Maurizio Porro, Corriere della Sera 20/8/2010, 20 agosto 2010
I CLASSICI DELL’ESTATE
Fantastici ladruncoli di Monicelli -
Uno dei molti capolavori di Monicelli, I soliti ignoti, è diventato un classico per furor di popolo. Incassi record, lessico entrato nel gergo comune, un divo scespiriano come Gassman che cambiò naso, fronte, parrucca, pronuncia e così moltiplica i consensi vincendo il Nastro d’ argento: ma i produttori proprio non lo volevano, lo spiega bene il film biografico di Scarchilli che sarà a Venezia, e fu Monicelli che lo conosceva bene e aveva riso con lui a teatro, a imporlo. E poi un pugno di caratteristi popolari la cui parlata folk è da subito imitata: la maschera Capannelle (Carlo Pisacane, faceva le sceneggiate) e l’ esordiente ex sguattero, il sardo Murgia (Ferribotte) attore preso dalla trattoria più che dalla strada, che diventa il macho alla siciliana. Oltre al talento di Mastroianni reduce dalle Notti bianche viscontiane-dostoevskjiane (sul cui ricco set lavorò Monicelli) ma pronto alla Dolce vita; il povero ma bello Renato Salvatori prima di Rocco; la brava Carla Gravina, il debutto di Claudia Cardinale non ancora in Cristaldi; e la partecipazione di Totò scassinatore in vestaglia che resta negli annali. Inoltre il coraggio, per la prima volta in un film comico, di far morire Carotenuto Memmo sotto il tram, minando il lieto fine della gustosa pasta e ceci, come accadrà con Rugantino in teatro. Il film è un capolavoro della commedia all’ italiana (si considera il capostipite) insieme al Sorpasso, Tutti a casa, Una vita difficile: ha un humour diverso e l’ ironia su Rififi, smitizzando tutto il cinema dei colpi grossi con una ricca sceneggiatura firmata dal clan Monicelli con Age, Scarpelli e Suso Cecchi D’ Amico che svilupparono un’ idea; e i costumi trash del geniale Gherardi. Trionfo estero, non da tutti i giorni: partecipò agli Oscar dove vinse Mon oncle di Tati ma in America Bob Fosse ne fece un (mediocre) musical oltre a due remake di cui uno di Malle. Naturalmente il film di Monicelli, in magnifico bianco e nero, è un pezzo unico e questi ladruncoli precari sono un flash di storia italiana con un campionario di osservazioni per cui ogni volta che lo si vede si nota qualcosa in più. Il finale dei poveracci a tavola vale un tesoro: e inutili i tentativi dei sequel.