Daniele Salvini, Nòva24 2/9/2010, 2 settembre 2010
LA PRIVACY FA I SUOI CONTI
Non solamente i dati hanno un valore, ma anche la protezione degli stessi è un valore. Gli utenti di internet scambiano i loro dati personali in cambio di servizi con aziende che trattano questi dati per effettuare un ricavo, le aziende hanno dei costi per tutelare e trattare i dati che hanno ottenuto. Tradizionalmente esse guardano ai costi della privacy con insofferenza, in quanto legislazioni protettive impediscono loro di usare i dati raccolti in maniera leggera, di rivenderli senza anonimizzarli e senza il consenso del proprietario, e una volta costruita una banca dati questa deve essere anche protetta.
Un bel punto di caduta viene suggerito dal libro «Next Privacy » dell’Istituto Italiano per la Privacy: cambiare la percezione che le aziende hanno della privacy. Ossia smettere di considerare la privacy come un costo fastidioso, una limitazione del raggio d’azione e di conseguenza un freno all’innovazione per considerarla invece uno strumento di competizione tra le aziende. Allo scopo di trovare un punto d’incontro tra diritto d’impresa e diritto alla protezione dei dati personali le aziende devono cessare di interpretare la privacy come una liability per arrivare a considerarla un asset.
La privacy è un diritto individuale ma è anche una chiave per il libero mercato e per l’innovazione. Non ha senso chiudere i dati in cassaforte, la privacy non è un peso per chi crea prodotti e servizi ma impreziosisce il processo economico ed è uno strumento di sviluppo per nuove attività. In un mondo di intercettazioni potrebbe piacere l’offerta di un accesso anonimo in un hotel o una navigazione in internet veramente privata. Esistono infatti nuove opportunità per chi vorrà offrire dei servizi migliorati con l’attenzione alla riservatezza.
Questo è il concetto di privacy by design ,
prodotti realizzati già in fase di progettazione con attenzione per la privacy, e di privacy enhancing technologies
(Pet), tecnologie che aiutano la scelta degli utenti verso la riservatezza. La privacy diventa così un fattore chiave nell’ideazione di nuovi prodotti o servizi. Dalla creazione del concetto di privacy, il right to be alone
del 1890 in Usa, non è cambiata solo la società, sono cambiate anche le modalità di scambio economico, ma non è detto che solo per il fatto di usare moneta elettronica qualunque transazione debba portare in eterno un’etichetta con un nome-cognome. Si possono fornire le credenziali necessarie per accedere a un servizio restando anonimi. Ad esempio un ufficio di noleggio automobili ha bisogno di verificare il possesso di una patente valida, avere a disposizione denaro digitale e una assicurazione sulla salute del guidatore, ma non ha bisogno di trattenere altri dati personali dei suoi clienti, e questo vale anche per altri esempi come il noleggio dei film. Ecco dove può nascere un servizio Disegnato per la Privacy, migliorato dall’attenzione per la riservatezza.
I costi iniziali per l’aggiunta complessità del sistema di vendita e di formazione del personale potranno essere compensati dal fatto di raggiungere un maggior numero di utenti. Molte persone potrebbero cominciare a usare dei servizi che prima non usavano, l’azienda offre in questo modo un’immagine di fiducia e crea una fidelizzazione in positivo e non coatta, oltre che godere del vantaggio competitivo dell’innovazione. Inoltre si abbassano i rischi di violazione dei requisiti di legge nel confronti della tutela dei dati. Per quanto riguarda le
privacy enhancing technologies ,
si auspica ad esempio la nascita di standard sui contratti d’uso dei servizi online, in modo che siano più comprensibili e permettano all’individuo di scegliere liberamente se cedere o meno alcuni suoi dati, per quanto tempo e in cambio di cosa.
La questione coinvolge l’ingegnere quanto il sociologo: mentre i governi si dedicano a investire più risorse per la fortificazione delle infrastrutture di protezione, i privati possono sorprenderci ideando servizi efficaci e allettanti in termini di privacy.