Stampa.SitrattadeLagrandetruffa (1998), un volume a più mani curato da dieci autori, che ripubblica il terzo capitolo degli affari del presidente, e lo integra con una miriade di documenti preziosi: le citazioni del ministro della Difesa, e la campagna di stampa condotta da Massimo Fini sull’Indipendente, all’insegna delcelebrearticolo:“CariBerlusconiePreviti,sietequerelantio delinquenti?”. Un titolo geniale che verrà anche questo contestato da Previti, e per cui Fini sarà assolto, dieci anni dopo il fallimento del quotidiano.
Il colpo di scena però, arriva nel 1999, quando ai due giornalistivienerecapitataunabozzadi accordo di parte previtiana-berlusconiana. L’offerta è questa: se rinunceranno alla pubblicazione dei loro libri e se si impegneranno a querelare chiunque citi le edizioni già arrivate in libreria, cesseranno tutte le ostilità. Non si tratta di una partita di poco conto. Se non altro perché i tempideitribunalisonolunghissimi, e i diversi gradi di appello regalano giudizi alterni. In primo grado L’Espresso e Ruggeri hanno vinto, ma come andrà l’appello? Guarino definisce la proposta irricevibile: “Per me era una proposta cilena, negatrice di qualsiasi dignità”. Ruggeri, che aveva affrontato il grosso delle cause, proprio sul tema della Casati Stampa è preoccupatissimo. Decide di congelare la ripubblicazione presso la Kaos dei volumi contesi. È una misura di prudenza. Ma forse questi due diversi stati d’animo incrinano il legame di solidarietà tra i due autori. La risposta di Guarino è un rilancio: “Mi misi a scrivere, e pubblicai, di lì a poco, sempre con la Kaos FratelloP21816,illibrosuunaltro capitolo oscuro della storia di Berlusconi, la sua affiliazione alla loggia P2”.
Ancora la testimonianza dell’avvocato Katia Malavenda: “Sì, è vero: Ruggeri era preoccupato, cercavadimuoversiconprudenza, sapeva di rischiare – non avendo patrimonio – cose serissime come il pignoramento del suo stipendio. Alla fine, ne sono sicura, non firmò nessun accordo”.
SÌ, LE CAUSE possono davvero essere un poderoso strumento di deterrenza. E infatti quella che riguardava Massimo Fini si chiuse (con tempi biblici, visto che era iniziata nel 1995) nel 2008. Fini, che aveva deciso di andare fino in fondo, dopo un giudizio sfavorevole in primo grado, ricorse in appello. La sentenzadellaCorted’appellodiRoma arrivò l’otto settembre del 2008. Nel dispositivo si potevano leggere frasi che mettevano la parola fine anche al contenzioso apertodalleinchiestediRuggeri: “Il tribunale – si legge nella sentenza – offrendo una valutazione neutra, incapace di cogliere l’ispirazione e la portata denigratoria dell’articolo, si è limitato ad affermare che ‘non risulta falsa la rappresentazione della vicenda dell’acquisto della villa di San Martino e della tenuta stessa’”. Insomma, sulla vicenda di Arcore, Ruggeri non si è inventato nulla. Certo, i magistrati raccontano anche che la Casati Stampa, sentita con una rogatoria internazionale in Brasile, non ha voluto confermare nè smentire: “La deposizione resa dalla stessa, il 27 giugno 2007, presso l’ambasciata italiana di Brasilia, caratterizzata da una serie di ‘Non so’ e ‘Nonricordo’,nonhaconfortato e confermato in alcun modo la prospettazione accusatoria contenente nell’articolo”.
ANCHE alla linea difensiva di Previti sono riconosciuti dei punti a favore: non è dimostrabilechetuttiiquadricontenutinella villa siano stati liquidati insieme alla vendita, e diversi titoletti dell’articolo pubblicato da L’Espresso, (che però erano ovviamente redazioni e non certo di Ruggeri) venivano considerati forzati rispetto al contenuto e ai fatti esposti. Un altro punto decisivodell’inchiestadiRuggeri,il fatto che la contropartita finale dellavilladiArcorefurappresentata da alcune azioni deprezzate di una società satellite di Berlusconi, veniva confermato. Però - aggiungevano i magistrati - difetta qualsiasi prova di intervento o pressione dell’avvocato Previti per indurre la sua assistita ad accettare ‘azioni senza mercato’ in cambio della cessione dei terreni”.Ovvero:lacortericonosceva chelatransazionecifossestata(e anche implicitamente che fosse sfavorevole all’ereditiera), ma nulla poteva provare che Previti avessefattopressioniperl’accettazione, oltre il suo ruolo di mediazione. La marchesina Casati Stampa, infatti , all’epoca era ormai diventata maggiorenne. Difficilmente, però, i rapporti potevano essere quelli che lo stesso Previti aveva raccontatoallaPalombelli:“Cilasciammo con simpatia reciproca.Ilnostroèstatounottimorapporto”. Certo, come no. Agli atti, anche se senza alcuna rilevanza processuale, restavano le cose ammesse dallo stesso avvocato: e cioè che probabilmente c’era stata una evasione fiscale (“Crede che tutti dichiarino il valore effettivodellaproprietà?”),eche gli scambi di azioni erano a dir poco impropri (“Si tratta dei normali sistemi escogitati dai commercialisti per evitare di pagare troppe tasse”). Nulla di tutto questo sarebbe mai emerso senza i libri della Kaos, e senza la testardaggine dei due autori. Massimo Fini e L’Indipendente di Daniele Vimercati (assolti con formula piena) furono l’unico giornale a raccontare la storia (se si eccettua un pezzullo di poche righe de Il Corriere della Sera, che non nominava Berlusconi nei titoli): “Lo stile polemico e pungente adottato nell’articolo da Massimo Fini – si legge nella sentenza del 1998 – non può essere considerato denigratorio e lesivo della reputazione di Cesare Previti”.
