Luca Peretti, 2 settembre 2010
Le strategie di sopravvivenza dei 33 minatori bloccati sotto terra: video di Pelé, lettere alle mogli
Le strategie di sopravvivenza dei 33 minatori bloccati sotto terra: video di Pelé, lettere alle mogli. Manca un pallone- «Estamos bien en el rifugio los 33», il messaggio recapitato il pomeriggio di domenica 22 dai 33 minatori intrappolati nella miniera di San José, a Copiapo nel nord del Cile. Il 5 agosto un crollo nelle gallerie del rame li ha costretti a ripararsi in un rifugio d’emergenza, posto a 688 metri di profondità: una sonda li ha raggiunti dopo 18 giorni, quando le speranze di trovarli erano ormai disperate. Fabio Bozzato: «Appena radio e tv hanno dato la notizia, una scarica di emozione ha attraversato il paese: clacson per le strade, crocchi negli incroci, sventolio di bandiere, la centrale piazza Italia di Santiago ha cominciato a riempirsi. A sera sono arrivate anche le immagini, mentre la sonda incominciava a inviare medicinali, comunicazioni, viveri». [1] Il rifugio dove si trovano i minatori (32 cileni e un boliviano) è un’area di 50 metri quadrati, «uno spazio che, dalla nostre parti, vale un piccolo appartamento buono per una coppia». [2] Aver resistito così tanto è già un’impresa: hanno dovuto razionare il cibo nutrendosi «ogni 48 ore solo di mezzo bicchiere di latte, due cucchiaini di pesce in scatola, mezzo cracker e una fettina di pesca». [3] I minatori stanno bene, come ha testimoniato una seconda sonda dotata di una capsula video: nelle prime immagini si vedono quattro minatori, a torso nudo, che salutano verso la telecamera. [4] Secondo quanto dichiarato dal ministro della Salute Jaime Manalich i 33 potrebbero restare nella miniera fino a Natale, il tempo necessario per scavare un canale alternativo dove possano passare gli uomini. [5] Ma la stima potebbre essere esagerata (“conservatrice” l’ha definita Joe Manchin, governatore dello Stato del West Virginia, quello con il maggior numero di miniere americane). [3] Rocco Cotroneo: «Se il lieto fine risulterà confermato nelle prossime ore, c’è da scommettere che la vicenda si trasformerà per il Cile, e non solo, in un reality show senza precedenti». [6] E lo spettacolo è già cominciato: un grande produttore avrebbe tentato di ottenere le riprese dei minatori, mentre in Cile si vendono le magliette con scritto il primo messaggio inviato da Los 33. [7] I minatori verranno portati in superficie uno alla volta, attraverso una galleria di 66 centimetri di diametro. «Non possono ingrassare: adoperando i due chilometri di gallerie disponibili, dovranno allenarsi in modo da potenziare i muscoli addominali e badando a non superare i 90 centimetri di giro vita» (Giorgio Dell’Arti). [2] Costo dell’operazione di recupero, con la trivella da 40 tonnellate (la Xtrata 950): 10 milioni di dollari. [7] «Cara Lila sto bene, grazie a Dio. Spero di uscire da qui al più presto, pazienza e fede». La lettera di Mario Gomez, uno dei veterani e leader del gruppo, scritta alla moglie e arrivata insieme al primo messaggio verso l’esterno. «Nello stesso biglietto i dettagli della sopravvivenza, nel calore insopportabile del sottosuolo. I minatori non si sono persi d’animo riuscendo persino a far arrivare al rifugio due camionette, che hanno fornito luce, e costruito una specie di canale per l’acqua» (Rocco Cotroneo). [6] Angelo Aquaro: «Mario è quello che i compagni chiamano “il navigatore”, per la sua passione per il mare e perché da giovane ha lavorato anche come marinaio, prima di prendersi cura dei sei fratelli». [5] Gomez ha iniziato a lavorare nelle miniere a 12 anni, era già stato a San José e non voleva tornarci perché la considerava poco sicura. [4] Chi sono gli altri minatori? Johnny Barrios Rojas, 50 anni, non poteva permettersi di studiare arte e così da 25 anni lavora in miniera; José Henriquez, 56enne, che rischiò la morte già nel 1986; Carlos Mamani è il boliviano, lavorava nei campi di pomodori con la moglie, finché quattro anni fa non ha scelto la miniera; Jimmy Sanchez, 19 anni e una figlia, il più giovane dei 33. [8] L’ex calciatore Franklin Lobos, che adesso ha 53 anni e in gioventù ha giocato anche in nazionale. «Quando ha smesso col calcio, s’è messo a fare il conducente di autobus e taxi. Poi portava il pullman dei minatori. All’ultimo è finito in miniera anche lui». [2] Nella miniera sono morti tre lavoratori negli ultimi sei anni. «Minera San Esteban» è la proprietaria della miniera, ha circa 150 dipendenti. Malgrado la pericolosità a San José ci sono sempre minatori, perché «i dipendenti qui guadagnano in media 857 euro al mese, mentre il salario medio, nelle altre aziende delle stesse dimensioni, è di 700 euro». [9] Il proprietario della miniera si chiama Alejandro Bohn Berenguer. Bozzato: «Nel 2008 aveva dovuto chiuderla per sette mesi e pagare un indennizzo di 90 milioni di pesos alla famiglia di un minero morto. Quella di Bohn Berenguer è una delle 1.335 piccole e medie imprese minerarie che lavorano in Cile, assieme alle 16 grandi aziende del settore, dove sono occupati oltre 174mila operai. Rappresentano il cuore dell’economia del paese, il rame, che si produce in oltre 5,4 milioni di tonnellate annue, cioè 22.300 milioni di dollari in utili solo nel 2007 e 6.200 di tasse nelle