Andrea Nicastro, Corriere della Sera 01/09/2010, Michele Nones, ib., 1 settembre 2010
2 articoli - PORTAEREI IN CONDOMINIO PER GLI EX RIVALI. LA DIFESA COMUNE DI PARIGI E LONDRA — Il generale Charles de Gaulle e innumerevoli schiere di ufficiali di qua e di là dalla Manica non potrebbero credere a quel che sta per accadere
2 articoli - PORTAEREI IN CONDOMINIO PER GLI EX RIVALI. LA DIFESA COMUNE DI PARIGI E LONDRA — Il generale Charles de Gaulle e innumerevoli schiere di ufficiali di qua e di là dalla Manica non potrebbero credere a quel che sta per accadere. Eppure sembra che sia pronta a nascere la portaerei part-time. Prodromo, forse, del nuovo concetto di dottrina militare: la superpotenza in tandem. Gran Bretagna e Francia, Paesi con la bomba atomica in arsenale, potrebbero decidere di mettere in comune quel che resta della loro forza di «proiezione strategica» e condividere l’uso delle ultime loro tre portaerei. Se il progetto di condivisione (sharing direbbero gli inglesi, come il car-sharing) andasse in porto, sarebbe una svolta a suo modo storica, di certo fantasiosa, un’entente, un’intesa, ben più che cordiale, figlia della crisi economica e dell’ostinazione a voler mantenere lo status da potenza globale. Tutto è cominciato, probabilmente, al vertice Nato di Bucarest nell’aprile del 2008 quando Nicolas Sarkozy delineò la nuova strategia di difesa francese: meno grandeur solitaria e più collaborazione con Nato ed Europa. In attesa che l’Unione Europea faccia il suo ingresso nel mondo militare, Londra ha colto l’invito e ha cominciato segretamente a trattare. Tutte le Difese europee, compresa l’italiana, stanno vivendo la stessa metamorfosi: da pesanti organismi fatti per resistere all’invasione sovietica a corpi agili adatti ad un mondo globalizzato, capaci di andare lontano (Iraq, Afghanistan, Timor Est, Corno d’Africa, ad esempio) a difendere i commerci e i propri interessi strategici. C’è un’unica potenza oggi veramente in grado di farlo: gli Stati Uniti, grazie ad una costosissima rete di basi in giro per il mondo e, appunto, alle sue portaerei. Francia e Gran Bretagna sono al terzo e quarto posto mondiale per spese di Difesa con 65 miliardi di euro l’anno ciascuna, ma la maggior parte se ne va in stipendi, manutenzione e missioni all’estero. Per acquistare nuove armi (e navi) restano le briciole. Londra possiede due portaerei, entrambe bisognose di profonde ristrutturazioni. Meglio ancora sarebbe rottamarle e finire la costruzione di due nuovi aeroporti galleggianti che sono già in cantiere e per di più stanno dando lavoro a 10 mila cittadini britannici. Il problema è il conto da saldare al momento del varo. Si parla di almeno sei miliardi e 200 milioni di euro, non compatibili con le attuali finanze di Sua Maestà. La Francia sta un po’ meglio perché ha già terminato la ristrutturazione della sua unica ammiraglia, la portaerei Charles de Gaulle, per circa 300 milioni. Nessuno dei due Paesi vuole, per il momento, seguire la strada italiana e varare navi più piccole come la Cavour («solo» un miliardo e 300 milioni chiavi in mano). La soluzione, quindi, in attesa di decisioni strategiche diverse sembrerebbe il part-time. Per le esigenze di inglesi e francesi verrebbe usata una sola portaerei alla volta. Le altre due resterebbero in porto, con altri risparmi. Se tutto andrà per il verso giusto, David Cameron e Nicolas Sarkozy potrebbero firmare l’accordo già a novembre. Gli ostacoli non sono pochi. Gli aerei inglesi non sono tecnicamente in grado di atterrare sulla nave francese. Ma il punto dolente è soprattutto nella catena di comando. Chi decide dove va l’unica portaerei di due ex potenze globali? Al largo delle coste africane per sostenere qualche governo amico di Parigi o alle isole Falklands per difendere a nome di Londra eventuali giacimenti petroliferi? Andrea Nicastro VERSO UN ESERCITO SENZA FRONTIERE LA DIFESA EUROPEA IN TEMPI DI CRISI - Se sarà confermato l’accordo anglo-francese su un impiego coordinato delle rispettive portaerei, anticipato oggi dal Times, si aprirà una pagina nuova nel processo di integrazione europea nel campo della difesa. Di fatto i due Paesi cercherebbero di assicurare la disponibilità continua di almeno una delle loro due portaerei. Gli inglesi potrebbero così rinunciare a una seconda unità con un risparmio di più di 3 miliardi di euro. Lo stesso potrebbero fare i francesi, risolvendo il problema delle frequenti soste della loro attuale portaerei. Non è ancora chiaro come questo potrebbe avvenire e quali le conseguenze operative. La sua gestione non sarebbe, comunque, semplice: quella francese imbarca già oggi velivoli francesi a decollo convenzionale, la futura portaerei inglese potrebbe imbarcarne di analoghi (ma non si sa quali) o a decollo corto/atterraggio verticale (il Jsf in versione Stovl). L’ipotesi di utilizzare gruppi di volo di un Paese su una nave di un altro è, per altro, quasi irrealizzabile (diverse caratteristiche tecniche, controllo operativo, addestramento, manutenzione). Ma, qualunque sia la conclusione, è importante che il tema sia affrontato dalle due principali potenze militari europee perché è impensabile costruire un’Europa della difesa senza il loro impegno diretto. È nel momento delle difficoltà che si tirano fuori gli artigli e per l’Europa questo è uno dei momenti più difficili. La crisi economica e finanziaria non consente né sconti né rinvii nemmeno per le spese di difesa, nonostante i rischi e le minacce che caratterizzano lo scenario internazionale. I Paesi europei che più spendono nella difesa (Uk e F) sono inevitabilmente i primi ad essere coinvolti. Puntare maggiormente sui programmi intergovernativi di sviluppo e produzione, di manutenzione e di addestramento rappresenta da tempo una strada obbligata, così come quella di dar vita a formazioni europee in campo terrestre, navale e aereo sotto comandi congiunti. Con il nuovo accordo si farebbe un passo avanti, accettando un maggiore livello di interdipendenza reciproca. Michele Nones