Sissi Bellomo, Il Sole 24 Ore 2/9/2010, 2 settembre 2010
LA CACCIA AL RAME VINCE SULLA SICUREZZA
Soltanto ieri in giro per l’Italia ne hanno arrestati nove: per tutti l’accusa è furto di rame, un reato tanto più frequente quanto più il metallo rosso accelera il rally. È la stessa ingordigia a guidare attività minerarie come quella della Compañia Minera San Esteban: operazioni spregiudicate, compiute a rischio della vita. La propria nel caso dei ladruncoli che si arrampicano a tranciare i cavi dell’alta tensione, pur di impossessarsi del prezioso metallo. Quella dei minatori, nel caso di Alejandro Bohn e Marcelo Kemeny, gli spregiudicati imprenditori cileni che in nome del profitto sembrano aver dimenticato anche le più elementari norme di sicurezza.
Gli incidenti in miniera accadono talvolta per fatalità. Ma il rischio non è ovunque lo stesso.
Il Cile – paese la cui economia è sostenuta in gran parte dall’industria mineraria e in particolare da quella del rame, di cui è il primo produttore mondiale –in quanto asicurezza non gode di una cattiva fama: il tasso di mortalità nelle sue miniere è paragonabile a quello degli Stati Uniti. Anzi, nel 2008 era stato addirittura inferiore: 43 vittime contro 53.
Nel paese sudamericano la normativa sulla sicurezza è adeguata, assicurano gli esperti. Il problema è che ad applicarla – e a dotarsi delle più moderne tecnologie estrattive – sono soltanto le società più grandi, che operano sotto lo sguardo attento degli investitori, del governo e dei potenti sindacati di settore.Che invece non vogliono – o in qualche caso forse non possono –controllare le migliaia di compagnie minerarie, talvolta piccolissime, che spuntano come funghi proprio nei periodi di maggiore appetibilità delle quotazioni del rame, per poi magari chiudere i battenti quando queste tornano a scendere, cancellando la difficile redditività di miniere vecchissime, a tratti abbandonate, in cui occorre scavare sempre più a fondo per inseguire le vene residue di metallo.
La miniera San Josè non è piccolissima. Di certo è vecchia – la sua scoperta risale a 129 anni fa –e insicura.Ma racchiude rame, un metallo il cui prezzo è risalito ieri ai massimi da 4 mesi ( oltre 7.500 dollari per tonnellata al London Metal Exchange) e che è uno dei cavalli di battagliapreferiti dai fondi di investimento, convinti che abbia eccezionali prospettive di rialzo.
In un recente sondaggio effettuato dalla Reuters tutti i 19 analisti interpellati hanno decretato che il prossimo anno – a prescindere da come andrà l’economia globale –la domanda di rame supererà l’offerta. Un consenso davvero raro, motivato dal fatto che le maggiori miniere cuprifere del mondo hanno deluso le aspettative di produzione, mostrando in molticasi preoccupanti segni di declino, mentre i nuovi progetti estrattivi sono pochi e appaiono in ritardo rispetto ai tempi di evoluzione della domanda.
Ma non è tutto. Associato al rame – come spesso, ma non sempre, accade – a San José c’è anche oro: un’altra superstar tra le materie prime, le cui quotazioni, volate oltre 1.250 dollari l’oncia, sono ormai vicinissime ad aggiornare il record storico stabilito soltanto un paio di mesi fa.