Marco Bertoncini, ItaliaOggi 31/8/2010, 31 agosto 2010
APPELLO ALL’UNINOMINALE, GIA’ MA QUALE?
Dalle colonne del maggiore quotidiano è partito un appello per “l’uninominale”. Le adesioni sono parse tanto numerose quanto ben distribuite. Tuttavia il richiamo al collegio uninominale non basta certo a tracciare una riforma elettorale.
Infatti, se si volesse andare appena appena di là dell’etichetta generale, ecco che spunterebbero le diversità. C’è il collegio uninominale all’inglese: vince chi primo arriva. Ma c’è pure l’eventuale recupero proporzionale: tanto per non andare troppo lontani, il Mattarellum. C’è il collegio uninominale del Senato italiano 1948-1992: vinceva chi avesse ottenuto almeno il 65% dei voti. C’è il collegio uninominale dei consigli provinciali: maggioritario secco con recupero proporzionale negli anni Cinquanta, poi proporzionale puro dal 1960 al ’93, da allora con un sistema maggioritario legato all’elezione del presidente e non ai singoli risultati di collegio. Anche il sistema tedesco odierno è per metà incentrato sui collegi uninominali, ma l’assegnazione è fatta principalmente sulla quota proporzionale.
Ci sono, poi, i collegi uninominali a doppio turno. Anche qui la scelta è vasta. Il semplice riferimento al sistema francese non basta, perché la Francia ha modificato la percentuale necessaria per accedere al secondo turno. Inoltre vi sono sostenitori del ballottaggio riservato ai primi due. E poi ci sono quelli che discettano sulle possibili rinunce a presentarsi al secondo turno.
In una parola: è un guazzabuglio. Dietro l’etichetta “uninominale” sta una miriade di sistemi elettorali, tant’è che quando si giunge a concretare una proposta vi sono coloro che ricordano pure il sistema australiano, detto del voto alternativo, con indicazione, da parte dell’elettore, dei candidati in ordine di preferenza.
Una cosa andrebbe detta. Non è affatto vero che il collegio uninominale sottragga ai partiti la scelta dei candidati. Tutt’altro. Fino al ’92 compreso, i partiti indicavano, nei collegi senatoriali, un certo numero di candidati paracadutati dalle sedi centrali. Dal ’94 al 2006 compreso, i partiti di ciascuna coalizione prima si accordavano sulla ripartizione dei candidati tra le formazioni alleate, e poi inserivano gli eligendi nelle caselle sicure, tanto alla Camera quanto al Senato. È sempre capitato che personaggi senza alcun precedente personale in un collegio venissero lì candidati; e quasi sempre pure eletti. Così era pure nell’Italia liberale, almeno per i nomi più popolari.