Franco Bechis, Libero 1/9/2010, 1 settembre 2010
FINI, LA LETTERA SALVACRICCA
Solo dopo il terzo intervento diretto di Rita Marino, segretaria personale di Gianfranco Fini, è stato possibile fare finire un milione e mezzo di euro nelle tasche dell’imprenditore più
Noto della cricca degli appalti pubblici,Francesco de Vito Piscicelli. Così il pressing asfissiante dello staff del presidente della Camera dei deputati nel gennaio scorso è riuscito ad aggirare un no di peso: quello venuto dallo staff del sindaco di Roma, Gianni Alemanno. Cedendo alle insistenze della Marino, che aveva chiamato tre fra i più importanti dirigenti del Comune di Roma per il pagamento a Piscicelli, la dottoressa Laura Mangianti della segreteria del sindaco di Roma ha accettato di ricevere l’imprenditore che rideva la notte del terremoto de L’Aquila immaginando i ricchi appalti il 14 gennaio scorso alle 11 del mattino. Ma l’incontro dei cortesia fu un flop. La Mangianti chiamò davanti a Piscicelli il ragioniere generale del Comune di Roma, Maurizio Salvi, che gelò l’imprenditore: «Mi spiace, non è possibile! I fondi dei Mondiali di nuoto sono tutti bloccati». Piscicelli non si perse d’animo, chiamò subito il commissario dei mondiali di nuoto, Claudio Rinaldi, lamentandosi della risposta avuta dalla segreteria di Alemanno: «La Mangianti è una bravissima donna, ma non capisce un cazzo». L’imprenditore chiede di prepararsi comunque al pagamento, che i fondi ci sono e verranno sbloccati. E ha ragione lui, che sa di essere più forte del no ricevuto dallo staff di Alemanno: ha appoggi più in alto, più potenti, in grado di compiere il miracolo.
Non passano neanche 24 ore che a Piscicelli arriva la telefonata attesa: quella di Rita Marino, che gli annuncia lo sblocco del pagamento da 1,5 milioni di euro. Un pagamento che evidentemente non doveva avvenire, e non solo per il no degli Alemanno boys. Alle 12 e 40 del 15 gennaio scorso viene intercettata dai Ros una telefonata illuminante a Piscicelli da parte del commissario dei mondiali di nuoto, Rinaldi: «Io, se ti devo dare una mia cosa... sono tanto, tanto preoccupato su Valco San Paolo. Ma proprio tanto, tanto, tanto, tanto, tanto... per due motivi... uno molto importante sulla copertura che... francamente... mi preoccupa tanto . Poi sono preoccupato per ... per la ... fine dei lavori... che ti devo dire?». Rinaldi sa quindi che il collaudo statico della struttura è a rischio proprio nel giorno del pagamento e teme perfino che i lavori non vengano ultimati dopo avere preso i soldi (mancava ancora l’intera costruzione delle tribune). Piscicelli prova a dare assicurazioni: «Claudio io con un po’ di ossigeno lì... te lo faccio volare quel cantiere! Volare, volare, sono quattro cazzate...». Rinaldi replica: «Non mi pare che sono quattro cazzate». E Piscicelli promette: «Va be’, ma insomma, non sono lavori complicati capisci, sono noiosi, ma sono stupidaggini. io ho chiamato già il mio carpentiere che mi ha fatto il tetto, l’egiziano. E c’ho appuntamento lunedì pomeriggio in ufficio per combinare la squadra...». In questo clima cupo alle 15.12 di quello stesso giorno sarebbe arrivata la telefonata della segreteria di Fini sblocca-soldi. Dieci minuti dopo Piscicelli comunica raggiante la novità a Rinaldi, anche per distoglierlo dai problemi del cantiere. Per il commissario ai mondiali di nuoto invece la notizia fa l’effetto di una nuova doccia fredda. Perché Piscicelli ha ottenuto sì appoggi politici così alti da sbloccare l’impasse del pagamento, ma Rinaldi sa che quel versamento da 1,5 milioni di euro non è giustificabile sotto il profilo tecnico con il cantiere non collaudato, le tribune ancora non costruite e tutti gli altri imprenditori più in regola destinati a rimanere a bocca asciutta. Così spiega: «Bisogna fare una lettera in cui diciamo che i mille e cinque sono ... inerenti un’opera funzionale o una parte già in funzione... capito ? e mandare ’sta cazzo di lettera al XXII dipartimento, a GEUSA ... Ferruccio...». L’ostacolo che angoscia Rinaldi non sembra preoccupare Piscicelli. C’è da fare una lettera in cui si attesta quel che non è vero, e cioè che si consegna almeno una parte dell’opera conclusa e funzionante. E Piscicelli quella lettera la fa scrivere all’architetto Paolo Zini. Lo chiama il 18 gennaio al telefono: «Buongiorno bello mio! è da venerdì che ti cerco ... [...] ... perché poi mi ha chiamato la segretaria di Fini . Ho parlato con Claudio e compagnia bella e ho capito che tu dovevi scrivere una lettera ...». L’architetto Zini eccepisce qualcosa sulla regolarità delle procedure, mettendo in agitazione Piscicelli. Annotano i Ros: «La mattina del 20 gennaio Piscicelli chiede assicurazione all’arch. Zini che in giornata si riuscirà a sbloccare il mandato di pagamento: “Tesoro mio fermati! Dimmi una cosa perché non ce la faccio più sto pieno di Tavor . La risolviamo sta cosa stamattina?” ... L’arch. Zini gli risponde in maniera stizzita che si sta facendo tutto il possibile : “Si! e che cazzo porco zio! Ma tu mi sai che non hai idea di quello che abbiamo fatto per cercare di fare sta cosa. E ci siamo arrivati finalmente!”». Alle 14.17 di quello stesso giorno il grande intervento dello staff di Fini alla Camera dei deputati può finalmente dirsi arrivato in porto. E Piscicelli può tranquillizzare con un fax la sua banca di fiducia, la Bnl: «Vi trasmettiamo autorizzazione commissariale modificata art. 5 vistata dal Dirigente responsabile del Comune di Roma utile a dar corso, nelle more dell’accensione del mutuo, al pagamento della fattura relativa al saldo 8° SAL importo euro 1.714.996 a valere sulle risorse disponibili».