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 2010  settembre 02 Giovedì calendario

“Così sono diventato Blair” - Dopo mesi passati a immaginare cosa potesse nascondersi nelle memorie di Tony Blair, il tanto atteso libro, i cui proventi andranno in beneficenza, è da ieri mattina nelle librerie di una dozzina di Paesi

“Così sono diventato Blair” - Dopo mesi passati a immaginare cosa potesse nascondersi nelle memorie di Tony Blair, il tanto atteso libro, i cui proventi andranno in beneficenza, è da ieri mattina nelle librerie di una dozzina di Paesi. Si chiama «A Journey, «Un Viaggio» ed è la sintesi del percorso compiuto dall’ex leader laburista e con lui da tutta una nazione che, dopo anni di dominio conservatore, nel 1997 scelse di mandare a Downing Street, a furor di popolo, uno dei premier più giovani di sempre. Un ex ragazzo con la chitarra, una bella famiglia e un’idea nuova in testa, quella del New Labour. Funzionò per tre mandati consecutivi, tre elezioni vinte con ampi margini: un record assoluto per i laburisti. Un decennio di «dominio» nel quale il mondo è cambiato e con esso la Gran Bretagna. Gli attacchi alle Torri gemelle, la guerra in Afghanistan, gli attentati alla metropolitana di Londra ma soprattutto il conflitto in Iraq, per molti «la guerra di Bush e Blair». Un conflitto che gli inglesi non volevano. E non è un caso dunque che il capitolo su Saddam Hussein sia quello che ha attirato più attenzioni ed è vivisezionato dai media britannici. Delle spiegazioni di Blair il Daily Mail, tabloid da oltre 2,5 milioni di copie al giorno non si cura e titola: «Tutte lacrime di coccodrillo». «E in più non chiede neanche scusa». Blair in effetti dice di non «potersi rammaricare» per la scelta di andare in guerra. Ma per tutte quelle vite «spezzate prematuramente» certo prova «un dispiacere infinito, che le lacrime non potremmo mai spiegare». «Credete che non sia un essere umano?», ha ripetuto in tutte le interviste rilasciate prima dell’uscita del libro. «Loro, morti; io, che ho preso la decisione, ancora in vita». Ma «Un Viaggio» non è solo Iraq. È questo e molto altro. È il ricordo della prima volta a Downing Street, è lavorare alle riforme per il Paese, è il rapporto - travagliato - con l’amico-nemico Gordon Brown, è la pace in Irlanda del Nord, il rapporto con la Regina, la morte di Diana, gli scandali, veri o presunti, personali - la scappatella con Carole Caplin, trainer di Cherie? - o politici, il vizio del bere, che, seppur in modo moderato, a un certo punto è diventato per Blair «un problema» con cui fare i conti. «Un Viaggio - sentenzia il Times nel suo editoriale - è molte cose. È una spiegazione, una rubrica di gossip, una dissertazione sull’essere capi di Stato. È inoltre un promemoria sul perché Blair ha vinto tre elezioni. È il lavoro di un uomo che, non dobbiamo scordarcelo, è stato il politico progressista più dotato della sua generazione». La figura di Blair, a tre anni dalla sua uscita di scena dalla politica che conta, continua quindi ad affascinare e dividere. Fuori e dentro al campo laburista, nel mondo dei media e dell’intellighenzia britannica. «Le sue memorie - ha scritto con la consueta ironia Nick Robinson, il notista politico della Bbc - mi ricordano quelle della principessa Diana: confermano che ciò che era stato già scritto sul dietro le quinte è in realtà solo la metà di quello che è accaduto davvero». Sensazione condivisa, nella sua essenza, anche da Diane Abbott, aspirante leader del partito laburista. Che ha però accusato Blair di aver «accoltellato alla schiena» il suo successore. Per gli alleati di Brown le memorie di Tony non aggiungono nulla di nuovo, «sono quello che ci aspettavamo». Nel partito però c’è anche chi non ne può più di sentir parlare di Brown e di Blair. «Hanno avuto una relazione scoppiettante», ha detto Ed Miliband, altro candidato alla carica di segretario. «Ora però credo sia venuto il tempo di voltare pagina». Difficile quando l’ex capo riesce a far uscire il suo libro proprio nel giorno in cui il Labour inizia a votare per il suo prossimo leader.