Luca Davi, Il Sole 24 Ore 2/9/2010, 2 settembre 2010
IL RECORD DELL’ORO TRA L’URTO DELLA CRISI E LA VOGLIA DI LCD
Sulla bilancia elettronica finiscono una catenina, orecchini, spille, molte delle quali ancora nei loro astucci originali. E così pure diversi anelli, un fermacapelli. Tutto d’oro. «Quattrocento grammi a 19,60 euro al grammo, fanno 8mila duecento euro ». Una stretta di mano, un ok tirato: per il signore di mezz’età l’affare è fatto.Per Angelo Mallardi, titolare di un negozio di compro-oro a Milano, pure. «È così tutti i giorni. In negozio si presentano operai che non arrivano alla quarta settimana – spiega – ma anche signori come quello che è appena uscito: non ha alcun problema economico, ma ha visto che le quotazioni sono ai massimi e dice che è il momento migliore per monetizzare il guadagno».
Benvenuti nell’Italia che compra e vende (e talvolta svende pure) oro. Un’Italia silenziosa ma folta, che fa i conti con la crisi economica, che ma allo stesso tempo si libera dei gioielli di famiglia per comprare l’Lcd nuovo,che ha perso il lavoro e così «l’unico modo per pagare la rata del mutuo è questo ». Un paese composito, perfino contradditorio, che però in maniera univoca si libera della gioielleria nel cassetto perché sente che è il momento giusto per farlo. «Quello della vendita di oro da parte degli italiani è un fenomeno in espansione – spiega Vanni Codeluppi, professore di Sociologia dei consumi all’Università di Modena e Reggio Emilia – ed è il frutto anche di un cambiamento epocale nella percezione del bene: un tempo il metallo giallo doveva essere solo conservato e tramandato da una generazione all’altra. Oggi è diventato prevalentemente oggetto di scambio e guadagno. Ha perso la sacralità di un tempo». Una «laicizzazione » del bene rifugio per eccellenza, verrebbe da dire, che in verità attraversa tutti gli strati sociali e tutte le età. «A vendere oggi sono persone diverse per storia, età e origine – aggiunge Mallardi –: c’è l’operaio che ha perso il lavoro e non ha alternative per pagare i debiti; c’è la signora di mezz’età, lasciata dal marito, che pretende di mantenere inalterato il suo standard di vita; c’è infine chi, e sono tanti, vendono l’oro di famiglia,magari regalato, altre volte ereditato dai genitori, per togliersi piccoli sfizi: una vacanza, un televisore nuovo».
Al di là del ribaltamento nelle abitudini dei consumatori-investitori, il boom è la risultante di due vettori di cambiamento ben definiti: da una parte lo scoppio della crisi finanziaria, e la conseguente fame di liquidità da parte di molte famiglie italiane; dall’altra il rialzo ai massimi delle quotazioni del metallo giallo, i cui prezzi sono in pratica triplicati nel giro di tre anni. Un mix che ha dato il via all’altra faccia del fenomeno, ovvero l’esplosione dei comprooro. Si calcola che negli ultimi tre anni il settore sia quintuplicato in termini di dimensioni: nel complesso, secondo alcune stime, sarebbero tra i 5 e gli 8 mila i negozi specializzati nell’acquisto di materiali preziosi, il cui giro d’affari si aggirerebbe tra i 2 e i 3 miliardi di euro, con un gettito fiscale compreso tra i 200 e i 300 milioni. Spesso si tratta di piccoli negozianti che hanno avviato l’attività in autonomia, altre volte invece si assiste alla proliferazione delle catene in franchising. Un business, quest’ultimo, che dopo aver interessato soprattutto il Nord Italia, ora si sta spostando rapidamente nelle regioni meridionali, autentica prossima frontiera per il settore. La domanda c’è,i margini pure:così gli operatori si sfidano a colpi di pubblicità (in strada, sui giornali, in radio ma sempre di più anche su internet, vero nuovo canale di compra-vendita) e di rialzi nelle quotazioni offerte. L’unico modo per sopravvivere in questa caccia all’ultimo grammo d’oro.