Enrico Girardi, Corriere della Sera 01/09/2010, 1 settembre 2010
I MAGGIORI CAPOLAVORI DEI MAESTRI DIMENTICATI
Il principe dei musicologi italiani, Giorgio Pestelli, ospita nella sua collana di musica e letteratura un volume amabile e colorito di Sergio Martinotti, per lunghi anni docente alla Cattolica. S’intitola Dietro l’angolo (Edizioni dell’Orso, pp. 350, 25) e perché, immaginando via maestra quella di Bach e Händel (foto), Haydn e Mozart, Beethoven e Brahms si occupa di alcune delle numerose vie traverse che stanno appunto dietro l’angolo: figure di musicisti che hanno preso e dato alimento alla via maestra, anche se non si eseguono né si studiano. Non, tuttavia, le «cause perse» di cui amavano occuparsi intelligenze curiose come quelle di Gavazzeni o Albrecht, ma musicisti veri, la cui fortuna non è attualmente ai vertici ma lo è stata. È questo, per esempio, il caso di Louis Spohr, autore colpevole d’aver lasciato un catalogo troppo ampio perché sia facile rintracciarne i capolavori: in ogni caso, un romantico nello spirito e un classico nel gusto formale, ammiratissimo da Beethoven e Schumann, autore del più bel Faust operistico e di una autobiografia che è un’autentica miniera di conoscenze sulla vita musicale austro tedesca di primo Ottocento. A lui, come a Telemann, Bennett e Pfitzner, Martinotti ha dedicato un saggio del tutto nuovo. Su altri autori, come Méhul, Nielsen, Szymanowski, Gershwin, Busoni, Viotti, Clementi, Cherubini e Meyerbeer ha invece aggiornato e riscritto saggi preesistenti alla luce delle nuove acquisizioni documentarie. E tra questi autori rivisitati, anche uno sguardo su Max Reger che non si limita all’immensa letteratura organistica ma si apre anche alla produzione cameristica e orchestrale, più misteriosa e inquietante. Martinotti è un studioso sui generis. A parte Bruckner, s’è sempre occupato di musica «dietro l’angolo» senza la pretesa di rivelare il miracolo e senza la presunzione di esibire metodi d’indagine alla moda. Ma è uomo colto, e le conoscenze di una vita rendono questa sua raccolta di saggi un volume amabile. Dopo anni di una musicologia divulgativa o, al contrario, di una analiticità arida, quando non pretenziosa, questo libro è anche un modello per chi persegua l’ideale di una musicologia onesta, pulita e comunicativa.
Enrico Girardi