Di più: “L’articolo poneva una chiara domanda di sicuro interesse pubblico, all’allora parlamentare Previti: e cioè se i fatti gravi a lui attribuiti dal Ruggeri e dall’Espresso, fossero veritieri o no, imponendosi in questo caso una risposta giudiziaria che però non era arrivata”. Questa domanda ,glistessigiornalichedue quattordiciannidopoavrebbero subissato di domande Gianfranco Fini per la casa di Montecarlo, nel1994nonselaposero.Enemmeno negli anni successivi.
IL PUNTO interrogativo resta tale, ancora oggi, visto che – ancora oggi – da Silvio Berlusconi non ne sono mai arrivate. Forse, come ha cercato di far credere Previti, l’avvocato sudò sette camicie per convincerlo ad accettare l’affare. Sta di fatto che il premier non ha mai confermato questa tesi. Arcore è diventato untoponimodellapoliticagravato da un sospetto.
Dodicesimo Capitolo
ROMA,30AGOSTO1970.
La cosa curiosa, adesso che tutti i capitoli si sono chiusi, ora che ognitesseraètornataalsuoposto, la cosa curiosa, di quella drammatica sera d’estate – con i domestici che non vogliono aprire le porte della stanza, e gli amici di Anna e Massimo che sentono impotenti glisparichearrivanodall’appartamentoinstrada–lacosaveramente stupefacente è che ognuno dei protagonisti avesse preso una decisione, e predisposto una uscita disicurezzachepoiall’ultimomomento decise di non utilizzare. Camillino ha deciso di lasciare la suaAnnaalpropriodestino,mail Marchese, proprio all’ultimo momento, sceglierà di giustiziarla.Annahamessonerosubianco il suo desiderio di lasciare Massimomapoi,presanellaspiraledegli eventi si ritrova assieme a lui, complice suo malgrado, fino alla morte. Massimo ha la possibilità di non accompagnare Anna all’appuntamento con il marito furente,mafinoallafine,moltopiù romanticamente di come aveva vissuto, segue il destino della donna. Entrambi avevano predisposto una via di uscita minimale, che la fiamma della gelosia carbonizza nella vampata di quell’incontrofuribondo,enella violenza nitida di quelle sei rabbiose fucilate. Dopo la morte dei marchesi Casati Stampa schiere di sessuologi e di moralisti improvvisati si affanneranno ad ipotizzare spiegazioni: il sadico è lui, perché usa i corpi dei suoi amanti per ferire lei; la sadica è lei, perché resta finoall’ultimoistantedivitalavera padrona del gioco, l’esibizionista al centro della scena, sia prima che dopo la morte; no, dicono altri, il vero opportunista è Massimo, perché approfitta dell’ingenuità di una donna che teme di invecchiare, e di un vecchiopervertitochenonsadiredi no. Invece, se la rileggi spassionatamente, questa trama di scelte personali drammatiche, ti viene in mente che non sia nulla di tutto questo: i tre protagonisti, alla fine della storia, vagano nella tempesta come navi a vela prive dialberatura,vannoalladerivain balìa degli eventi.
L’INCREDIBILE faccia a faccia a tre in via Puccini, sigillato per sempre da sei colpi di fucile da caccia, è come il giro di una mano di poker in cui i tre amanti giocano tutti con una carta coperta sotto il tavolo, ma finiscono la partita rilanciando, senza mettere sul piatto il loro punto e senza andare a vedere quello degli altri. Se ci sono dei bluff, in quella stanza, solo la morte ha avuto il privilegio di vedere. Sei colpi di carabina, un corpo di donnadestinatoafissarsinell’immaginario di una generazione, millecinquecento scatti, un diarioconlacopertinaverde.Aquesta storia, puoi provare ad aggiungere o a sottrarre quello che vuoi, puoi sottrarre le attenuanti della morale o le tare del senso comunedelpudore,puoirimuovere i dettagli scabrosi e le coloriture melò. A questa storia puoi aggiungere o sottrarre quello chevuoi,malasommafinale,ela cifra finale del dramma non cambiano: era e resta una grande storia d’amore. Un poligono di sentimenti imperfetti, un triangolo erotico con un lato che non tiene. Quando la geometria angolare dei sentimenti prova ad incastonarsi nella nube oscura delle passioni, il cortocircuito manda in pezzi ogni equilibrio, l’unica cosa che resta sono tre cadaveri sul pavimentodiviaPuccini.Eunfucile fumante a terra.
(Fine)