Lello Naso, Il Sole 24 Ore 2/9/2010, 2 settembre 2010
«FORZA ROMA, SO’ FINTI I CREDITI CUPI»
L’operazione da manuale di una banca con visione strategica o l’ennesima inutile iniezione di liquidità in una società con un debito di circa 400 milioni? Sul finanziamento da 15 milioni di UniCredit alla campagna acquisti della Roma, al bar sport di tutta Italia le due tesi si contrappongono tra «Ahò» e «Ma de che?».
Secondo gli accalorati sostenitori della tesi numero uno- visione strategica - il finanziamento di UniCredit consentirà alla banca di tutelare il suo credito nei confronti di Italpetroli che controlla la «Magica». Proprio mentre balenano le prime manifestazioni d’interesse per l’acquisto del gruppo dell’egiziano Sawiris e della cordata guidata dall’imprenditore Francesco Angelucci.
La Roma, argomentano i sostenitori della tesi numero uno, può generare quel mix di business e visibilità (dell’azionista) che è lo specifico del calcio e nasce dalle vittorie. L’accesso alla Champions League, il top per una squadra di vertice, può generare, in base ai risultati ottenuti, fino a 50 milioni d’introiti. Il risultato è un moltiplicatore di business: premi, sponsorizzazioni, parco giocatori, appeal della squadra, diritti televisivi e spettatori allo stadio. Per di più con un team sempre sostenuto dai tifosi, anche «nei tempi duri» Basta guardare all’ultima stagione di un’altra quotata: la Juventus, fuori dalla Champions League ha visto scendere gli abbonati, svalutare i giocatori (Diego, la «stella» del club pagato l’anno scorso 25 milioni è stato venduto a 17,5). Lo sponsor BetClic per stare sulla maglia bianconera ha pagato 8 milioni contro i 12 che Emirates paga al Milan. Borriello e Burdisso, e qua torniamo all’anello di congiunzione tra le due squadre e al finanziamento della campagna acquisti, hanno preferito passare alla Roma piuttosto che alla Juventus fuori dalla Champions.
Il calcio è un affare che ha settanta volte sette le incognite degli altri business - la «pelota es rotunda», si diceva un tempo - ma senza buoni calciatori non si ottengono risultati e, alla fine, si svaluta il patrimonio. Venti milioni di garanzia per l’acquisto del roccioso centrale argentino Burdisso e del bomber napoletano Borriello sono un investimento di cui UniCredit non si pentirà.
Tutt’altro,argomentano i sostenitori della tesi numero due - un inutile spreco. La garanzia concessa non è altro che benzina che andrà ad alimentare la spirale debitoria della società. Si ricordi che la Roma si è infilata nel vicolo cieco del debito alla fine degli anni 90, quando la generosità e la passione del presidente Franco Sensi hanno portato nelle fila giallorosse campioni del calibro di Batistuta, Samuel, Emerson, Cassano, Montella, Nakata e un allenatore come Fabio Capello. In un paio di stagioni furono spesi circa 150 miliardi di vecchie lire e si innestò un moltiplicatore degli ingaggi che ha portato al dissesto finanziario. In quegli anni, il divo Totti e tutte le star - piccole e grandi - del firmamento romanista hanno avuto ingaggi che hanno mandato i conti in tilt. Eppure la squadra partecipava alla Champions e otteneva risultati.
Il calcio - ribadiscono i sostenitori della tesi numero due- dovrebbe essere trattato dalle banche come tutti gli altri business. La Roma deve tagliare i costi e gli ingaggi e pareggiare tutti gli anni (il bilancio). Altro che Lupa, dev’essere formica. Austerità, rientro dal debito per facilitare la cessione. Quello che conta è creare una società moderna con i conti in ordine, uno stadio di proprietà, un piano di business che non si basi solo sui risultati sportivi. Il modello tedesco. Avesse chiesto un finanziamento la Juventus per costruire il nuovo stadio, UniCredit avrebbe dovuto concederlo.
Al bar dello sport d’Italia, da Nord a Sud, va così. Tranne per chi ulula «Forza Roma Forza Lupi so’ finiti i tempi cupi...».