FLAVIA AMABILE, La Stampa 1/9/2010, pagina 15, 1 settembre 2010
Un euro l’ora dal primo vagito all’università - Quanto costa un figlio? I genitori in genere se lo chiedono almeno venti-trenta volte al giorno
Un euro l’ora dal primo vagito all’università - Quanto costa un figlio? I genitori in genere se lo chiedono almeno venti-trenta volte al giorno. Almeno 3.800 euro l’anno che però possono arrivare fino a 9 mila ha risposto il Cisf, il Centro Internazionale di Studi sulla Famiglia in un rapporto presentato all’inizio dell’estate su dati del 2009. Insomma dai 300 ai 750 euro al mese, quasi uno stipendio. La differenza fra le due cifre dipende da molti fattori. Facciamo un esempio attuale: le spese scolastiche. L’Osservatorio Nazionale Federconsumatori ha calcolato che quest’anno in media le famiglie italiane spenderanno 918 euro tra libri e corredo per mandare i figli a scuola. Ad aumentare sono soprattutto i prezzi dei libri di testo. A settembre, quindi, le famiglie italiane si troveranno a dover spendere per la scuola nel suo complesso 918 euro, 468 in media per i libri e 450 per il corredo, con un aumento complessivo del 4% rispetto al 2009, ovvero di 36,70 Euro. «I figli costano - spiega Massimo Livi Bacci, senatore Pd e professore di demografia dell’università di Firenze - e costano di più che in passato soprattutto perché quello che serve per crescere un figlio è aumentato più di tutte le altre voci di spesa». E’ un circolo vizioso, una di quelle maledizioni da cui non si esce. Fai i figli e già sei condannato a spendere, ma le aziende lo sanno e ne approfittano per far aumentare proprio quello che i tuoi figli ti chiederanno. Il rapporto del Cisf infatti prosegue, implacabile, la sua analisi. Se ci limitiamo a pensare a quanti soldi occorrono per avere un figlio e mantenerlo, il conto è presto fatto: dal nido all’università costa 300.000 euro, come se investissimo in un appartamento. Il 35% della spesa familiare totale viene destinato ogni mese alle spese per i figli. Ma su alimenti e bevande i figli spendono più della metà dell’intera famiglia (in media: 244,7 euro al mese per i figli su 449,5 euro per l’intera famiglia). Le spese medie per la paghetta ai figli (23,7 euro al mese) sono decisamente superiori alle spese medie sostenute per l’istruzione (12,5 euro al mese). In media le famiglie con figli ancora minorenni spendono 2.950 euro per i consumi, circa 700 euro in più di quanto si è costretti a spendere quando i figli continuano a rimanere a carico dei genitori anche se sono maggiorenni. Esistono anche sofisticati software in rete per calcolare il costo dei figli. Vengono utilizzati in caso di separazione di una coppia nel calcolo degli assegni di mantenimento. Meglio non avvicinarsi a simili aggeggi se non si è proprio costretti, per evitare di avere anche maggiore consapevolezza del peso che padri e madri si portano dietro. Anche perché i genitori lo sanno, calcolare solo quello che materialmente esce da un portafogli o dal conto in banca è solo una parte del costo complessivo, bisognerebbe valutare quelle variabili che vanno sotto la denominazione comune di «sacrifici». Ci sono le spese di tempo, tempo dedicato dai genitori, le spese in termini di opportunità di vita – ad esempio la rinuncia dei genitori a un certo lavoro, a spostarsi in un’altra città – scelte che variano a seconda dello stile e della cultura dei genitori. Impossibile da quantificare, e in fatti nessuno ci prova nemmeno. La realtà che emerge dal rapporto però è che la popolazione italiana sopravvive decentemente proprio perché rinuncia ad avere figli: più di un terzo delle famiglie fa fatica ad arrivare alla fine del mese, solo il 28,4 per cento non ha particolari problemi. La distribuzione del reddito è da terzo mondo: il 60,2 per cento della popolazione vive con un reddito familiare sotto i 1.500 euro al mese. Dai dati emerge anche come non tutte le famiglie con figli siano in grado di garantire il mantenimento di uno standard di vita ritenuto accettabile. Quando nella famiglia sono presenti almeno tre figli, l’incidenza di povertà assoluta è doppia (8 per cento) rispetto a quella calcolata per le famiglie italiane in totale (4,1 per cento) e tripla rispetto a quella stimata per le coppie con un solo figlio (2,6 per cento). «E’ vero - conferma Gustavo De Santis, docente di demografia all’Università di Firenze e collaboratore della rivista “Neodemos” - in genere c’è questo rapporto fra famiglie più povere e maggior numero di figli ma è anche vero che da alcuni anni un numero più alto di figli si ritrova anche fra le famiglie con redditi molto elevati perché sono quelle che possono davvero permetterseli senza alcuna difficoltà». Il Cisf usa queste cifre per sottolineare la tendenza dei genitori a concentrarsi su spese di consumo piuttosto che su quelle di investimento sul futuro dei figli. Ma né Livi Bacci né De Santis sono d’accordo. «Gli unici dati esistenti in Italia - spiega quest’ultimo sono quelli forniti dall’Istat che effettuano alcune informazioni sul tipo di spesa delle famiglie ma senza precisare per chi vengono effettuate. Come si fa a dire se il motorino è stato acquistato per il figlio o per uno dei genitori? Da anni sono impelagato in questo calcolo ma mi sento in grado di dire soltanto che una copia spende circa il 20-25&% del proprio bilancio per un figlio». Come dire che ogni 4 euro spesi uno è - sempre e comunque - per il proprio figlio.