Roberto Da Rin, Il Sole 24 Ore 31/8/2010, 31 agosto 2010
ALLA MINIERA MALEDETTA DI COPIAPÒ
Arriva inaspettata la montagna maledetta, la si vede all’ultimo momento dopo una curva secca. Prima c’è un lungo rettifilo che regala la magia del desierto florido, fiori viola che macchiano il deserto di Atacama. Un attimo dopo il primo striscione bianco, «Fuerza mineros», poi un altro, «Las familias los esperan», ed ecco la barriera con i carabineros che chiedono i documenti.
Pochi metri e compare la prima tendopoli, quella dell’assistenza ai familiari. Sulla sinistra la tenda che riceve ogni giorno gli alimenti, a lato la mensa e tutto intorno le tende dei familiari, come a formare un anfiteatro, aperto in direzione degli scavi. Non iniziati.
A 25 giorni dallo smottamento, Los 33, i minatori cileni di Copiapò, restano a 700 metri di profondità.
Ogni famiglia ha allestito un altarino con foto e biografia del minero . Hellen ha una faccia da bambina e pare tenga in braccio una bambola; invece no, è la moglie di Jimmy Sanchez, il minatore più giovane, quello di 19 anni e sta cullando Barbara, di tre mesi. Lei ne ha 17, guarda il cielo terso e ripete come fosse un mantra «Lo antes posible», la supplica a fare in fretta. Non sa a chi rivolgersi, ma le hanno comunicato l’ennesimo rinvio.
Questa benedetta e maledetta Strata 950 è in ritardo: avrebbe dovuto iniziare sabato, poi domenica. Ieri mattina ancora nulla, manca la punta adeguata alla perforazione. È stato necessario ancorarla a terra sopra una piattaforma che garantisca la massima stabilità, poi altri contrattempi.
Ancora.
Ora si parla di un piano B, che nelle ultime ventiquattrore ha rianimato le speranze di accorciare i tempi: Andrè Sougarret, l’ingegnere a capo delle operazioni, ha ipotizzato una perforazione obliqua, l’allargamento del buco esistente attraverso cui vengono calati cibi, medicinali e attrezzature per rendere meno atroce la sopravvivenza dei minatori. Qualora si scegliesse questa strada i minatori potrebbero riemergere a metà ottobre, due mesi prima della data inizialmente ipotizzata. Intanto ai 33 uomini è stato comunicato che dovranno spostare tra le 3mila e le 4mila tonnellate di roccia - quella che cadrà in basso durante lo scavo del tunnel - facendo turni che copriranno le 24 ore; il materiale rimosso dovrà essere trasportato in una zona specifica che sarà successivamente indicata dagli ingegneri.
La vita al campamento, dice Cristian, figlio di Dario Segovia, minatore di 48 anni, è un’altalena di piccole speranze e nuove delusioni. «Ieri abbiamo parlato al telefono, un minuto per famiglia, è stato meraviglioso. Poi però ci sono troppi dubbi e contraddizioni sui piani di recupero. Ora pare che ce ne siano 10 alternativi. Forse troppi. A volte pare che non abbiano le idee chiare neppure loro».
Una delle ipotesi su cui si sta lavorando è la risalita dei minatori per qualche centinaio di metri, finora possono percorrere budelli per un paio di chilometri. Il recupero potrebbe quindi avvenire da un’altra profondità, a quota 500 e non 700. La prima preoccupazione resta quella degli smottamenti, un altro cedimento sarebbe fatale.
La sicurezza delle miniere cilene è naturalmente il primo dossier sul tavolo del presidente Sebastian Pinera. Un’altra miniera, a poca distanza da que-sta, sempre di proprietà della famiglia Boher, era stata dichiarata pericolosa dal sindacato dei minatori e poco dopo era stata chiusa. In effetti si verificò un cedimento.
Nelle stesse circostanze, la miniera di San Josè, pur registrando un grave incidente del 2007, con un morto, è stata chiusa per un breve periodo ma poi riaperta. Perché? Le autorità cilene procedono verso una nuova regolamentazione, più restrittiva. Ma finora il business del rame, di cui il Cile è forte esportatore ed è stato risparmiato dalla crisi finanziaria mondiale, sembra giustificare ogni investimento minerario, anche quelli più azzardati.
Intanto al Campamento Esperanza, così è stato battezzato, alla notizia dei cinque minatori depressi ne è subentrata un’altra, ancora più inquietante: sembra che ce ne siano altri con problemi di alcolismo e droga. Laura e Magdalena, due ragazze che lavorano al coordinamento definito "apoyo familiar" parlano di emergenza. Lo stesso ministro della Sanità, Jaime Manalich, ha dichiarato che «l’interruzione brusca, per chi ha problemi di dipendenza, non è la strada giusta». Si esclude, ovviamente, di inviare alcolici o sostanze stupefacenti.
A fine giornata due tecnici parlottano tra di loro in inglese e schivano le domande dei giornalisti, uno dei due indica insistentemente un’enorme frattura proprio sulla pancia della montagna maledetta. Lì, dove si increspa il deserto di Atacama e si erge la miniera. Nessuna indicazione ufficiale, ma c’è chi dice che entro breve si procederà a un altro scavo, orizzontale.
Poco lontano Manuel e Jorge, due pagliacci inviati dal governo di Santiago, provano a distrarre con le loro trovate, una decina di bimbi. Sono i figli dei minatori.