casse statali». Numero di vittime nelle miniere cilene: 31 nel 2006, 40 nel 2007, 43 nel 2008. [1] Bohn Berenguer nega le responsabilità e annuncia di poter essere costretto a dichiarare bancarotta: i minatori, una volta liberi, probabilmente non potranno riscuotere lo stipendio. [4] Per il presidente del Cile Piñera la vicenda è importante in termini di popolarità. «Ha curato l’immagine nei dettagli, si è precipitato quattro volte sul luogo del dramma, accompagnato quasi sempre dalla moglie che si è proposta come “amica” di madri, spose e sorelle accampate». [1] È stato proprio il presidente a mostrare alle telecamere il primo messaggio arrivato e subito dopo ha esclamato: «Viva Chile, mierda!». [6] Il sindacalista Jorquera: «Eppure restano intatte le responsabilità dello Stato nel concedere autorizzazioni per la sicurezza prive di fondamento». Piñera ha cercato allora di rimediare, decapitando il Servicio nacional de geologia y mineria (Sernageomin) e annunciando una nuova legge in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro. [1] I minatori hanno realizzato un video di 45 minuti, in cui hanno illustrato il loro rifugio: l’angolo farmacia, lo spazio ricreativo con il domino, quello per la preghiera e quello dove fanno le riunioni. [7] Agli uomini vengono inviati glucosio e sali minerali attraverso tubi di plastica del diametro di 11 centimetri chiamati “colombe”, una specie di yogurt liquido che è stato progettato per le missioni spaziali, carboidrati e cibi solidi. I medici hanno deciso di inviare tranquillanti e antidepressivi. Volevano anche mandare un pallone da calcio, ma non passava dal buco. [2] Inviate anche 33 piccole edizioni della Bibbia. «Nei prossimi giorni verrà poi calato un piccolo proiettore e la selezione dei migliori gol di Pelé, Maradona e Ronaldinho». [7] I 33 si trovano in una condizione simile a quella degli astronauti, per questo è stata contattata la Nasa. Ray Hays, docente di Scienze del comportamento al Baylor College (Texas): «L’esperienza dimostra che ciò che più conta per gli astronauti isolati nello spazio è la capacità di avere conversazioni private con i propri famigliari». L’altro aspetto dei suggerimenti in arrivo dalla Nasa riguarda «l’organizzazione della convivenza forzata in spazi ristretti, assegnando a ognuno delle responsabilità e creando dei ritmi della giornata attraverso un calendario di eventi capaci di distinguere il giorno dalla notte. Ancora Hays: “Fra i rischi maggiori c’è la perdita del senso del tempo perché ciò porta ad allucinazioni e ad altre degenerazioni psicotiche capaci di innescare un domino di tensioni e problemi che possono mettere tutti a rischio”». [3] I rischi psicologici sono evidenti: cinque minatori si sono già isolati dagli altri, non si alimentano bene e potrebbero essere depressi, secondo quanto riportato dal ministro della Salute. [7] I pareri degli esperti. Pier Paolo Donadio, primario di Rianimazione all’ospedale Molinette di Torino: «Devono muoversi: l’immobilità significherebbe rischiare trombosi ed embolie». Donadio ricorda poi il rischio di una malattia acuta o infezione di origine virale: «Se anche uno solo dei minatori morisse, la presenza di un cadavere sarebbe una tragedia per tutti». [10] Maurilio Coluccino, geologo della Provincia del Verbano Cusio Ossola: «C’è il rischio, scavando, di far cadere altri massi. Non si possono usare le grandi frese e solo piccole quantità di esplosivo, con grande attenzione e competenza». [11] Per Claudio Mencacci, direttore del Dipartimento di Neuroscienze del Fatebenefratelli di Milano, è importantante che si nutrano: «Se cominciassero a scarseggiare i generi di prima necessità si scatenerebbe una lotta interna. Scongiurato questo rischio emergerà un leader che dovrà utilizzare al meglio le competenze individuali. In questi casi, infatti, si attiva quella parte dalla corteccia cerebrale che facilita la cooperazione in vista di uno scopo comune». I minatori avranno probabilmente problemi anche una volta usciti: «Dovranno affrontare claustrofobia, paura del buio, flash back, disturbi del sonno e stati di allerta». [12] Erri De Luca: «Non sono astronauti alla rovescia i minatori insaccati all’antipodo sud. Sono uomini usciti per un salario ancora prima di giorno. Hanno guardato le stelle col sospiro di sollievo di non dovere estrarre pure quelle dal soffitto della galleria. Sono andati al lavoro col fagotto cucinato, da riportare a sera. Devono invece inventare una sopravvivenza, suddividendosi spazio, sonno, gabinetto, in parti uguali. Nell’emergenza la specie umana sa benissimo il da farsi e come. Sa condividere: in lingua ispanica è altrettanto bello il verbo: compartir». [13] (a cura di Luca Peretti) Note: [1] Fabio Bozzato, il manifesto 24/8; [2] Giorgio dell’Arti, La Gazzetta dello Sport 25/8; [3]Maurizio Molinari, La Stampa 26/8; [4] Emiliano Guanella, La Stampa 24/8; [5] Angelo Aquaro, la Repubblica 24/8; [6] Rocco Cotroneo, Corriere della Sera 24/8; [7] Roberto Da Rin, Il Sole 24 Ore 28/8; [8] Fabio Bozzato, il manifesto 28/8; [9] Francesco Peregil, la Repubblica 27/8 (Traduzione di Luis E. Moriones); [10] Marco Accossato, La Stampa 24/8; [11] Carlo Bologna, La Stampa 24/8; [12] Francesco Moscatelli, La Stampa 24/8; [13] Erri De Luca, Corriere della Sera 28/8.