LAURA ANELLO, La Stampa 1/9/2010, pagina 13, 1 settembre 2010
Salute, Italia spaccata in due - Ti rompi un femore? A Bolzano nell’83% dei casi si precipitano a operarti entro 48 ore
Salute, Italia spaccata in due - Ti rompi un femore? A Bolzano nell’83% dei casi si precipitano a operarti entro 48 ore. In Basilicata solo il 16% dei pazienti guadagna un salvacondotto veloce per la sala operatoria. Devi togliere la colecisti? Se vivi in Toscana hai la metà delle probabilità di cavartela con le piccole incisioni della laparoscopia, tornando a casa il giorno dopo. Ma se abiti in Calabria, questa possibilità scende all’uno per cento: per tutti gli altri c’è il bisturi tradizionale. All’indomani dello scandalo in sala parto a Messina e delle polemiche sull’abuso di tagli cesarei, i riflettori si allargano a svelare altre debolezze del sistema. Luci e ombre, disparità degli ospedali italiani, indagate dalla commissione d’inchiesta sull’efficienza del Servizio sanitario nazionale guidata da Ignazio Marino, che ha realizzato con la Scuola superiore Sant’Anna di Pisa uno screening a tappeto tra i 500 poli sanitari del Paese. Fotografando, come aveva fatto anche il ministero della Salute pochi mesi fa, un’Italia spaccata in due. Sul podio dell’efficienza Toscana, Emilia e Piemonte. Poi Umbria, Veneto, Friuli. Al fondo della classifica il Sud: Molise, Sicilia, Campania, Puglia. Fanalino di coda, la Calabria. Dietro questi dati, legioni di donne in età a rischio che non sono chiamate a fare lo screening sul cancro al seno (la Sicilia è ferma al 17,5 per cento a fronte del 98 dell’Umbria), ancor più numerose truppe di over 50 che non fanno prevenzione sul colon-retto: in Lombardia l’invito arriva per tutti, in Sardegna per lo 0,1 per cento. In quattro regioni, questa volta geograficamente trasversali (Sicilia, Puglia, Marche, Liguria), il programma non è ancora partito. E perfino su vaccini di efficacia indiscussa - quello infantile contro morbillo e rosolia e l’antinfluenzale per gli anziani - c’è chi segna il passo: e questa volta è il Nord del Nord, la provincia di Bolzano. Già, non tutto è monolitico e spesso ci sono differenze vistose tra realtà della stessa regione, ma in linea di massima «chi va male va male in tutto, e chi va bene va bene in tutto», dice Lorenzo Sommella, consulente della commissione parlamentare. I dati raccontano di pazienti costretti in ospedale prima di un intervento solo per fare gli accertamenti (in Friuli basta mezza giornata, in Lazio e in Molise ci vogliono due giorni e mezzo), di altri compagni di sventura ricoverati in reparti chirurgici con la polmonite o la diarrea e poi dimessi, ovviamente, senza passare dal bisturi. Di anziani vagolanti in pigiama nei corridoi quando basterebbero servizi territoriali efficienti - medici di famiglia, ambulatori - per curarli e seguirli, con la non trascurabile conseguenza di avere letti liberi per chi ne ha bisogno davvero. In Piemonte i ricoveri potenzialmente inappropriati sono circa 90 su 10 mila residenti, in Campania oltre 334. E i malati cronici? Giusto per parlare dei broncopatici, a Trento si ricoverano 58 malati su 100 mila, in Puglia oltre 350. Dove il sistema territoriale non funziona, l’ospedale diventa approdo nel deserto dell’assistenza. E spesso al Sud il medico di famiglia diventa il bancomat dei farmaci. C’è da stupirsi, quindi, se nella provincia autonoma di Bolzano si spendono in media 149 euro per paziente e in Sicilia e in Calabria quasi il doppio? «Segno di un’insufficienza dei sistemi di orientamento e controllo - commenta Sommella - ma anche di un atteggiamento culturale». Alcuni fuggono in altre regioni, altri tornano entro un mese nell’ospedale da cui sono stati dimessi. Hanno lo stesso problema di prima. Segno che qualcosa non ha funzionato.