CINZIA DI CIANNI, La Stampa 1/9/2010, pagina 23, 1 settembre 2010
Un’astronave a misura di donna - Come cambiano i colori in assenza di gravità? Come ci si orienta quando «alto» e «basso» non hanno senso? Si può rendere confortevole un ambiente estremo? A queste domande risponde Irene Lia Schlacht, designer milanese trentenne, entrata nello stormo dei «cervelli in fuga»
Un’astronave a misura di donna - Come cambiano i colori in assenza di gravità? Come ci si orienta quando «alto» e «basso» non hanno senso? Si può rendere confortevole un ambiente estremo? A queste domande risponde Irene Lia Schlacht, designer milanese trentenne, entrata nello stormo dei «cervelli in fuga». Grazie a una borsa di studio «Daad» - l’accademia di scambio tedesca - lavora alla Technische Universitaet di Berlino, dove svolge un dottorato in «Abitabilità in ambiente spaziale» e coordina il gruppo «Extreme-Design». «L’abitabilità spaziale - spiega - è la capacità dei moduli abitativi di garantire a chi ci vive benessere, salubrità e soddisfazione». E’ un aspetto finora trascurato, ma che ci riguarda da vicino, visto che il 50% della Stazione Spaziale e il 90% degli spazi è fabbricato in Italia. Gli astronauti lavorano per mesi fluttuando in luoghi angusti e caotici. Per questo è stata chiamata dall’Ilweg - International Lunar Exploration Working Group - per partecipare alla simulazione di una missione su Marte. «Nello Utah sono stata in isolamento per 2 settimane con 2 scienziate e 3 cadetti piloti, conducendo test sulle esperienze sensoriali». L’obiettivo - dice - è cambiare la progettazione: dev’essere “human centered” e avere un approccio olistico con il contributo di psicologi, designer, architetti». Vivere nello spazio - si sa - non è semplice. L’uomo, plasmato dalla gravità, si trova in una realtà aliena e deve affrontare sfide fisiologiche e psicologiche: isolamento, esposizione a radiazioni, assenza di peso. «Si finisce in una realtà tridimensionale con un corpo e un cervello sviluppati per una bidimensionale: - commenta Irene -. L’adattamento richiede tempo». Ecco perché progettare ambienti «non-terrestri» è entusiasmante: richiede una logica nuova e ogni oggetto deve essere «spazializzato», vale a dire rispondere a rigorosi requisiti di sicurezza, non essere infiammabile o emettere odori, avere dimensioni ridotte. Non solo un laptop, ma una biro dev’essere ripensata per «scrivere sul soffitto» e infatti i russi, che non hanno i budget Usa, usano le matite. «“Extreme-Design” vuole aumentare il comfort soprattutto a livello visivo e in base alle mie ricerche i moduli russi sono migliori, perchè il colore degli interni favorisce l’orientamento». L’orientamento, infatti, è un problema-chiave. A gravità zero perdiamo la bussola. Il sistema vestibolare va in tilt e tutto è affidato alla vista: è per questo che i colori di oggetti e superfici assumono tanto rilievo. «E poi pensiamo a quanto può essere importante il look di un ambiente in cui si è confinati per mesi o anni, nel caso di missioni verso Marte. Il colore influenza il sistema neurovegetativo e l’umore, guai se è deprimente o irritante!». Ma anche qui non c’è nulla di semplice: Irene ha verificato che nello spazio la percezione dei colori cambia. «E’ stata la mia prima ricerca e l’oggetto della mia tesi, sviluppata alla Thales Alenia Space Italia. Grazie all’Esa, nel 2006, ho realizzato il test “Cromos” sulla percezione dei colori durante un volo parabolico, con il supporto dell’Università di Torino e del Politecnico di Milano». Sull’argomento esistevano solo vecchi lavori russi quasi introvabili. «In assenza di peso i colori variano in maniera non lineare su tutte le dimensioni, in particolare diminuisce la sensibilità alle differenze di luminosità. Abbiamo rilevato molte variazioni, come quella del blu verso il viola e del rosso verso il giallo. Forse è un effetto dovuto ai micro-cambiamenti dell’occhio». Con quali conseguenze? «Rilevanti, se si pensa che le missioni sono anche missioni scientifiche e che alcune ricerche si basano su risposte biochimiche a livello cromatico. E poi alcuni astronauti mi hanno confidato di aver percepito colori incredibili, come il ciano. Ma sono impressioni senza vero rilievo scientifico. E’ il limite di ogni ricerca nello spazio: i soggetti di studio sono sempre troppo pochi!».